Il Palestinian street workout utilizza tutto, dalle armature alle macerie

Nella foto di copertina Mahmoud Nasman, 23 anni, esegue ‘la bandiera umana’ utilizzando il ferro per cemento armato lasciato tra le macerie.

I soci di Bar Palestine esibiscono la propria abilità e uniscono gli emarginati

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Nasman, Maqdma and Eyad Ayad, 22, in the ruins of the al-Nahda towers

Tra il cemento e i detriti che i bombardamenti israeliani si sono lasciati alle spalle non c’è spazio per l’errore. Qui, dove una volta si ergevano le torri al-Nahda a Beit Lahiya, è dove la squadra dei Bar Palestine si allena, facendo flessioni sulle armature e verticali sulle fondamenta abbandonate.

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Taleb and Nasman show off their strength and flexibility on a children’s play structure in Gaza City

“Non hanno altra scelta per seguire la propria passione”, dice il fotografo ventisettenne Hosam Salem della squadra di quattro atleti che si allena in strada. E’ troppo pericoloso perfezionare la propria abilità in mezzo ai ribelli, dice, e troppo costoso procurarsi un posto dove poterlo fare.

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Suliman Taleb, 21, trains on what was once an apartment building in Gaza City

L’allenamento in strada, uno sport marginale che negli ultimi cinque anni ha preso piede nell’Europa orientale, unisce la forza fisica a esercizi di ginnastica ritmica o alla ginnastica. Salem dice che i Bar Palestine, a Gaza, stanno cercando di aumentare la propria popolarità esibendosi in aree pubbliche, come ad esempio i parchi o le spiagge, utilizzando le infrastrutture a disposizione per perfezionare la loro abilità. Secondo il sito World Federation Street Workout and Calisthenics questo sport non è solo l’esibire forza e flessibilità della parte superiore del corpo, ma cerca anche di unire persone di diversa provenienza socio-economica ed etnica; si tratta di unire gli emarginati.

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Baker Al Maqdma, 23, and Taleb perform in a public garden in Gaza City.

“La vita è tutta nelle possibilità che abbiamo e gli altri non notano”, dice Salem. “Questo è quello che i Bar Palestine desiderano: “Un’occasione per mostrare al mondo il proprio talento e sfidare se stessi e gli altri a raggiungere il proprio obiettivo.”

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With his feet to the sky, Maqdma practises amidst ruins left after the 2014 Israeli-Gaza conflict that destroyed much of Beit Lahiya

 

Trad. Invictapalestina.org

Fonte: http://www.macleans.ca/multimedia/photo/palestinian-street-workout-uses-everything-from-rebar-to-rubble/

Roger Waters, migliaia di firme per la petizione ai Chemical Brothers perché annullino lo spettacolo di Tel Aviv


NOAH YOO NOVEMBER 1 2016 ROCKELECTRONIC

“Se andrete a Tel Aviv, la vostra presenza sarà utilizzata dalle autorità israeliane per rassicurare i propri cittadini che nel mondo tutto va bene e nessuno si preoccupa veramente che i palestinesi stanno soffrendo.

Appello e petizione
Roger Waters dei Pink Floyd è nell’elenco degli artisti che hanno firmato una lettera di Artists for Palestine UK per sollecitare i Chemical Brothers ad annullare uno spettacolo in Israele e mostrare solidarietà con il boicottaggio culturale del paese. Il duo di musica elettronica ha in programma di suonare al Tel Aviv Convention Center il 12 novembre. “La vibrazione di intellettuali anticonformisti di Tel Aviv è una bolla sulla superficie di uno stato di sicurezza molto profonda che ha cacciato la metà della popolazione indigena palestinese nel 1948 e non ha alcuna intenzione di lasciare che i suoi discendenti tornino indietro,” si legge nella lettera. “Se andate a Tel Aviv, la vostra presenza sarà utilizzata dalle autorità israeliane per rassicurare i propri cittadini che nel mondo tutto va bene e nessuno si preoccupa veramente che i palestinesi stanno soffrendo … Per favore non andate.”
Altri firmatari della lettera sono il drammaturgo Caryl Churchill, la poetessa Liz Lochhead e l’attrice Maxine Peake.
Inoltre, oltre 7.000 persone hanno firmato una petizione per chiedere ai Chemical Brothers di boicottare Israele. 

“I funzionari del governo israeliano hanno ben sintetizzato su come Israele sfrutti la cultura per coprire le sue gravi violazioni del diritto internazionale”, dice la petizione. “Quando artisti internazionali come i Chemical Brothers si esibiscono in sedi e istituzioni culturali israeliane contribuiscono a creare la falsa impressione che Israele sia un paese ‘normale’ come qualsiasi altro.”
Waters è un sostenitore di lunga data dei diritti dei palestinesi. All’inizio di quest’anno lui, David Gilmour e Nick Mason “si sono riuniti” come Pink Floyd per sostenere un gruppo di attivisti filo- palestinesi.

Trad. Simonetta Lambertini 

Fonte:http://pitchfork.com/news/69474-roger-waters-thousands-more-petition- the-chemical-brothers-to-cancel-tel-aviv-show/

Tre cose di cui i parlamentari dovrebbero parlare se davvero volessero sostenere la Palestina

BRITAIN-POLITICS
Una vista generale mostra la Camera dei Lord in sessione nel Palazzo del Parlamento di Londra il 5 settembre 2016, durante il quale Norman Fowler, il nuovo Lord Speaker, parla (AFP)

Con i più leali difensori di Israele che a parole sostengono la soluzione dei due stati, ecco un modo rapido per aprirsi un varco nella relazione parlamentare (PR) ed arrivare alla verità.

Ben White, 23 October 2016 09:00 UTC

 

Nel momento in cui i più leali difensori di Israele nel parlamento britannico appoggiano, a parole, la “soluzione dei due stati”, che cosa significa a Westminster sostenere i palestinesi?

La questione si pone in merito alla nuova campagna “Per Israele, per la Palestina, per la pace”, che i Labour Friend di Israele (LFI) hanno lanciato durante la recente conferenza annuale del partito laburista.

Secondo Ian Austin, deputato membro del LFI e sostenitore di Israele da lunga data, l'”obiettivo principale” di questa iniziativa è quello di “convincere il governo a sostenere la creazione di un fondo internazionale per la pace israelo-palestinese”.

Il fondo, a sua volta, dovrebbe servire a sostenere “progetti di sviluppo economico e sociale che promuovano la convivenza, la pace e la riconciliazione”.

Quando la pace è relazione parlamentare (PR)

E’ stato solo cinque anni fa, che l’ LFI si è “reinventato” per “sostenere attivamente la soluzione dei due stati e sviluppare la ‘causa progressista’ per Israele”. Allora, il Jewish Chronicle spiegò che la lobby “ha riconosciuto che il panorama politico era stato trasformato a causa dei sostenitori di Israele nella sinistra britannica”.

In altre parole, un crescente movimento di solidarietà con la Palestina, entusiasmato dalla campagna del BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni), ha messo i sostenitori di Israele sulla difensiva , in particolare quelli che si riconoscono come liberali o di sinistra.

Ma gli stessi “progressisti”, o sionisti liberali, rappresentato un’ultima vitale linea di difesa contro una marea crescente di sostegno per cose come il BDS.

Da anni, i gruppi pro-Israele istigano contro il boicottaggio, raccomandando invece il supporto ad opere di beneficenza “apolitiche” o a gruppi di “co-esistenza”. Qualunque organizzazione (compresi i gruppi israeliani per i diritti umani) che si concentri sull’occupazione o sugli abusi da parte dell’esercito israeliano è inaccettabile.

Che i gruppi a favore di Israele preferiscano i programmi cosiddetti di pace “people-to-people” è evidente: appare più positivo che non semplicemente negare i crimini israeliani o fare pressione esterna su Israele affinché ponga fine alle sue si stematiche violazioni dei diritti umani.

La prova del nove

Visto che i gruppi di difesa pro-Israele, sia dentro che fuori Westminster, professano impegno per la “soluzione dei due stati”, con alcuni parlamentari che partecipano sia all’LFI che al Labour Friend of Palestine, suggerisco una specie di prova del nove costituita dai seguenti tre elementi. Se un gruppo, o un deputato, non parla di quanto segue, bisognerebbe chiedersi il perché.

In primo luogo, l’asimmetria. La struttura è occupanti e occupati, colonizzatore e colonizzato? Se il rapporto tra Israele e i palestinesi è presentato come se i due partner avessero pari responsabilità, allora c’è un problema. I palestinesi sono apolidi, diseredati, sfollati, e occupati. Non si può pensare che attribuire pari responsabilità possa essere prodotto di ignoranza o malafede.

In secondo luogo, il diritto internazionale. Il diritto internazionale, o i trattati globali per i diritti umani, sono un punto di riferimento? Gli insediamenti in Cisgiordania, per esempio, costituiscono una grave violazione delle Convenzioni di Ginevra e sono parte fondamentale del regime di apartheid. Se non se ne è parlato affatto o se gli insediamenti sono stati considerati come un problema da risolvere nei negoziati, questo è un altro problema

Terzo punto – e forse il più importante – la responsabilità. E’ possibile riconoscere l’occupazione, criticare le violazioni israeliane del diritto internazionale, ma opporsi comunque a qualsiasi sforzo volto a porre fine all’impunità di Israele. E per quanto riguarda un embargo sulle armi? Che dire di un boicottaggio delle istituzioni e aziende israeliane e internazionali complici della colonizzazione della terra palestinese?

Asimmetria, diritto internazionale, responsabilità. L’elenco non è perfetto né completo. Ma se un parlamentare o una lobby saltano anche uno solo di questi elementi chiave, allora ci sono buone ragioni per dubitare delle loro intenzioni, anche se professano di sostenere la “pace” e lo stato palestinese.

Al di là di copia-incolla

Se volete una prova, per tornare all’LFI, che hanno deciso che è meglio presentarsi sia “pro-Israele” che “pro-Palestina”. Questa è la stessa LFI che con veemenza si oppone al riconoscimento di qualsiasi tipo di responsabilità per le violazioni israeliane del diritto internazionale, la stessa LFI che diffama i palestinesi e i loro sostenitori e che cita fonti della destra israeliana come “Palestinian Media Watch”.

L’anno scorso, per esempio, LFI ha posto la smilitarizzazione della Striscia di Gaza devastata come condizione per la ricostruzione, facendo proprio lo slogan “il disarmo per lo sviluppo” del Ministro della Difesa israeliano Avigdor Lieberman (una posizione ribadita anche da importanti organizzazioni non governative). All’inizio di quest’anno, i parlamentari dell’LFI hanno contribuito a far cambiare direzione ad un dibattito nel Regno Unito sugli aiuti stranieri per attaccare l’Autorità Palestinese.

I palestinesi hanno bisogno di azioni, non di un’altra condanna da parte del Foreign Office né di una cinica campagna “pro-pace”, ideata per neutralizzare l’opposizione e continuare ad assicurare l’impunità al governo israeliano dedito all’espansione degli insediamenti, alla demolizione delle case palestinesi ed alla repressione del dissenso.

– Ben White è l’autore di “Israeli Apartheid: A Beginner’s Guide” ( Apartheid israeliano: Guida del principiante) un libro che fornisce una delle migliori introduzioni al conflitto Israele/Palestina, rivelando che Israele attua un regime di segregazione e discriminazione. Egli scrive per il Middle East Monitor ed i suoi articoli sono stati pubblicati, fra gli altri, da Al Jazeera, al-Araby, Huffington Post, The Electronic Intifada.

Le opinioni espresse in questo articolo sono di proprietà dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale del Middle East Eye.

trad. Vera Silveri- invictapalestina.org

Fonte: http://www.middleeasteye.net/columns/three-things-mps-should-be-talking-about-if-they-really-support-palestine-78725731

Il direttore israeliano di Google promosso a vice presidente della società

Una promozione per Meir Brand, CEO del gigante tecnologico in Israele, dove lavora dal 2005

google
Meir Brand

Times of Israel   2 novembre 2016, 13:03

Un quadro israeliano di Google è stato nominato nuovo vice-presidente del gigante tecnologico

Meir Brand, dal 2005 CEO (Chief Executive Officer) di Google Israele, è stato promosso la scorsa settimana vice presidente della società – riporta il quotidiano israeliano Haaretz.

Google, che è stata riorganizzata lo scorso anno come società finanziaria Alphabet Inc. dai suoi co-fondatori ebrei Sergey Brin e Larry Page, è una delle più grandi aziende tecnologiche del mondo specializzata tra l’altro nella pubblicità online, nella ricerca e nel cloud informatico.

Google ha attivamente investito in Israele negli ultimi anni, in particolare attraverso il suo acquisto nel 2013 della popolare app israeliana GPS Waze. Inoltre Google possiede in Israele un importante centro di ricerca e sviluppo.

Brand rimarrà CEO di Google Israele e intanto continuerà ad essere membro del consiglio di amministrazione. Conserverà anche le sue funzioni in Google di direttore dell’EMEA Emerging Markets (Europa, Medio Oriente e Africa).

Secondo il quotidiano economico israeliano Globes, Brand fu il primo dipendente di Google Israele quando, nel 2005, la società è stata fondata e poi in seguito ne è divenuto il CEO.

Nel suo ruolo di Direttore dell’EMEA Emerging Markets di Google, Brand è responsabile di un certo numero di paesi la cui popolazione messa insieme supera un miliardo di persone. Supervisiona soprattutto l’insieme delle aree di Medio Oriente, Africa, Russia, Turchia e Grecia.

Prima di approdare a Google, Brand aveva lavorato nelle aziende israeliane Excite @ Home, ICQ e Microsoft Israele, secondo il suo profilo Linkedin. Laurea in Economia e Commercio presso l’Università di Tel Aviv, ha conseguito un master presso la Harvard University.

Brand ha elogiato lo stile di gestione praticato da Google, affermando che la società accorda un elevato grado di indipendenza alle sue sedi locali, fatto che, ha detto, permette a ognuna di loro di agire come start-up e in cambio essere poi in grado di affermarsi come leader nel settore dell’innovazione.

 

Trad. Invictapalestina.org

Fonte: http://fr.timesofisrael.com/le-directeur-israelien-de-google-promu-vice-president-de-lentreprise/