“Apartheid Israel” non è solo uno slogan politico, è la realtà di tutti i giorni

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Immagine del muro dell’apartheid in Cisgiordania e di un posto di guardia militare israeliano [Apaimages]
December 8, 2016 at 12:24 pm – Jihad Abu Raya

Circa il 70% di tutte le città che si trovano all’interno di Israele – territori palestinesi occupati dal 1948 – sono “per soli ebrei”; ai cittadini arabi dello stato è vietato viverci. Questa è la politica sostenuta fin dalla creazione dello stato d’Israele sulla terra palestinese. I mezzi e i metodi possono anche essere cambiati, ma non l’obiettivo di Israele; creare città “arabo-free”, cioè esclusivamente per chi sia di etnia ebraica, è l’intenzione ufficiale. Questa è ordinaria discriminazione a favore di un gruppo di cittadini; questo è apartheid. Nonostante questo fatto sia ovvio, è un problema che la comunità internazionale preferisce non affrontare e così Israele continua a farla franca.

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L’UE critica Israele per la detenzione amministrativa dei palestinesi

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Published on: Friday   9/December/2016 0:28:19 PM

L’Unione europea ha denunciato Israele per la sua ostinazione nel detenere amministrativamente palestinesi senza colpa.

In una dichiarazione rilasciata dal suo ufficio nella Gerusalemme occupata, l’UE ha espresso preoccupazione per l’uso eccessivo che Israele fa della detenzione amministrativa contro i palestinesi senza che vi sia una accusa qualsiasi.

Nella dichiarazione si parla di una particolare preoccupazione per il peggioramento delle condizioni di salute dei prigionieri Anas Shadeed e Ahmed Abu Fara, che hanno portato avanti uno sciopero della fame per due mesi e mezzo in segno di protesta contro la loro detenzione amministrativa.

I dati presentati parlano di più di 700 detenuti amministrativi palestinesi nelle carceri israeliane, tra cui tre minorenni.

L’UE ha chiesto a Israele di rispettare i suoi obblighi internazionali per quanto riguarda i diritti umani nei confronti di tutti i detenuti e di consentire loro di avere accesso all’assistenza legale ed essere oggetto di un processo equo.

Traduzione Invictapalestina.org

Fonte:https://english.palinfocom/news/2016/12/9/EU-slams-Israel-for-administrative-detention-of-Palestinians

Israele impedisce il trattamento del cancro al seno alle donne di Gaza

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Gaza City il 26 ottobre: donne con diagnosticato cancro al seno partecipano a una manifestazione di sensibilizzazione – immagini Mohammed Asad APA

Sarah Algherbawi (*) The Electronic Intifada, Striscia di Gaza 5 dic 2016

Khuloud Abu Qamar ha parlato con calma, ma le sue parole continuano a sconvolgere. “Israele mi sta uccidendo lentamente”, ha detto. “E sta uccidendo anche i miei figli.”

Dopo aver subito un intervento chirurgico per il tumore al seno l’anno scorso, Abu Qamar ha necessità di un ulteriore trattamento che non è stata in grado di ricevere a Gaza. Ha chiesto a Israele il permesso di viaggiare. Le sue richieste sono state finora respinte.

Khuloud Abu Qamar ha 40 anni,  sei figli, il più giovane dei quali è ancora un bambino.

La sua situazione è condivisa da molti altri a Gaza. Le stime del Ministero della Sanità locale indicano che quest’anno diverse centinaia di donne con cancro al seno sono state  ostacolate da Israele per curarsi fuori dalla Striscia.

Uscire da Gaza per il trattamento è di vitale importanza, gli ospedali della striscia costiera non sono adeguatamente attrezzati per fornire servizi come la radioterapia.

Come parte della propaganda dello Stato, Israele si ritrae come  leader globale nel trattamento e nella ricerca sul cancro. Per promuovere la consapevolezza del cancro al seno nel mese di ottobre, l’aviazione israeliana ha dipinto i suoi aerei da guerra rosa.

L’espediente non ha dato conforto alle donne di Gaza.

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La realtà supera la fantasia e l’orrore. L’aereonautica israeliana ha tirato fuori dal cilindro degli sfavillanti e mortiferi caccia colorati di rosa in nome della prevenzione del cancro al seno. Perche` ‘bombardare’ le cellule cancerose non basta. Quella contro il cancro al seno e` una guerra a 360 gradi e puo` rivelarsi molto utile se serve a nascondere i crimini di chi massacra civili innocenti che, se non muiono sotto le bombe lanciate da aerei rosa – ah che dolce morte! – muoiono di cancro. A causa del blocco imposto da Israele ed Egitto a Gaza mancano i farmaci, inclusi quelli per le patologie oncologiche. Non solo, ma spesso ai pazienti e` negato il permesso di farsi curare presso ospedali fuori dalla Striscia. E` il caso di Nadia Abu Nahla al Bakri, direttrice del Women’s Affair Technical Committee di Gaza e affetta da cancro al seno, a cui e` stata rifiutata la possibilita` di recarsi in ospedali fuori da Gaza per effettuare i controlli necessari di cui necessita. Inoltre, e` di alcuni giorni fa l’appello delle donne malate di cancro al seno che denuncia la mancanza di farmaci e attrezzature mediche adeguate a Gaza e si rivolge al governo palestinese e alle autorita` internazionali perche` venga garantito il loro diritto a spostarsi per motivi di salute. Il pinkwaRshing israeliano copre tutto questo e molto altro. Sta a noi alzare la voce, piu` forte che possiamo, e smascherarne l’ipocrisia. (http://amazzonefuriosa.blogspot.it/2016/10/da-israele-arriva-il-pinkwarshing.html)

“Io non voglio morire”

Alaa Masoud è una mamma di 25 anni che vive nel campo profughi di Jabaliya, anche a lei è  stato diagnosticato un cancro al seno. Recentemente le è stato rimosso il  seno destro all’ospedale al-Shifa di Gaza City.

I suoi medici hanno dichiarato che lei ha bisogno di consultare gli specialisti che lavorano in Israele o in Cisgiordania. Finora, ha fatto cinque richieste per il permesso di viaggiare attraverso Erez, il posto di blocco militare israeliano sul confine settentrionale di Gaza. Tutte e cinque le sue richieste sono state respinte.

Il rifiuto ha esacerbato la sua sofferenza. Il  cancro l’aveva costretta a smettere di allattare il suo bambino Amir.

“Io non voglio morire”, ha detto. “Voglio vedere il mio bambino crescere fino a diventare un bel giovane uomo.”

Viaggiare attraverso Erez è praticamente l’unica possibilità per i residenti di Gaza che necessitano di cure che non possono ricevere negli ospedali e nelle cliniche della Striscia.

Fino a poco tempo fa, molti pazienti si curavano in Egitto. Adesso con la quasi costante chiusura del valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto c’è stato  un netto calo del numero di palestinesi che possono recarsi in Egitto per le cure.

Gruppi per i diritti umani hanno a lungo documentato come Israele ha, in effetti, cercato di ricattare i palestinesi che sono gravemente malati. A numerosi pazienti è stato proposto il permesso a  viaggiare per le potersi curare a condizione di diventare  informatori per lo Shin Bet, l’agenzia di intelligence interna di Israele.

Dalia Abu Skhaila, una donna malata di cancro al seno di 34anni proveniente dal sud della zona di Khan Younis di Gaza, ha riferito che gli agenti israeliani a Erez hanno cercato di reclutarla come un informatrice su una serie di eventi. Lei ha rifiutato di accettare tale ricatto e le  è stato bloccato il viaggio.

“Morire a Gaza è molto più facile che tradire il mio popolo e il mio paese”, ha detto.

Educazione

Nonostante gli ostacoli che Israele ha creato per il  trattamento, gli operatori sanitari a Gaza stanno cercando di sensibilizzare per aumentare la consapevolezza del cancro al seno.

Secondo Khaled Thabet, che dirige il dipartimento di oncologia di al-Shifa, una delle principali sfide che si devono affrontare è che  quando viene rilevato il cancro al seno è spesso in fase avanzata, rendendo il trattamento difficile. Per aiutare la diagnosi precoce, lei e altri medici stanno incoraggiando le donne a sottoporsi a test periodici.

“C’è una mancanza di una cultura di prevenzione”, ha detto.

Hala al-Talmas, una trentacinquenne che vive nel campo di Jabaliya, è stata riluttante ad avere un check-up quando, soprattutto di notte, ha cominciato ad avvertire lievi dolori al suo seno destro.

Un’ amica con la quale si era confidata, l’aveva spronata a vedere un medico. Eppure Hala ha evitato di farlo fino a un paio di mesi più tardi. Quando i dolori sono diventati più forti, ha notato un piccolo nodulo nel suo seno. Hana si confidò con la madre, Hania,  e fu allora visitata all’ospedale  al-Shifa. Il personale scoprì così che aveva un piccolo nodulo  nel suo seno e diagnosticò un cancro.

Quando un medico chiese ad Hala perché avesse aspettato così a lungo, lei rispose che aveva avuto paura.

Con l’aiuto della sua famiglia allargata, riuscì a raccogliere abbastanza denaro per l’operazione e le fu asportato il  seno. Hala dopo l’operazione iniziò la chemioterapia. Dopo poche settimane di trattamento fu colpita da un ictus e morì.

“Avrei voluto che mia figlia fosse stata più consapevole e che fosse stata visitata da un medico nelle prime fasi della sua malattia”, ha detto Hania, la madre di Hala.

Medicina sotto assedio

Il cancro al seno è una delle principali cause di morte tra le donne di Gaza, secondo il ministero della salute. Quasi 750 casi di cancro al seno sono stati rilevati nel 2015.

Le autorità di Gaza promuovono campagne di sensibilizzazione per educare le donne sul cancro al seno.

The Electronic Intifada ha chiesto ad un campione di 200 donne di Gaza se avessero frequentato campagne. Circa il 90 per cento delle donne – di età compresa tra 25-65 anni- ha risposto di no.

“Ho una paura di queste campagne e non le frequento”, ha detto Doaa al-Shami, una donna di 31 anni. “Ho partecipato una sola volta da quando mi sono sposata.”

Le autorità sanitarie di Gaza stanno lottando per far fronte agli effetti dell’assedio che Israele ha imposto sul territorio da quasi un decennio.

Le attrezzature sanitarie sono  state spesso bloccate alla frontiera di  Gaza, i farmaci vitali   scarseggiano.

Ahmed El Shorafa, capo del dipartimento di oncologia presso l’ European Hospital  a Rafah, una città nel sud di Gaza, ha detto che “I problemi che affliggono il ministero della salute qui sono evidenti. Essi sono causati da scarsità di denaro e attrezzature. Abbiamo bisogno di più presidi sanitari e più personale per fornire l’educazione alla salute in tutta Gaza.”

Trad. Invictapalestina.org

Fonte: https://electronicintifada.net/content/israel-blocks-gaza-women-breast-cancer-treatment/18761

Ulteriori approfondimenti sulla campagna israeliana con gli aerei da guerra: http://mondoweiss.net/2016/10/preventing-receiving-treatment/

(*) Sarah Algherbawi è una scrittrice freelance e traduttrice da Gaza.

Jimmy Carter a Obama: Prima di lasciare l’incarico, riconosci lo stato palestinese

Julia Manchester, CNN November 29, 2016

 

(CNN) L’ex presidente Jimmy Carter invita l’amministrazione Obama a riconoscere lo Stato Palestinese prima di lasciare l’incarico previsto per il 20 gennaio 2017.

BuzzFoto Celebrity Sightings In New York - November 05, 2013

Carter,  forte sostenitore per i diritti dei palestinesi e di una soluzione a due stati tra israeliani e palestinesi, lunedì  in un editoriale su New York Times   ha elogiato l’amministrazione Obama per il suo sostegno alla “negoziazione per la fine del conflitto basata sui due Stati,”  ma ha avvertito che questo lavoro potrebbe essere vanificato dalla nuova amministrazione  repubblicana.

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Le forze israeliane assediano il cimitero palestinese al di fuori della città vecchia di Gerusalemme per impedire una sepoltura

DEC. 5, 2016 3:24 P.M. (UPDATED: DEC. 5, 2016 5:58 P.M.)

 

Le forze israeliane lunedì a mezzogiorno hanno messo sotto assedio il cimitero palestinese di Bab al-Rahma, fuori dalla città vecchia di Gerusalemme Est occupata, negando l’ingresso ai palestinesi che tentatavano di seppellire il corpo di una donna recentemente scomparsa.

Testimoni oculari hanno riferito a Ma’an che le forze israeliane hanno improvvisamente circondato il cimitero dopo le preghiere del primo pomeriggio e hanno impedito la sepoltura con il pretesto che il cimitero si trova su un terreno dello stato di Israele, confiscato per rendere possibile la realizzazione di un “parco nazionale”.

La gente del posto ha aggiunto che in precedenza, lunedì mattina, le forze israeliane avevano arrestato due membri della famiglia della donna deceduta mentre stavano cercando di aprire una tomba nel cimitero per prepararla per la sepoltura.

Un portavoce della polizia israeliana ha detto di non essere a conoscenza degli incidenti.

Bab al-Rahma, che significa Porta della Misericordia, corre lungo la parete orientale della Città Vecchia di Gerusalemme ed è in uso da più di 1.000 anni.

Il cimitero è stato luogo di crescenti tensioni e polemiche negli ultimi mesi, da quando sembra che le autorità israeliane abbiano applicato politiche che risalgono a settembre 2015 per il sequestro di parti del cimitero da utilizzare per un sentiero del parco nazionale.

Il capo del comitato per la conservazione dei cimiteri islamici a Gerusalemme, Mustafa Abu Zahra, all’epoca disse a Ma’an che una zona del cimitero, tra cui delle tombe, era stata recintata come parte della confisca.

Abu Zahra ha detto che le autorità israeliane “hanno dichiarato di stare attuando una decisione del giudice”, ma le autorità non hanno presentato alcuna prova di una sentenza del tribunale a  sostegno dei loro piani di sequestro di  parti del cimitero per il parco nazionale proposto.

Abu Zahra ha aggiunto che esistono documenti che provano che la terra appartiene all’Islamic Endowment che controlla il complesso di Al-Aqsa. Ha detto che i documenti mostrano chiaramente gli esatti confini del cimitero.

Nel settembre di quest’anno, Israeli Nature and Parks Authority hanno sigillato due tombe inutilizzate già scavate nel cimitero.

Nel mese di novembre, le forze dell’Israeli Nature and Parks Authority hanno fatto irruzione nel cimitero e demolito sei tombe e altre lapidi che, a quanto riferito, si stavano sgretolando.

Lo sceicco Omar al-Kiswani, direttore del complesso della moschea Al-Aqsa, ha detto a Ma’an che le autorità hanno sostenuto che le sei tombe si trovavano in una parte del 40% del cimitero che il governo aveva confiscato per il parco.

Al-Kiswani ha contestato l’argomentazione, citando documenti ufficiali che stabiliscono che le tombe che sono state demolite erano di proprietà delle famiglie al-Husseini e al-Ansari.

Nessun portavoce dell’Israeli Nature and Parks Authority è stato immediatamente disponibile per un commento a caldo.

Mahmoud al-Habbash, un consigliere dell’Autorità Palestinese (PA) per gli affari religiosi e islamici, in una dichiarazione ha condannato le gravi demolizioni, definendo le demolizioni un segno della “confusione politica israeliana” dopo che la recente risoluzione dell’Unesco ha denunciato le violazioni israeliane nel complesso della moschea Al-Aqsa.

La risoluzione ha causato un tumulto politico e mediatico in Israele, con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che ha sostenuto che l’agenzia delle Nazioni Unite ha “negato l’oltre 3.000 anni di legame tra il popolo ebraico e il suo luogo più sacro a Gerusalemme,” per il fatto che la risoluzione riporta il solo nome musulmano per il luogo sacro e non quello ebraico, Monte del Tempio.

Al-Habbash ha aggiunto che le demolizioni sono “un crimine per il quale Israele deve essere punito  in conformità con il diritto internazionale”. Ha sottolineato la sacralità del cimitero di Bab al-Rahma, in quanto considerato patrimonio islamico e parte del complesso di Al-Aqsa.

Il direttore al-Kiswani aveva precedentemente detto a Ma’an che “non solo l’occupazione israeliana perseguita i musulmani in vita, ma nemmeno i morti sono al sicuro.”

traduzione Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org

fonte: http://www.maannews.com/Content.aspx?id=774270