La politica miope di Abbas

Tareq Baconi  6 luglio , 2017

Gli sforzi del presidente dell’autorità palestinese (AP) Mahmoud Abbas per incrementare l’isolamento di Hamas – tagliando i salari e poi l’elettricità alla Striscia di Gaza – riflettono le dinamiche regionali nell’era di Trump.

L’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrain e l’Egitto si sono tutti mobilitati per isolare il Qatar, il maggiore investitore nella striscia di Gaza e sostenitore del gruppo dei Fratelli Musulmani in Egitto e di Hamas a Gaza.

La crisi elettrica di Gaza è stata evitata, in tono ironico, grazie alla volontà del presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi di fornire combustibile alla centrale elettrica di Gaza come misura temporanea, nonostante le proteste di Abbas.

La decisione fu mediata dallo storico nemico di Hamas, Mohammed Dahlan, che aveva tentato, già agli inizi delle elezioni democratiche, di rimuovere Hamas dal potere.

La strategia fuorviata di Abbas

Abbas è rimasto fedele alla decisione del blocco di Gaza, che va avanti ormai dal 2007, con l’obiettivo di destabilizzare il potere di Hamas tra i palestinesi.

La strategia si basa sull’incrementare l’isolamento di Hamas e la sofferenza dei palestinesi, facendo si che questi insorgano contro il movimento- anche se ciò comporterebbe un “collasso totale”.

Questa logica presuppone che l’Autorità Palestinese sia in grado di riprendere la gestione della striscia di Gaza una volta che il governo di Hamas risulti indebolito.

Ma ciò è improbabile per due motivi:

  • Israele beneficia della separazione geografica e politica dei territori palestinesi e ha minato precedenti tentativi di unità, anche attraverso interventi militari. L’accordo di Shati del 2014 tra Hamas e Fatah fu uno dei principali fattori che portò Israele ad attaccare la Striscia di Gaza quello stesso anno.
  • Il ritorno dell’Autorità Palestinese a Gaza comporterebbe la ripresa di un accordo di sicurezza con Israele. Perché ciò accada, quindi, Hamas dovrebbe disarmarsi. Ciò è improbabile anche con l’isolamento del movimento. Questa mossa rappresenterebbe un colpo importante per Hamas e aprirebbe la strada ad un altra guerra civile.

Implicazioni delle recenti azioni di Abbas

  • Le azioni di Abbas riflettono la scelta di attuare una punizione collettiva sostenendo il blocco e perpetuando la sofferenza di due milioni di palestinesi per interessi di fazione. Ciò è moralmente riprovevole per un presunto leader della resistenza palestinese.
  • Istituzionalizzano  la divisione tra Gaza e la West Bank  e avvicinano Gaza all’area di influenza dell’Egitto, contribuendo a realizzare la politica israeliana di frammentazione e di governo sui territori palestinesi.
  • Creano l’opportunità per un’alleanza Dahlan-Hamas, e permettono a Dahlan di rientrare nell’istituzione politica palestinese, portando con sé il suo modo di vedere la lotta palestinese attraverso le lenti della “politica di sicurezza” dettata da Stati Uniti e Israele.

Cosa possono fare i palestinesi

  • Sollecitare il governo della West Bank a rendere conto dell’uso dei palestinesi di Gaza come pedine politiche e sottolineare l’illegalità del blocco come una continuazione dell’occupazione e una forma di punizione collettiva.  In particolare, i palestinesi dovrebbero ricordare alla leadership in Cisgiordania che essa deve essere responsabile nei confronti di tutti i palestinesi, inclusi quelli di Gaza.
  • Far pressione per ottenere misure politiche che possano alleviare la crisi umanitaria a Gaza mentre si chiede una risoluzione politica più ampia del conflitto.
  • Assicurarsi che tutte le misure riattivate per affrontare l’impasse Israelo-palestinese non portino alla marginalizzazione della Striscia di Gaza o non la intendano come una semplice preoccupazione umanitaria che possa essere amministrata dall’Egitto o da un’autorità di autogoverno locale.

trad. Miriam Zatari – Invictapalestina.org

Fonte: https://al-shabaka.org/memos/abbass-shortsighted-gaza-policy/

Gerusalemme: Bisogna rispettare il diritto internazionale

Un gruppo di Associazioni riunitesi più volte  per concordare programmi e modalità al fine di poter dare una voce più efficace  all’informazione e coordinare azioni di attivismo collettivo verso la Palestina, emettono in luglio il comunicato che segue:

COMUNICATO.

Nel 1945 l’organizzazione delle nazioni unite (ONU) è nata per promuovere il diritto internazionale e la risoluzione pacifica dei conflitti. L’autodeterminazione dei popoli è uno dei principi base che caratterizzano la carta delle nazioni. Sappiamo perfettamente che passare dalla carta alla realtà non è cosa semplice né immediata. E’ però vero che, seppur con le grandi difficoltà passate e presenti, l’ONU ha fatto conoscere alla opinione pubblica mondiale situazioni prima sconosciute. Con autorevolezza ha prodotto e produce importanti documenti di riferimento, ed ha votato risoluzioni riguardanti la situazione israelo-palestinese.

Tutte le associazioni italiane, aderenti alla Società Civile per la Palestina, ritengono che la drammatica situazione di violenza in cui versa attualmente Gerusalemme sia dovuta al non rispetto delle risoluzioni che l’ONU ha prodotto dal novembre del 1947 ad oggi. Riteniamo anche che il maggior responsabile di tali inadempimenti sia lo stato di Israele. Riteniamo infine che tutto questo sia stato permesso dalla sostanziale complicità degli ex stati coloniali europei e degli Stati Uniti.

In particolare la città vecchia e la zona ad est sono da cinquant’anni infatti sotto occupazione militare. Esse sono state in pratica annesse allo stato di Israele e separate dalla Cisgiordania con la costruzione di un muro. Negli ultimissimi anni, la presenza di coloni in città vecchia, con soldati e guardie del corpo, è aumentata esponenzialmente. Infine l’area sacra della spianata delle moschee viene sempre più visitata da gruppi di ebrei ultranazionalisti scortati. Essi provocano i pochi fedeli ammessi dall’autorità israeliana: donne, vecchi e bambini.

Con in mente e nel cuore la sincera speranza che la pace giunga in quella terra martoriata a noi cara, chiediamo al governo italiano di adoperarsi all’interno dell’ONU affinché:

  • cessino le violazioni del diritto internazionale e tutte le risoluzioni vengano rispettate;
  • si riconosca nei fatti il diritto ad esistere di uno stato di Palestina senza ulteriori rinvii e senza porre pre-condizioni;
  • si sospenda ogni accordo di collaborazione economico e militare con Israele fino al ripristino della legalità internazionale.

 

Luglio 2017

Per Società Civile per la Palestina:

  • Amicizia italo palestinese Firenze
  • Assopace Palestina
  • Centro Studi Sereno Regis
  • Associazione di Promozione Sociale Istituto di Ricerca per la Pace.
  • Comunità Le Piagge (Firenze)
  • Cospe
  • Gazzella (Roma)
  • Invicta Palestina
  • Il libro e l’ulivo
  • La tenda di Amal
  • Oltreilmare ( Roma)
  • Operazione Colomba della Fondazione Giovanni XXIII
  • Pax Christi Italia- Rete ECO (Ebrei Contro Occupazione)
  • Ulaia /arte sud- Vento di terra