LA MORTE DI UN USURPATORE

28 settembre 2016, di Cinzia Nachira

 

Shimon Peres è morto, non è una sorpresa perché era molto anziano ed era anche malato; sicuramente tutte le redazioni dei grandi giornali internazionali e delle grandi reti televisive avevano già pronti da mesi, se non da anni, il suo profilo e le analisi sulla sua vita: lunga e vissuta da protagonista.

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Shimon Peres non è un uomo di pace

Amira Hass, giornalista israeliana su Internazionale 19.9.2016 
 

Shimon Peres, 93 anni, ha avuto un ictus. Se fosse una persona qualunque, ci limiteremmo a dire che tutti meritano di invecchiare in modo dignitoso. Ma Peres non è una persona qualunque, come dimostra la preoccupazione del mondo per le sue condizioni di salute. Immagino che sia così anche in Italia, dove probabilmente viene presentato come un uomo che ha lavorato per la pace. 
E dato che Peres è una figura pubblica, non è inopportuno parlare del suo contributo al disastro in cui ci troviamo. Negli anni settanta ha sostenuto il movimento dei coloni. Negli anni novanta, come ministro degli esteri, è stato artefice degli accordi di Oslo, che hanno consolidato la realtà delle enclave palestinesi. Gli insediamenti e le enclave sono due facce della stessa medaglia, a dimostrazione di quanto sia stata coerente la sua visione delle cose. 
Negli anni settanta si parlava di “compromesso funzionale”: Peres e Moshe Dayan immaginavano una Cisgiordania in cui la Giordania avesse autorità sulla popolazione araba e Israele sui coloni. Negli anni novanta Peres ha modificato leggermente la sua posizione e ha proposto che solo la Striscia di Gaza diventasse “stato palestinese”, mentre gli abitanti della Cisgiordania avrebbero avuto una limitata autonomia. 
Solo quando la realtà delle enclave è diventata un fatto compiuto, Peres si è detto sostenitore di uno stato palestinese in Cisgiordania. Ma se restano le colonie non ci sarà mai la pace. Avremo solo una variante dell’apartheid.

Fonte: http://www.internazionale.it/tag/autori/amira-hass

Viaggio di 10 bambini di Gaza venuti in Italia per partecipare ad un corso di navigazione

Pubblicato il 26 settembre 2016 da Gazzella

 

Da parecchi anni, quando vado a Gaza a visitare i bambini adottati da Gazzella, soggiorno al Beach Hotel di Gaza city in una stanza con una grande finestra che si affaccia sul mare. Il mare mediterraneo è là bellissimo e oltre a cavalli e a volte cammelli che trottano nel bagnasciuga, ci sono sempre ragazzini che giocano e nell’acqua gente di tutte le età ma soprattutto bambini e giovani che giocano, pescano, nuotano e fanno surf su delle tavole molto caserecce, e che si divertono moltissimo. Il venerdì poi la spiaggia pullula di famiglie quasi sempre molto numerose con bambini di tutte le età. Le donne non sono mai in costume da bagno. Poco più di 10 di anni fa si poteva fare il bagno tranquillamente in costume e io lo facevo. Da quando Hamas ha vinto le elezioni però è diventato ogni anno più difficile e le donne sulla spiaggia sono sempre più coperte da tristissime e polverose palandrane marroni o nere.

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Ghassan Hage declina l’invito ricevuto dall’Israeli Anthropological Association

18 Settembre 2016

 

Lettera di risposta di Ghassan Hage all’invito a tenere il discorso di apertura in occasione della conferenza dell’Israeli Anthropological Association .

Caro …

ghassanmi ci è voluto un po’ di tempo per scrivere questa lettera che può risultare un po’ formale. Non era questa la mia intenzione, ma il fatto è che voglio essere il più chiaro possibile circa le mie ragioni.
Ho sinceramente apprezzato il tuo invito a tenere il discorso di apertura in occasione della conferenza dell’Israeli Anthropological Association. E mi rendo conto che si tratta di un invito fatto in buona fede, che scaturisce dal tuo desiderio di aprire l’associazione a voci che sono fortemente critiche verso Israele come ce ne sono oggi nel mondo e che, come dici tu, non sono abbastanza sentite.
Temo di dover rifiutare l’invito. Non posso dire che sono felicissimo di declinarlo. Come ti ho già detto, per temperamento sono incline e disponibile al dialogo sempre, ma ho pensato molto su che cosa la mia presenza avrebbe comportato e mi sono convinto che alla fine il risultato sarebbe negativo e non positivo. Ma nel pensare a cosa sia positivo e cosa negativo penso a come questo incida sulla lotta del popolo palestinese per liberarsi dal colonialismo e non alla lotta portata avanti da antropologi israeliani per rendere la loro società più aperta e ricettiva.

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La poesia di Mahmoud Darwish che ha fatto infuriare Lieberman e Regev

Un articolo uscito su Haaretz il 21 luglio 2016 ha attirato la mia attenzione, non tanto per il fatto che ministri del governo Netanyahu possano aver dato in escandescenze per un programma radiofonico israeliano che trasmette una poesia di Mahmoud Darwish, ma perché si scopre che la poesia è inserita nei testi formativi israeliani di “University on the Air”.
Ho chiesto a Wasim Dahmash, docente, studioso di letteratura araba e traduttore, fra l’altro, di Stato d’assedio di Darwish, se avesse una traduzione della poesia ‘Carta d’identità’ che è riportata nell’articolo. Nella sua mail mi ha scritto una piccola nota, la condivido con voi, non credo che me ne vorrà:

Carta d’identità è una delle prime poesie da me tradotte. Era forse 1968 o 1969. Darwish la detestava e infatti non l’ha inclusa in nessuna delle sue raccolte. L’aveva scritta a 14 anni e gliel’hanno pubblicata sul giornale al-Ittihad. E’ stata tradotta in tante lingue.

Potrebbe essere la risposta al leggermente sprezzante Rifletti che chiude l’articolo?

Simonetta Lambertini

 

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La poesia di Mahmoud Darwish che ha fatto infuriare Lieberman e Regev

Una discussione a Army Radio sull’opera giovanile di Mahmoud Darwish ha causato un putiferio. Ecco la poesia: ID card.

Vivian Eden, 21 luglio 2016

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