Simone 

di Maria Elena Delia
Tre anni fa scrivevo queste poche inutili righe, che avrei potuto aver scritto questa mattina e che sarebbero state comunque attuali. Fatta eccezione per il fatto che a tre anni di distanza, di Simone saremo in pochi a ricordarci. 
“Oggi, 13 agosto, ci ritroveremo ad ascoltare frasi di circostanza pronunciate dai rappresentanti delle nostre istituzioni per la morte di Simone Camilli, un fotoreporter italiano rimasto ucciso insieme a 5 palestinesi durante un’operazione di disinnesco di una bomba israeliana inesplosa a Gaza.

Ci teniamo, pertanto, proprio oggi, a ricordare che il nostro paese, tra quelli dell’Unione Europea, è il primo fornitore di sistemi militari allo stato israeliano, con un volume di vendite che da solo è pari a quello di Francia, Germania e Regno Unito messi insieme (dati dell’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa).

La bomba che ha ucciso Simone, quella bomba che a Gaza ci era arrivata lanciata da un velivolo israeliano affinchè esplodesse e uccidesse altri palestinesi, quella bomba molto probabilmente è stata prodotta in casa nostra.”

A nove anni dalla morte di Maḥmud Darwīš

Esattamente 9 anni fa, il 9 agosto 2008, moriva Maḥmud Darwīš.

Maḥmud Darwīš è stato uno dei più grandi poeti arabi contemporanei ed è considerato il “poeta della Palestina”.

Le sue liriche rientrano nel contesto della poesia palestinese di resistenza (šiʻr al-muqāwama al-falasṭīniyya, شعر امقاومة الفلسطينية ), che affonda le
sue radici nella poesia irachena. La poesia palestinese di resistenza nasce nell’ambito della letteratura dell’Intifāḍa, figlia quest’ultima di quella che Ġassān Kanafani chiamava “letteratura della resistenza”.

Scappato dalla Palestina nel 1948, Maḥmud Darwīš riuscì a ritornarvi per scoprire dolorosamente che il suo villaggio natale, al-Birhaw, ad est della città di Akka (Acri, oggi in Israele seppur la maggior parte della popolazione sia di origine araba-palestinese) era stato raso al suolo per costruirvi una colonia israeliana. Fu proprio questa dolorosa scoperta a far sprofondare il piccolo Darwīš in uno struggimento che, una volta diventato poeta, avrebbe fatto da sfondo alle sue liriche.
Le sue poesie sono un connubio di nostalgia, di desiderio di possedere la patria perduta, la Palestina, che viene identificata con la figura della madre.

Il nome di Maḥmud Darwīš è indissolubilmente legato alla Palestina e alla questione palestinese. Le sue poesie riecheggiano immortali tra i Palestinesi, bambini, giovani ed anziani, come canti di coraggio e resistenza, di amore per la madre-patria e giustizia.