REGALO – Appena qualche istante prima del passaggio di potere, l’amministrazione Obama ha sbloccato 205 milioni di euro per trasferirli all’Autorità palestinese.

24 janv 08:20 – Tanguy Hamon

Aveva solo poche ore di potere davanti a sé, così ne ha approfittato per forzare le cose. Barak Obama ha imposto al Congresso americano di donare più di 205 milioni di euro (221 milioni di dollari) all’Autorità palestinese, un attimo prima dell’investitura di Donald Trump. La notifica è stata inviata al Congresso il giorno del passaggio di potere e l’ex segretario di Stato John Kerry ha informato alcuni legislatori al momento di lasciare il suo posto giovedì scorso (Trump ha prestato giuramento venerdì).

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Opinione// Lo spaventoso post su Facebook del primo ministro Netanyahu

Copertina: Non è il modo: poliziotti israeliani sorvegliano le ruspe che  demoliscono le case nel villaggio beduino di Umm al-Hiran, il 18 gennaio, 2017. Menahem KAHANA / AFP

Nasreen Hadad Haj-Yahya – 19 Gennaio 19, 2017 4:40 PM

Il testo del primo ministro è cinico e offensivo, e anche se ha trovato poca eco tra gli ebrei israeliani, ha profondamente ferito i sentimenti di migliaia di arabi.

Una sola frase e una foto dei bulldozer che stavano demolendo undici edifici a Kalansua è stata mostrata con orgoglio sulla pagina Facebook del primo ministro Benjamin Netanyahu. La scorsa settimana questo post, e ovviamente ciò che descrive, hanno tenuta occupata tutta la società araba. «Le critiche non mi dissuaderanno e, come già detto, continueremo a implementarne l’uso in Israele», ha scritto il primo ministro israeliano.

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Secondo i dati pubblicati di recente dal professor Yousuf Jabareen del Technion Israel Institute of Technology, circa mezzo milione di cittadini arabi in Israele vive in circa centomila edifici abusivi in insediamenti arabi presenti in tutto il Paese. Nonostante i tentativi locali di regolarizzazioni, che hanno ottenuto successi più o meno grandi, e l’inizio di un progetto di costruzioni multipiano in alcuni di questi insediamenti, la situazione non sta cambiando e la maggiro parte dei giovani arabi non ha la possibilità di edificare un tetto sopra la propria testa. A stento ci sono nuovi piani regolatori per gli insediamenti arabi, negli insediamenti ebrei le case non vengono vendute agli arabi e, in ogni caso, tali insediamenti non posseggono le infrastrutture necessarie a soddisfare le necessità della società araba, quali per esempio scuole in lingua araba. E, come gli ebrei, i giovani arabi vogliono vivere vicino ai genitori. Questa è la situazione.

 

Tuttavia, invece di accettare le proposte di dialogo delle autorità arabe locali e la stesura di un piano strategico congiunto per permettere la costruzione di edifici negli insediamenti arabi, il governo continua a distruggerli e non si prospettano soluzioni all’orizzonte. Ciò, com’è ovvio, ha approfonditi effetti sull’alienazione della società araba in Israele da parte dello stato, delle sue istituzioni e del regime.

 

Tutta la complessità e la pericolosità della situazione non hanno impedito al primo ministro di caricare questo post pieno di malizia, secco e succinto con la foto dei bulldozer e di vantarsi della misura in un chiaro tentativo di trasformare la distruzione degli edifici in una sorta di ricompensa per l’abbattimento di case che avverrà ad Amona. È la negazione di ogni tipo di imparzialità da parte della persona che dovrebbe essere il primo ministro di tutti. Sì, anche degli arabi.

 

Il post era rivolto agli elettori e mirava a creare un’equivalenza tra rafforzamento nella società araba e rafforzamento nei territori, specialmente ad Amona, ma il primo ministro non era minimamente interessato alle sostanziali differenze tra i due casi. Il fatto che le case di Amona siano state costruite su terreni privati di proprietà di palestinesi (cui la proprietà è stata rubata), mentre le case demolite a Kalansua appartenevano ad abitanti che le avevano costruite sul proprio terreno, sebbene senza permessi edilizi, non lo ha affatto turbato.

 

Si può anche immaginare che non pubblicherà un post malevolmente compiaciuto se e quando le case di Amona saranno demolite, ed è giusto così. Con tutta l’opposizione al furto di terra in Amona, non vorrei vedere il presidente della coalizione Joint List, Ayman Odeh, caricare un post malevolmente compiaciuto con immagini di bambini evacuati dalle loro case.

 

Il testo del primo ministro è cinico e offensivo, e anche se ha trovato poca eco tra gli ebrei israeliani, ha profondamente ferito i sentimenti di migliaia di arabi. Questo post mi ha fatto temere per il futuro. Fino a oggi, ogniqualvolta ci sono state critiche da parte del governo – che fosse durante le campagne elettorali, dopo gli attacchi terroristi in Dizengoff Street a Tel Aviv o durante l’ondata di incendi –, il primo ministro ha sempre diretto le sue frecciate alla parte più debole della popolazione del Paese. Se questo è stato ciò che è successo allora, mi spaventa immaginare che cosa sarebbe capace di fare alla popolazione araba di Israele se si ampliassero le indagini in cui è coinvolto.

 

Nonostante l’accrescersi della disperazione e l’alienazione, non è ancora troppo tardi. Se davvero vuole fare il bene della popolazione in Israele e lavorare con essa, piuttosto che a sue spese, il primo ministro deve  annunciare un progetto di ampio respiro per espandere gli insediamenti arabi e consentirvi la costruzione di case. Questo deve includere riconoscere retrospettivamente la legittimità delle case costruite su terreni privati appartenenti agli abitanti, sebbene senza permessi edilizi, ampliare i piani regolatori, adattandoli alle reali esigenze della società araba e trovare una soluzione adatta per il disagio dei cittadini beduini nel Sud. Inoltre non sarebbe male costruire nuove comunità arabe e incentivare le città a popolazione mista a fornire servizi adeguati per entrambe le popolazioni.

 

Sono certa che nel profondo, se sgombriamo il campo dalle pressioni politiche e dagli strateghi che gli sussurrano all’orecchio, anche Netanyahu capirà che questo è il passo giusto ed etico da fare.

 

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Nasreen Hadad Haj-Yahya è il codirettore del Programma per le relazioni tra arabi e israeliani dell’Israel Democracy Institute.

 

 

 

Trad. Chiuz – Invictapalestina.org

Fonte: http://www.haaretz.com/opinion/.premium-1.766130?v=CFA93EA7D63E7633ECFBCBAFF40C0913

 

Niente TV niente canone!

Torino 23 gennaio 2017

Sperando di fare cosa gradita  forniamo le info necessarie per compilare e spedire la dichiarazione sostitutiva ed evitare di trovarsi le rate del canone in bolletta senza possedere un apparecchio TV.

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Sito RAI con le informazioni utili: Canone RAI   Attenzione ai siti contraffatti

Comunicato STAMPA (Versione integrale sul sito RAI)

Canone tv tempo fino gennaio
per presentare dichiarazione non detenzione dell’apparecchio televisivo ma preferibile anticipare tempi

Il ruolo oscuro di Israele nella guerra sporca del Guatemala

Copertina – Il ben documentato ruolo di Israele nella guerra sporca del Guatemala che ha lasciato più di 200.000 morti non è arrivato alla giustizia. William Gularte Reuters

Gabriel Schivone The Electronic Intifada 20 January 2017

L’anno scorso è stato un anno impegnativo per il sistema giudiziario penale del Guatemala.

Gennaio 2016 ha visto l’arresto di 18 ex ufficiali militari per il loro presunto ruolo nella guerra sporca del paese negli anni del 1980. Nel febbraio dello scorso anno, due ex soldati sono stati condannati in un caso senza precedenti di schiavismo sessuale in tempo di guerra in quello stesso periodo.

Tali procedimenti legali rappresentano ulteriori aperture nel sistema giudiziario dopo il processo del 2013 e la condanna dell’ex capo di stato Generale Efraín Ríos Montt per genocidio e crimini contro l’umanità. Sebbene la Corte Costituzionale guatemalteca abbia annullato molto rapidamente il processo (alla fine riavviato a marzo dopo incostanti fermate e partenze, ma attualmente di nuovo in fase di stallo), è stato fissato un precedente a livello mondiale per la detenzione di leader nazionali colpevoli nel paese in cui i loro crimini hanno avuto luogo.

E a novembre, un giudice guatemalteco ha accolto un caso separato per procedere contro Ríos Montt. Il caso si riferisce alla strage del 1982 nel villaggio di Dos Erres.

Ríos Montt è stato presidente dal 1982 al 1983, un periodo caratterizzato da una pesante violenza di stato contro i popoli maya indigeni. La violenza comprese la distruzione di interi villaggi con conseguenti dislocamenti di massa.

I maya furono presi ripetutamente di mira durante il periodo di repressione che durò dal 1954 – quando gli Stati Uniti progettarono un colpo di stato militare – al 1996. Più di 200.000 persone furono uccise in Guatemala durante quel periodo, l’83% delle quali erano maya.

I crimini commessi dallo stato guatemalteco furono compiuti con l’assistenza di stranieri – in particolare degli Stati Uniti. Una parte fondamentale di questi crimini non ha avuto finora un qualsiasi riferimento nei tribunali: Israele.

Per procura degli Stati Uniti

Dal 1980 ad oggi, l’ampio ruolo militare svolto da Israele in Guatemala rimane un segreto di Pulcinella ben documentato, ma che riceve scarsa critica.

Discutendo del colpo di stato militare che lo insediò come presidente nel 1982, Ríos Montt ha detto a un reporter di ABC News che la sua presa del potere fu senza intoppi “perché molti dei nostri soldati sono stati addestrati dagli israeliani”. In Israele, la stampa riportò che 300 consulenti israeliani addestravano sul campo i soldati di Ríos Montt.

Un consigliere di Israele all’epoca in Guatemala, il tenente colonnello Amatzia Shuali, disse: “Non mi interessa quello che i gentili fanno con le armi. La cosa importante è il profitto degli ebrei”, come è stato raccontato in Dangerous Liaison da Andrew e Leslie Cockburn.

Alcuni anni prima, quando le restrizioni del Congresso sotto l’amministrazione Carter limitarono gli aiuti militari USA al Guatemala a causa delle violazioni dei diritti umani, responsabili economici e di tecnologia militare israeliani colsero questa come un’occasione d’oro per entrare nel mercato.

Yaakov Meridor, allora ministro israeliano dell’economia, dichiarò nei primi anni del 1980 che Israele desiderava avere la procura degli Stati Uniti per i paesi in cui avevano deciso di non vendere apertamente armi. Meridor disse: “Diremo agli americani: Non fateci concorrenza a Taiwan; Non fateci concorrenza in Sud Africa; Non fateci concorrenza nei Caraibi o in altri luoghi dove non potete vendere direttamente le armi. Lasciate fare a noi… Israele sarà il vostro intermediario”.

La CBS Evening News con il programma di Dan Rather ha tentato di spiegare la fonte della consulenza israeliana a livello mondiale notando che nel 1983 le armi e i metodi avanzati israeliani venduti in Guatemala erano stati con successo “collaudati in Cisgiordania e Gaza, progettati semplicemente per sconfiggere la guerriglia.”

I punti di forza di Israele per le sue armi si basavano non solo sul loro uso nella Cisgiordania occupata e a Gaza, ma anche in tutta la regione. Il giornalista George Blak ha riferito che circoli militari guatemaltechi avevano ammirato le prestazioni dell’esercito israeliano durante l’invasione del Libano del 1982. La loro ammirazione all’estero era così spassionata che i reazionari in Guatemala “parlavano apertamente della ‘Palestinizzazione’ della nazione dei ribelli indios maya”, secondo Blak.

La cooperazione militare tra Israele e Guatemala è stata fatta risalire al 1960. Al tempo del governo di Ríos Montt, Israele era diventato il principale fornitore del Guatemala di armi, addestramento militare, tecnologie di sorveglianza e altre forme di assistenza vitale nella guerra dello stato alla sinistra urbana e rurale degli indigeni maya .

A loro volta, molti guatemaltechi hanno sofferto dei risultati di questo rapporto speciale e hanno collegato Israele alla loro tragedia nazionale.

Uomo di integrità?

Una delle stragi più inquietanti commesse durante questo periodo fu la distruzione del villaggio nel distretto di El Petén, chiamato Dos Erres. I soldati di Ríos Montt, addestrati dagli israeliani, rasero al suolo Dos Erres. Prima, però, i suoi abitanti furono uccisi. Coloro che erano sopravvissuti all’attacco iniziale del villaggio ebbero il cranio sfondato con mazze. I corpi dei morti furono gettati nel pozzo del villaggio.

Durante un’esumazione fatta nel villaggio su ordine del giudice, gli investigatori che lavorano per la 1999 UN Truth Commission hanno citato quanto segue nelle loro rapporto forense: “Tutte le prove balistiche recuperate corrispondono a frammenti di proiettili da armi da fuoco e cartucce di fucili Galil, realizzati in Israele”.

All’epoca il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan – la cui amministrazione sarebbe stata in seguito implicata nello scandalo “Iran-Contra” per contrabbando di armi all’Iran attraverso Israele, in parte per finanziare una forza paramilitare che mirava a rovesciare il governo marxista del Nicaragua – visitò Ríos Montt pochi giorni prima del massacro.

Reagan elogiò Ríos Montt come “un uomo dalla grande integrità personale”, che “vuole migliorare la qualità della vita di tutti i guatemaltechi e promuovere la giustizia sociale”. Reagan assicurò anche il presidente guatemalteco che “gli Stati Uniti sono impegnati a sostenere i suoi sforzi per ripristinare la democrazia e affrontare le cause che sono alla base di questa rivolta violenta.” A un certo punto della loro conversazione, viene riportato che Reagan abbracciò Ríos Montt e affermò che il presidente guatemalteco stava ricevendo “un rap barbone (slang USA per ‘punizione ingiusta’)” sui diritti umani.

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Nel novembre del 2016, tuttavia, il giudice Claudette Dominguez accolse la richiesta del procuratore generale guatemalteco di perseguire Ríos Montt come mandante del massacro di Dos Erres, puntando sull’accusa di omicidio aggravato, crimini contro l’umanità e genocidio.

Tra i 18 arrestati di quell’anno c’era Benedicto Lucas García, ex capo del personale dell’esercito sotto la presidenza militare di suo fratello Romeo Lucas García. Benedicto, che era visto da alcuni dei suoi soldati come un innovatore nelle tecniche di tortura usate sui bambini, descrisse “il soldato israeliano come un modello e un esempio per noi”.

Nel 1981, Benedicto presenziò alla cerimonia di inaugurazione di una scuola di elettronica progettata e finanziata da Israele in Guatemala. Lo scopo della scuola era quello di addestrare l’esercito guatemalteco nell’utilizzo di cosiddette tecnologie di contro-insurrezione. Benedicto lodò la realizzazione della scuola come un “passo positivo” nell’avanzamento del regime guatemalteco sulla strada di un’efficienza militare di livello mondiale “grazie ai consigli e al trasferimento di tecnologia elettronica israeliani.”

Nel solo suo anno inaugurale, la scuola ottenne che polizia segreta del regime, nota come il G-2, razziasse circa 30 case sicure dell’Organizzazione Rivoluzionaria del Popolo in Armi (ORPA).

Il G-2 coordinò l’assassinio, “scomparsa” e tortura di oppositori al governo del Guatemala.

Mentre i governi guatemaltechi sono passati spesso di mano – sia attraverso colpi di stato che elezioni – nel corso degli anni 1980, Israele è sempre rimasto la principale fonte del Guatemala per armi e consulenze militari.

Belligeranza al confine

Il complesso militare di sicurezza di Israele getta una lunga, intercontinentale ombra sui guatemaltechi che sono ancora in fuga dalla conseguenze della guerra sporca.

In alcune zone lungo il confine Usa-Messico, come il Texas, il numero di migranti provenienti oggi dal Centro America (ma solo dai paesi bruciati dall’ingerenza degli Stati Uniti – Guatemala, El Salvador, Honduras) – ha iniziato a superare il numero di quelli provenienti dal Messico.

Secondo le informazioni fornite a questo autore dall’ufficio Pima County Medical Examiner in Arizona, molti guatemaltechi morti durante la traversata di queste terre di confine del deserto erano indigeni originari delle zone maya colpite dai genocidi degli anni del 1980: El Quiché, Huehuetenango, Chimaltenango.

Il sud dell’Arizona ha visto anche un picco nella migrazione clandestina guatemalteca. Le aziende e le istituzioni degli Stati Uniti hanno collaborato con le aziende di sicurezza israeliane alla costruzione della barriera protettiva sulla zona di confine del sud dell’Arizona.

L’azienda di armi israeliane Elbit ha vinto un importante contratto governativo per fornire 52 torri di sorveglianza in zone di confine del deserto nel sud dell’Arizona, a cominciare dal programma pilota di sette torri attualmente poste tra le colline e le valli circostanti Nogales, una città di confine divisa dal muro.

Altre torri sono in programma per circondare la Tohono O’odham Nation, la seconda più grande riserva di nativi americani negli Stati Uniti. Già il numero delle forze federali che occupano posizioni permanenti nelle terre della Tohono O’odham è il più grande nella storia degli Stati Uniti.

Alan Bersin, una figura di alto livello nel Department of Homeland Security, ha descritto nel 2012 il confine del Guatemala con il Chiapas, Messico, come “ora il nostro confine meridionale”. Quel “confine meridionale” è stato pesantemente militarizzato nel corso degli otto anni della presidenza di Barack Obama. Possiamo aspettarci con certezza che la militarizzazione continuerà anche durante la presidenza di Donald Trump. La retorica anti-migranti di Trump durante la campagna elettorale presidenziale suggerisce che è probabile che verrà intensificata.
Durante la guerra sporca, decine di migliaia di guatemaltechi sono fuggiti oltre questo confine nel Messico meridionale. Oggi Israele assiste le autorità messicane nel Chiapas con attività di “contro-insurrezione” in gran parte nei confronti della comunità indigena maya.

Anche se la copertura mediatica sui legami del Guatemala con Israele si è dissipata, gli sforzi imprenditoriali di Israele nel paese non sono mai diminuiti. Oggi, la presenza di Israele in Guatemala è particolarmente pronunciata nel settore industriale della sicurezza privata che si è sviluppato negli anni successivi al cosiddetto processo di pace in Guatemala di metà degli anni 1990.

Ohad Steinhart, un israeliano, si trasferì in Guatemala in quel momento propizio, all’inizio per lavorare come istruttore di armi. Circa due anni dopo il suo trasferimento del 1994 in Guatemala, fondò la sua società di sicurezza, Decision Ejecutiva.

La modesta azienda di 300 dipendenti di Steinhart è piccola rispetto al colossale Golan Group, la più grande e di più antica data multinazionale israeliana della sicurezza privata in Guatemala.

Fondato da ex ufficiali delle forze speciali israeliane, il Golan Group ha anche addestrato agenti per l’immigrazione del Dipartimento di sicurezza interna lungo il confine USA-Messico. Il Golan Group ha impiegato migliaia di agenti in Guatemala, alcuni dei quali sono stati coinvolti nella repressione di proteste per i diritti ambientali e della terra contro le operazioni di estrazione da parte di imprese canadesi. La società è stata nominata in una causa legale del 2014 da sei contadini guatemaltechi e uno studente ai quali agenti della sicurezza avevano sparato da distanza ravvicinata, durante una protesta l’anno precedente.

L’utilizzo del Guatemala di istruttori e consulenti militari israeliani, proprio come nel 1980, continua. Consulenti israeliani, negli ultimi anni, stanno aiutando l’attuale “rimilitarizzazione” del Guatemala. La giornalista Alba Paley ha riferito che formatori militari israeliani sarebbero stati presenti, ancora una volta, in una base militare attiva nel Coban, il luogo delle fosse comuni degli anni del 1980. Finora, là, sono stati scoperti resti di diverse centinaia di persone.

Le fosse comuni a Coban servono come base giuridica per gli arresti di gennaio di 14 ex ufficiali militari. Lo scorso giugno un giudice guatemalteco ha stabilito che le prove sono sufficienti per processare otto degli arrestati. E’ molto probabile che seguano futuri arresti e prove.

Gli studiosi Milton H. Jamail e Margo Gutierrez hanno documentato il commercio di armi israeliane nell’America centrale, in particolare in Guatemala, nel loro libro del 1986 ‘Non è un segreto: coinvolgimento militare di Israele in America Latina’. Hanno formulato il titolo in questo modo perché la maggior parte delle informazioni riportate nel libro vengono da fonti di media mainstream.

Per ora, il ruolo ben documentato di Israele nelle guerre sporche del Guatemala passa in gran parte senza commento. Ma i guatemaltechi sanno meglio di tanti altri che la lunga strada verso la responsabilità inizia con il riconoscimento.

Tuttavia non è chiaro quanto tempo ci vorrà ancora, prima che si senta parlare di funzionari israeliani chiamati in Guatemala per essere processati per il ruolo oscuro che hanno svolto nelle ore più buie del paese.

gabriel-schivoneGabriel Schivone sta scrivendo un libro sulla  politica degli Stati Uniti nei confronti del Guatemala. A writer from Tucson, has worked as a humanitarian volunteer in the Mexico-U.S. borderlands for more than six years. He blogs at Electronic Intifada and Huffington Post‘s “Latino Voices.” His articles have appeared in the Arizona Daily Star, the Arizona RepublicStudentNation, the Guardian, and McClatchy Newspapers, among other publications.

 

 

Traduzione Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org
Fonte: https://electronicintifada.net/content/israels-shadowy-role-guatemalas-dirty-war/19286