Appesa al muro della mia camera di adolescente c’era, tra le altre cose, questa frase:
“Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro”.
Mi è sempre piaciuto credere che, in qualche modo, sarebbe confortante pensare che, davvero, “Historia magistra vitae”. Sarebbe bello pensare, cioè, che la memoria storica sia in qualche modo utile a tenere con sé i valori profondi dell’umanità e a cancellare gli orrori.
Con una petizione lanciata su www.change.org, i tifosi del Celtic invitano il cantante ad annullare il suo concerto a Tel Aviv.
“Come fan del Celtic devi essere ben consapevole della particolare simpatia che i nostri tifosi hanno per il popolo palestinese e la loro lotta per la libertà.
“Israele usa apertamente la cultura come una forma di propaganda per giustificare la sua occupazione illegale della Palestina”.
Siamo scioccati per la tua recente decisione di violare il boicottaggio culturale internazionale di Israele e ti chiediamo di riconsiderare la tua decisione. Essendo tu da lungo tempo fan del Celtic sarai ben consapevole della particolare affinità che nostri tifosi hanno con il popolo palestinese e la loro lotta per la libertà.
Israele usa apertamente la cultura come forma di propaganda per giustificare la sua illegale occupazione della Palestina. Proprio come gli attivisti anti-apartheid del Sud Africa hanno chiesto un boicottaggio internazionale che ha portato alla caduta del regime di apartheid, i palestinesi chiedono il boicottaggio di Israele come parte della campagna di Sanzioni, Disinvestimento e Boicottaggio. (BDS)
Come fan del Celtic sosteniamo il movimento BDS per la libertà, la giustizia e l’uguaglianza, guidato dai palestinesi. Ai palestinesi spettano gli stessi diritti del resto dell’umanità!
Migliaia di artisti di tutto il mondo ora si rifiutano di esibirsi in Israele. Chiediamo anche a te di aggiungere il tuo nome a quella lista.
di Maximilian Popp – Freitag, 20.01.2017 14:43 Uhr
Nessun altro giornalista come Hrant Dink, in Turchia, si è impegnato per la democrazia e i diritti umani. Venne ucciso dieci anni fa e sul suo omicidio non è stata ancora fatta luce
Un gruppo di coloni israeliani martedì scorso ha sequestrato un negozio palestinese nella città vecchia di Gerusalemme occupata.
L’agenzia stampa Al-Quds Press ha detto che i coloni ebrei, scortati dalle forze israeliane, hanno fatto irruzione in un negozio di proprietà della famiglia di Noura sub-Laban e hanno iniziato attività di scavo e manutenzione senza che la famiglia ne fosse a conoscenza.
Raafat Sub-Labano, figlio di Noura, ha detto che la mattina i coloni israeliani hanno fatto irruzione nel negozio della sua famiglia, chiuso da anni, “come ladri” e hanno iniziato a scavare all’interno senza mettene al corrente la sua famiglia.
Ha aggiunto che l’Alta Corte israeliana nella sua ultima udienza ha escluso il negozio dalla decisione che ha permesso ai suoi genitori di rimanere nella loro casa per i prossimi 10 anni, dopo di che sarà consegnata ai coloni israeliani.
Ha sottolineato che poliziotti e guardie di frontiera israeliani hanno garantito l’incursione dei coloni nell’edificio palestinese prima che scoppiassero scontri tra i coloni e i proprietari del negozio.
L’Alta Corte israeliana il 20 dicembre 2016 ha emesso una decisione di rinvio di 10 anni del trasferimento della proprietà della casa di Sub-Labans ai coloni israeliani a partire dalla data della decisione, escludendo il negozio chiuso della famiglia.
Le associazioni dei coloni per anni hanno cercato di sfrattare i Sub-Labans dalla loro casa sostenute dalle angherie delle autorità israeliane. Ad esempio, negli anni settanta, alla famiglia è stato impedito di effettuare qualsiasi riparazione o restauro in casa e, negli anni ottanta, l’ingresso della casa è stato bloccato dai coloni israeliani.
Nel 2010, le autorità israeliane hanno ceduto la casa al Kollel Galizia Trust, un gruppo privato di coloni, che sostenne che la casa è una fondazione ebraica e chiese lo sgombero dei Sub-Labans dicendo che la famiglia non vi abitava.
Nonostante tutte le pressioni israeliane, la famiglia Sub-Laban ha portato avanti la causa nei tribunali israeliani costantemente per più di 20 anni, fino a quando non è riuscita a riconquistare il proprio diritto a rimanere nella casa, anche se temporaneamente.
Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), almeno 180 famiglie palestinesi, nella parte occupata di Gerusalemme, sono sotto la minaccia di essere costrette ad abbandonare la propria casa a causa di procedimenti giudiziari presentati contro di loro dai coloni israeliani o da associazioni di coloni, con il pretesto che manca il diritto alla proprietà degli immobili o si è perso lo status di inquilino protetto.
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