Ai coloni manca una visione del quadro generale a Gerusalemme Est

Foto Copertina – Una bandiera israeliana appesa al muro di un edificio preso in consegna dai coloni nel quartiere di Silwan a Gerusalemme Est. Credit: Olivier Fitoussi

Nir Hasson,  Nov 21, 2016 8:20 PM

Silwan non sarà giudaizzato e i palestinesi non se ne andranno da nessuna parte.

 

Circa due settimane fa, una gigante, luminosa, stella di David è stata posta sulla casa della famiglia di Abu Nab, in Batan al-Hawa, dai residenti ebrei che si sono trasferiti nello stesso edificio circa un anno fa.

La casa una volta era la sinagoga della comunità ebraica yemenita che viveva lì nel ventesimo secolo. Facendosi forti di quella comunità ormai defunta, membri di Ateret Cohanim – organizzazione che sta cercando di creare una maggioranza ebraica a Gerusalemme Est – sono riusciti a entrare in possesso di alcune delle sue case e a sfrattare gli inquilini palestinesi.

Quella stessa settimana gli ordini di sfratto sono stati presentati ad altre nove famiglie della zona (che fa parte di Silwan), che ora si aggiungono alle oltre 60 famiglie che lì stanno conducendo una battaglia legale contro i coloni.

Sembra che, nonostante la probabile evacuazione di Amona prevista per il prossimo mese, i coloni a Gerusalemme Est e altrove ritengano che il futuro sorrida loro.

L’elezione di Donald Trump e le voci di un nuovo ambasciatore degli Stati Uniti in Israele favorevole agli insediamenti, stanno per rimuovere il più grande ostacolo al loro progetto.

Come in eventi simili in passato, l’evacuazione di Amona sarà accompagnata da un generoso pacchetto di compensazione da parte del governo. I piani per sfrattare i palestinesi e per nuove  costruzioni per gli ebrei saranno tirati fuori dai cassetti della scrivania e il ritmo di giudaizzazione di aree palestinesi vedrà un’accelerazione.

Ma ai coloni manca una visione del quadro generale. Anche se la loro battaglia legale avrà successo e tutte le 72 famiglie palestinesi a Batan al-Hawa saranno cacciate dalle loro case e sostituite con famiglie ebraiche – e anche se il piano riuscirà a sfrattare le altre famiglie che vivono su un terreno venduto a coloni senza offerta, sfruttando il Custodian of Absentee Property – anche in questo caso, ancora fra un decennio o due, nel cuore di Silwan ci sarà solo una comunità ebraica piuttosto piccola.  Un’isola fortezza, circondata da decine di migliaia di palestinesi.

Silwan non sarà giudaizzato e i palestinesi non se ne stanno andando da nessuna parte.

“È vero, ma non è poi così terribile”, dirà il portavoce della destra – dopo tutto, “il popolo eterno non teme un lungo cammino.”

Non si sarebbero, tuttavia, mai aspettati che la strada fosse così lunga. (Dopo 50 anni di occupazione e 30 di insediamenti intensivi, i coloni ebrei nei quartieri palestinesi della città costituiscono circa l’1% della popolazione.)

Più importante ancora, la gente dall’altra parte non teme una lunga strada: i palestinesi continuano ad avere figli e a costruire, e di certo non se ne stanno andando da Gerusalemme.

Nella stessa settimana in cui è stata eretta la stella di David e presentati gli ordini di sfratto, è stato aperto a Batan al-Hawa un centro della comunità palestinese. I bambini e gli adulti potranno studiare lì inglese ed ebraico, ci saranno corsi di educazione artistica e per imparare ad usare i computer.

Un altro esempio: il quartiere di Gerusalemme est, Sheikh Jarrah (che circa un secolo fa aveva anche un quartiere ebraico), qualche anno fa è stato il centro di una battaglia dopo che i coloni erano riusciti a sfrattare tre famiglie palestinesi.

I 20 appartamenti che sono stati costruiti sulle rovine dell’Hotel Shepherd in questo piccolo quartiere saranno pronti a breve per essere occupati.

I coloni hanno ancora molti piani per l’area, ma nessuno parla del fatto che l’uomo d’affari di Gerusalemme, Mohammed Joulani, nel frattempo ha costruito 146 case per i palestinesi, confinanti con le tre famiglie ebree che vivono lì.

Sembra poi molto improbabile che  Sheikh Jarrah sarà “giudaizzato” nel prossimo futuro.

In generale, il prossimo futuro per il movimento di insediamento ebraico a Gerusalemme Est sembra essere meno roseo di quanto dipinto dai suoi attivisti, e più cupo di quanto attivisti di sinistra e palestinesi della città descrivono.

Anche con un presidente alla Casa Bianca che li appoggia, non esiste alcuno scenario in cui i coloni potrebbero trasformare un quartiere di Gerusalemme Est, o anche solo una strada, in una zona totalmente ebraico-israeliana senza una presenza palestinese. D’altra parte, il loro progetto continuerà a contribuire alla violenza e a complicare una futura soluzione del problema Gerusalemme.

Una settimana dopo che la stella di David era stata posta sul tetto della vecchia sinagoga di Batan al-Hawa, Zuheir Rajabi, un vicino di casa, ha eretto una mezzaluna verde e rossa sulla casa adiacente. Anche questa è visibile da grande distanza.

Traduzione Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org

Fonte: http://www.haaretz.com/opinion/.premium-1.754224

Ken Loach: il regista di Io, Daniel Blake rifiuta il premio del Festival di Torino

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Quando il regista Ken Loach rifiutò il Premio del Torino Film Festival per difendere i lavoratori.

novembre 22, 2016 
Il regista britannico Ken Loach nel 2012 ha rifiutato il premio del Festival di Torino, motivandolo con un comunicato amaro per gli organizzatori, ma coerente con la vita e gli ideali dell’artista.

 

«È con grande dispiacere – si legge – che mi trovo costretto a rifiutare il premio che mi è stato assegnato dal Torino Film Festival, un premio che sarei stato onorato di ricevere, per me e per tutti coloro che hanno lavorato ai nostri film. I festival hanno l’importante funzione di promuovere la cinematografia europea e mondiale e Torino ha un’eccellente reputazione, avendo contribuito in modo evidente a stimolare l’amore e la passione per il cinema».

E prosegue «Tuttavia c’è un grave problema, ossia la questione dell’esternalizzazione dei servizi che vengono svolti dai lavoratori con i salari più bassi. Come sempre, il motivo è il risparmio di denaro e la ditta che ottiene l’appalto riduce di conseguenza i salari e taglia il personale. È una ricetta destinata ad alimentare i conflitti. Il fatto che ciò avvenga in tutta Europa non rende questa pratica accettabile».

«A Torino – scrive ancora il regista – sono stati esternalizzati alla Cooperativa Rear i servizi di pulizia e sicurezza del Museo Nazionale del Cinema (MNC). Dopo un taglio degli stipendi i lavoratori hanno denunciato intimidazioni e maltrattamenti. Diverse persone sono state licenziate. I lavoratori più malpagati, quelli più vulnerabili, hanno quindi perso il posto di lavoro per essersi opposti a un taglio salariale. Ovviamente è difficile per noi districarci tra i dettagli di una disputa che si svolge in un altro Paese, con pratiche lavorative diverse dalle nostre, ma ciò non significa che i principi non siano chiari. In questa situazione, l’organizzazione che appalta i servizi non può chiudere gli occhi, ma deve assumersi la responsabilità delle persone che lavorano per lei, anche se queste sono impiegate da una ditta esterna. Mi aspetterei che il Museo, in questo caso, dialogasse con i lavoratori e i loro sindacati, garantisse la riassunzione dei lavoratori licenziati e ripensasse la propria politica di esternalizzazione. Non è giusto che i più poveri debbano pagare il prezzo di una crisi economica di cui non sono responsabili».

«Abbiamo realizzato un film dedicato proprio a questo argomento, ‘Bread and Roses’. Come potrei – conclude Loach – non rispondere a una richiesta di solidarietà da parte di lavoratori che sono stati licenziati per essersi battuti per i propri diritti? Accettare il premio e limitarmi a qualche commento critico sarebbe un comportamento debole e ipocrita. Non possiamo dire una cosa sullo schermo e poi tradirla con le nostre azioni. Per questo motivo, seppure con grande tristezza, mi trovo costretto a rifiutare il premio».

 

Fonti e approfondimenti.

http://bdsitalia.org/index.php/la-campagna-bds/ultime-notizie-bds/2057-ken-loach-video

https://bdsmovement.net/news/press-release-ken-loach-joins-cultural-boycott-israel

http://www.huffingtonpost.it/2016/05/23/ken-loach-protesta-rifiut_n_10102574.html

http://www.linkiesta.it/it/article/2012/11/22/il-gran-rifiuto-di-ken-loach-a-torino-sfruttate-i-lavoratori/10469/

 

A Gaza, non siamo in lutto per la sconfitta della Clinton

Copertina: Bambini palestinesi sventolano bandiere statunitensi e palestinesi a Gaza City il 9 dicembre 1998, alcuni giorni prima della visita dell’allora presidente degli Stati Uniti Bill Clinton (AP)

Bill Clinton, George Bush, Barack Obama, nessuno di loro ha cercato di placare le sofferenze della Palestina. Neppure Hillary l’avrebbe fatto.

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I musulmani protestano a Delhi contro la visita del presidente israeliano

Copertina: protesta a Delhi il 18 Nov 2016 contro la visita del presidente israeliano Reuven Rivlin. (Foto – IndiaTomorrow.net)

Ghazanfar Abbas, IndiaTomorrow.net,

Israeli President Reuven Rivlin in New Delhi
Nuova Delhi, 19 novembre: Venerdì , centinaia di musulmani e religiosi comuni, sotto la guida dei loro principali leader religiosi, hanno tenuto una grande manifestazione di protesta nei pressi del Palazzo del Parlamento contro la visita in corso in India del presidente israeliano Reuven Rivlin. Pur esprimendo profonda preoccupazione per la crescita delle relazioni tra India e Israele, hanno chiesto la creazione di uno Stato palestinese indipendente e sovrano. Rivlin è in India per un tour di una settimana (14-21 novembre).

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Città norvegese vota il boicottaggio delle merci degli insediamenti israeliani

 

norveggia
Trondheim la terza più grande città della Norvegia 

 

November 18, 2016 at 12:50 pm
La terza più grande città della Norvegia ha votato per il boicottaggio di tutti i beni e servizi prodotti negli insediamenti israeliani illegali situati nei territori palestinesi occupati.

Il Consiglio Comunale di Trondheim ha approvato ieri la mozione, in una risoluzione che afferma che gli “insediamenti illegali si stanno espandendo, la costruzione del muro continua, i palestinesi sono sottoposti a vessazioni quotidiane e costretti ad affrontare grandi ostacoli nella loro vita quotidiana.”

Nella risoluzione si aggiunge: “Si tratta di una politica che il Comune di Trondheim non può sostenere. Il comune si asterrà quindi dall’acquisto di beni e servizi prodotti nei territori occupati”.

Secondo la relazione: “Il consiglio comunale chiede anche ai residenti della terza città più grande della Norvegia di boicottare personalmente beni e servizi degli insediamenti”.

La risoluzione al boicottaggio è stata sostenuta da Labour, Socialist Left, Green e Red party, si sono opposti Conservatori, Cristiani democratici, Progress, Centre Party e il partito dei Pensionati.

Traduzione: Invictapalestina.org

Fonte: https://www.middleeastmonitor.com/20161118-norwegian-city-votes-to-boycott-israeli-settlement-goods/