Di colpo si può essere filoisraeliani ed antisemiti

Gideon Levy, 21 novembre 2016 su Haaretz

Quando l’amicizia verso Israele viene giudicata solamente in base al sostegno all’occupazione, Israele non ha altri amici se non i razzisti e i nazionalisti.

All’improvviso non è così terribile essere antisemiti. Tutto ad un tratto diventa scusabile, nella misura in cui odiate i musulmani e gli arabi e “amate Israele”. Il diritto ebraico ed israeliano ha concesso una radicale amnistia agli amanti antisemiti di Israele – sì, succede questo e loro stanno per prendere il potere negli Stati Uniti.

Adesso lo sappiamo: non solo la pornografia, ma anche l’antisemitismo è una questione di geografia e di prezzo. Gli antisemiti americani di destra non sono più considerati antisemiti.

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La definizione è stata aggiornata: d’ora in poi gli antisemiti si trovano solo nei ranghi della sinistra. Roger Waters (ex-leader dei Pink Floyd e sostenitore del boicottaggio contro Israele, ndtr.), un coraggioso uomo di coscienza senza macchia, è un antisemita. Steve Bannon, un razzista dichiarato ed esplicitamente antisemita che è stato nominato capo della strategia della Casa Bianca di Trump, è un amico di Israele.

Gli attivisti ebrei ed israeliani che non risparmiano sforzi per scoprire segnali di antisemitismo, che considerano ogni multa per sosta vietata ad un ebreo americano come un gesto di odio, che muovono cielo e terra ogni volta che un ebreo viene derubato o una lapide ebrea viene infranta, adesso riabilitano un antisemita. Improvvisamente non sono sicuri che si stia parlando di quel particolare morbo.

Alan Dershowitz (docente di diritto ed accanito sostenitore di Israele negli USA, ndtr.), uno dei maggiori propagandisti in questo campo, è già insorto in difesa del razzista Bannon. In un articolo su Haaretz della scorsa settimana Dershowitz ha scritto che l’uomo la cui moglie ha detto che non ha permesso ai suoi figli di andare a scuola insieme agli ebrei non è un antisemita. “L’accusa è semplicemente stata fatta dalla sua ex moglie in un processo, senza dare al fatto un particolare peso,” ha scritto Dershowitz, con logica pretestuosa.

Dopo tutto, l’ex assistente ricercatore di Dershowitz, un ebreo ortodosso che ha successivamente lavorato con Bannon, gli ha assicurato di non aver riscontrato elementi di antisemitismo in Bannon. E questo è improvvisamente sufficiente per Dershowitz. Di punto in bianco è possibile separare il razzismo dall’antisemitismo.

L’ambasciatore israeliano a Washington, Ron Dermer, ovviamente si è affrettato ad unirsi alla compagnia. Nel weekend ha detto di aspettarsi di lavorare con Bannon. E, cavoli, si aspetta di lavorare con quel razzista. In fondo, saranno d’accordo su tutto: che non esiste un popolo palestinese, che non esiste l’occupazione, che la colonia di Yitzhar ([una delle colonie più violente ed estremiste, ndtr.) dovrà restare per sempre, che quelli di sinistra sono dei traditori.

Per Dermer – ambasciatore dell’avamposto illegale di Amona, amico del Tea Party , uno che boicotta J Street (gruppo liberale statunitense che promuove la pace tra Israele e Palestina, ndtr.), un uomo che, se la relazione bilaterale fosse stata normale, sarebbe stato dichiarato persona non gradita dagli Stati Uniti – le nuove nomine sono l’alba di un nuovo giorno.

Si sentirà a casa con Frank Gaffney, un altro che odia i musulmani, che probabilmente otterrà un’alta carica nella nuova amministrazione; sarà felice di lavorare con Bannon. E Mike Huckabee (politico repubblicano e pastore battista statunitense, ndtr.) gli va proprio a genio. Dermer, dopo tutto, ha ricevuto il Premio Fiamma della Libertà dal Centro per la politica di sicurezza, un gruppo razzista che sventola orgogliosamente la bandiera dell’islamofobia.

Questi razzisti e quelli della loro risma sono i migliori amici di Israele negli Stati Uniti. Ad essi si uniscono i razzisti della destra europea. Se non si contano i sensi di colpa per l’olocausto, essi sono gli unici amici rimasti ad Israele. Quando l’amicizia per Israele si misura solamente sulla base del sostegno all’occupazione, Israele non ha altri amici che i razzisti ed i nazionalisti. Questo avrebbe dovuto suscitare qui una profonda vergogna: dimmi chi sono i tuoi amici e ti dirò chi sei.

Questi razzisti amano Israele perché realizza i loro sogni: opprimere gli arabi, offendere i musulmani, spossessarli, espellerli, ucciderli, distruggere le loro case, calpestare la loro dignità. Questo mucchio di spazzatura vorrebbe tanto comportarsi come noi.

Ma per ora ciò è possibile solo in Israele, per cui esso è il faro tra le nazioni in questo campo. Che cosa ne è dei tempi in cui gli ebrei in Sudafrica andavano in prigione con Nelson Mandela? Oggi gli attivisti ebrei in America sostengono i nuovi governanti – i razzisti e gli antisemiti.

Nel weekend la scrittrice palestinese-americana Susan Abulhawa ha scritto su Facebook: i palestinesi definiscono il nazionalista bianco Bannon un antisemita, mentre l’AIPAC (gruppo di pressione statunitense che sostiene politiche a favore di Israele, ndtr.) e Dershowitz pensano che non sia una cattiva persona. Di quale altra prova c’è bisogno sul fatto che il sionismo è un aspetto della supremazia bianca e in definitiva è antitetico all’ebraismo?

La scorsa estate Abulhawa è stata deportata dal ponte di Allenby [cioè in Giordania, ndtr.]. Ed ha ragione. Gli Stati Uniti e Israele condividono oggi gli stessi valori – e guai a vergognarsene.

 

Fonte: http://zeitun.info/2016/11/21/di-colpo-si-puo-essere-filoisraeliani-ed-antisemiti/

Ai coloni manca una visione del quadro generale a Gerusalemme Est

Foto Copertina – Una bandiera israeliana appesa al muro di un edificio preso in consegna dai coloni nel quartiere di Silwan a Gerusalemme Est. Credit: Olivier Fitoussi

Nir Hasson,  Nov 21, 2016 8:20 PM

Silwan non sarà giudaizzato e i palestinesi non se ne andranno da nessuna parte.

 

Circa due settimane fa, una gigante, luminosa, stella di David è stata posta sulla casa della famiglia di Abu Nab, in Batan al-Hawa, dai residenti ebrei che si sono trasferiti nello stesso edificio circa un anno fa.

La casa una volta era la sinagoga della comunità ebraica yemenita che viveva lì nel ventesimo secolo. Facendosi forti di quella comunità ormai defunta, membri di Ateret Cohanim – organizzazione che sta cercando di creare una maggioranza ebraica a Gerusalemme Est – sono riusciti a entrare in possesso di alcune delle sue case e a sfrattare gli inquilini palestinesi.

Quella stessa settimana gli ordini di sfratto sono stati presentati ad altre nove famiglie della zona (che fa parte di Silwan), che ora si aggiungono alle oltre 60 famiglie che lì stanno conducendo una battaglia legale contro i coloni.

Sembra che, nonostante la probabile evacuazione di Amona prevista per il prossimo mese, i coloni a Gerusalemme Est e altrove ritengano che il futuro sorrida loro.

L’elezione di Donald Trump e le voci di un nuovo ambasciatore degli Stati Uniti in Israele favorevole agli insediamenti, stanno per rimuovere il più grande ostacolo al loro progetto.

Come in eventi simili in passato, l’evacuazione di Amona sarà accompagnata da un generoso pacchetto di compensazione da parte del governo. I piani per sfrattare i palestinesi e per nuove  costruzioni per gli ebrei saranno tirati fuori dai cassetti della scrivania e il ritmo di giudaizzazione di aree palestinesi vedrà un’accelerazione.

Ma ai coloni manca una visione del quadro generale. Anche se la loro battaglia legale avrà successo e tutte le 72 famiglie palestinesi a Batan al-Hawa saranno cacciate dalle loro case e sostituite con famiglie ebraiche – e anche se il piano riuscirà a sfrattare le altre famiglie che vivono su un terreno venduto a coloni senza offerta, sfruttando il Custodian of Absentee Property – anche in questo caso, ancora fra un decennio o due, nel cuore di Silwan ci sarà solo una comunità ebraica piuttosto piccola.  Un’isola fortezza, circondata da decine di migliaia di palestinesi.

Silwan non sarà giudaizzato e i palestinesi non se ne stanno andando da nessuna parte.

“È vero, ma non è poi così terribile”, dirà il portavoce della destra – dopo tutto, “il popolo eterno non teme un lungo cammino.”

Non si sarebbero, tuttavia, mai aspettati che la strada fosse così lunga. (Dopo 50 anni di occupazione e 30 di insediamenti intensivi, i coloni ebrei nei quartieri palestinesi della città costituiscono circa l’1% della popolazione.)

Più importante ancora, la gente dall’altra parte non teme una lunga strada: i palestinesi continuano ad avere figli e a costruire, e di certo non se ne stanno andando da Gerusalemme.

Nella stessa settimana in cui è stata eretta la stella di David e presentati gli ordini di sfratto, è stato aperto a Batan al-Hawa un centro della comunità palestinese. I bambini e gli adulti potranno studiare lì inglese ed ebraico, ci saranno corsi di educazione artistica e per imparare ad usare i computer.

Un altro esempio: il quartiere di Gerusalemme est, Sheikh Jarrah (che circa un secolo fa aveva anche un quartiere ebraico), qualche anno fa è stato il centro di una battaglia dopo che i coloni erano riusciti a sfrattare tre famiglie palestinesi.

I 20 appartamenti che sono stati costruiti sulle rovine dell’Hotel Shepherd in questo piccolo quartiere saranno pronti a breve per essere occupati.

I coloni hanno ancora molti piani per l’area, ma nessuno parla del fatto che l’uomo d’affari di Gerusalemme, Mohammed Joulani, nel frattempo ha costruito 146 case per i palestinesi, confinanti con le tre famiglie ebree che vivono lì.

Sembra poi molto improbabile che  Sheikh Jarrah sarà “giudaizzato” nel prossimo futuro.

In generale, il prossimo futuro per il movimento di insediamento ebraico a Gerusalemme Est sembra essere meno roseo di quanto dipinto dai suoi attivisti, e più cupo di quanto attivisti di sinistra e palestinesi della città descrivono.

Anche con un presidente alla Casa Bianca che li appoggia, non esiste alcuno scenario in cui i coloni potrebbero trasformare un quartiere di Gerusalemme Est, o anche solo una strada, in una zona totalmente ebraico-israeliana senza una presenza palestinese. D’altra parte, il loro progetto continuerà a contribuire alla violenza e a complicare una futura soluzione del problema Gerusalemme.

Una settimana dopo che la stella di David era stata posta sul tetto della vecchia sinagoga di Batan al-Hawa, Zuheir Rajabi, un vicino di casa, ha eretto una mezzaluna verde e rossa sulla casa adiacente. Anche questa è visibile da grande distanza.

Traduzione Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org

Fonte: http://www.haaretz.com/opinion/.premium-1.754224

Ken Loach: il regista di Io, Daniel Blake rifiuta il premio del Festival di Torino

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Quando il regista Ken Loach rifiutò il Premio del Torino Film Festival per difendere i lavoratori.

novembre 22, 2016 
Il regista britannico Ken Loach nel 2012 ha rifiutato il premio del Festival di Torino, motivandolo con un comunicato amaro per gli organizzatori, ma coerente con la vita e gli ideali dell’artista.

 

«È con grande dispiacere – si legge – che mi trovo costretto a rifiutare il premio che mi è stato assegnato dal Torino Film Festival, un premio che sarei stato onorato di ricevere, per me e per tutti coloro che hanno lavorato ai nostri film. I festival hanno l’importante funzione di promuovere la cinematografia europea e mondiale e Torino ha un’eccellente reputazione, avendo contribuito in modo evidente a stimolare l’amore e la passione per il cinema».

E prosegue «Tuttavia c’è un grave problema, ossia la questione dell’esternalizzazione dei servizi che vengono svolti dai lavoratori con i salari più bassi. Come sempre, il motivo è il risparmio di denaro e la ditta che ottiene l’appalto riduce di conseguenza i salari e taglia il personale. È una ricetta destinata ad alimentare i conflitti. Il fatto che ciò avvenga in tutta Europa non rende questa pratica accettabile».

«A Torino – scrive ancora il regista – sono stati esternalizzati alla Cooperativa Rear i servizi di pulizia e sicurezza del Museo Nazionale del Cinema (MNC). Dopo un taglio degli stipendi i lavoratori hanno denunciato intimidazioni e maltrattamenti. Diverse persone sono state licenziate. I lavoratori più malpagati, quelli più vulnerabili, hanno quindi perso il posto di lavoro per essersi opposti a un taglio salariale. Ovviamente è difficile per noi districarci tra i dettagli di una disputa che si svolge in un altro Paese, con pratiche lavorative diverse dalle nostre, ma ciò non significa che i principi non siano chiari. In questa situazione, l’organizzazione che appalta i servizi non può chiudere gli occhi, ma deve assumersi la responsabilità delle persone che lavorano per lei, anche se queste sono impiegate da una ditta esterna. Mi aspetterei che il Museo, in questo caso, dialogasse con i lavoratori e i loro sindacati, garantisse la riassunzione dei lavoratori licenziati e ripensasse la propria politica di esternalizzazione. Non è giusto che i più poveri debbano pagare il prezzo di una crisi economica di cui non sono responsabili».

«Abbiamo realizzato un film dedicato proprio a questo argomento, ‘Bread and Roses’. Come potrei – conclude Loach – non rispondere a una richiesta di solidarietà da parte di lavoratori che sono stati licenziati per essersi battuti per i propri diritti? Accettare il premio e limitarmi a qualche commento critico sarebbe un comportamento debole e ipocrita. Non possiamo dire una cosa sullo schermo e poi tradirla con le nostre azioni. Per questo motivo, seppure con grande tristezza, mi trovo costretto a rifiutare il premio».

 

Fonti e approfondimenti.

http://bdsitalia.org/index.php/la-campagna-bds/ultime-notizie-bds/2057-ken-loach-video

https://bdsmovement.net/news/press-release-ken-loach-joins-cultural-boycott-israel

http://www.huffingtonpost.it/2016/05/23/ken-loach-protesta-rifiut_n_10102574.html

http://www.linkiesta.it/it/article/2012/11/22/il-gran-rifiuto-di-ken-loach-a-torino-sfruttate-i-lavoratori/10469/

 

A Gaza, non siamo in lutto per la sconfitta della Clinton

Copertina: Bambini palestinesi sventolano bandiere statunitensi e palestinesi a Gaza City il 9 dicembre 1998, alcuni giorni prima della visita dell’allora presidente degli Stati Uniti Bill Clinton (AP)

Bill Clinton, George Bush, Barack Obama, nessuno di loro ha cercato di placare le sofferenze della Palestina. Neppure Hillary l’avrebbe fatto.

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I musulmani protestano a Delhi contro la visita del presidente israeliano

Copertina: protesta a Delhi il 18 Nov 2016 contro la visita del presidente israeliano Reuven Rivlin. (Foto – IndiaTomorrow.net)

Ghazanfar Abbas, IndiaTomorrow.net,

Israeli President Reuven Rivlin in New Delhi
Nuova Delhi, 19 novembre: Venerdì , centinaia di musulmani e religiosi comuni, sotto la guida dei loro principali leader religiosi, hanno tenuto una grande manifestazione di protesta nei pressi del Palazzo del Parlamento contro la visita in corso in India del presidente israeliano Reuven Rivlin. Pur esprimendo profonda preoccupazione per la crescita delle relazioni tra India e Israele, hanno chiesto la creazione di uno Stato palestinese indipendente e sovrano. Rivlin è in India per un tour di una settimana (14-21 novembre).

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