Sostegno internazionale per gli accademici per la pace

Posted date:  January 15, 2016

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Più di mille persone appartenenti al mondo accademico l’11 Gennaio 2016 hanno lanciato un appello indirizzato al governo per sostenere la pace e tornare al tavolo dei negoziati che possono fermare il conflitto in atto tra lo Stato e le guerriglie del PKK.

Poco dopo sia a livello mediatico sia a livello amministrativo i firmatari sono entrati nel mirino delle critiche, umiliazioni ed offese. Oggi(15 Gennaio 2016) in 4 città diverse più di 20 firmatari sono stati presi in detenzione provvisoria ed alcuni sono stati allontanati dal loro posto di lavoro.

A livello internazionale una serie di intellettuali, politici, accademici ed attivisti hanno lanciato un appello per dimostrare la loro solidarietà con gli accademici in difficoltà.

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45mila euro di analfabetismo democratico

LORENZO GUADAGNUCCI – (12 gennaio 2016) (Foto del nostro archivio) L’ultima foto è del Torino Social Forum presente  a Genova in quei giorni, un omaggio a Mario Contu, militante scomparso qualche anno dopo (Primo a destra con maglietta bianca e zaino)

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Nell’epoca in cui tutto, ma proprio tutto, è mercato, succede che il governo italiano decida che 45 mila euro a testa siano il prezzo da pagare per limitare (poiché evitare non si può) una bruttissima figura politica sullo scenario internazionale. La materia è fra le più spiacevoli, giacché si parla di tortura e dell’incapacità dello stato italiano di garantire il rispetto dei diritti fondamentali e un equo corso della giustizia quando questi siano stati violati. Ossia ciò che sta scritto nella sentenza del 7 aprile 2015 dalla Corte europea per i diritti umani sul caso Cestaro vs Italia in merito alla violenta “perquisizione” della scuola Diaz nel luglio 2001. Un altro centinaio di ricorsi analoghi a quello di Cestaro – per la Diaz e per le torture nella caserma-carcere di Bolzaneto – pendono ancora a Strasburgo e il governo italiano ha mobilitato l’Avvocatura dello stato per convincere i ricorrenti a ritirare le proprie istanze. Non è bello – devono aver pensato a Roma – subire una pioggia di condanne così sgradevoli, occorre provvedere. Almeno limitiamone il numero.

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Gli accordi raggiunti, una trentina, riguardano solo una parte dei ricorsi: molti dei malcapitati passati fra Diaz e Bolzaneto, a 15 anni dai fatti e a sentenza-Cestaro ottenuta, preferiscono accettare l’obolo e chiudere i conti con lo Stato; ma ce ne sono molti altri (io fra questi) che mettono al primo posto la questione di principio, anzi di giustizia.

Il punto è che l’attivismo dell’Avvocatura dello stato è l’altra faccia dell’ignavia di parlamento e governo. Un’ignavia che corrisponde a una precisa scelta politica: farsi beffe della sentenza della Corte di Strasburgo. La quale, è bene ricordarlo, ha stabilito che il cittadino Cestaro non ha ottenuto giustizia, nonostante le condanne inflitte a 25 funzionari e dirigenti. Non c’è stata giustizia perché prescrizione e indulto hanno quasi cancellato le pene; perché gli autori materiali dei pestaggi non sono mai stati identificati; perché la polizia di stato ha ostacolato il corso della giustizia.

La Corte, nel condannare l’Italia, ha dato anche precise indicazioni d’intervento, al fine di rimediare alla sua “strutturale incapacità” di garantire il rispetto dei diritti fondamentali: sottoporre a procedimenti disciplinari (con sospensioni e rimozioni) i poliziotti condannati; approvare una legge sulla tortura; obbligare gli agenti a portare codici identificativi sulle divise.foto17

Governo a parlamento, da aprile a oggi, si sono presi gioco della Corte. Il premier Renzi aveva sbrigativamente indicato, come risposta a Strasburgo, l’approvazione di una legge sulla tortura, dimenticando tutto il resto. Ma nemmeno questa rispostina è arrivata a compimento, perché il parlamento è tenuto in scacco dal ”partito della polizia”, un coacervo di soggetti e di interessi che comprende i vertici dell’apparato, gran parte dei sindacati di settore e i numerosi sponsor politici delle forze dell’ordine.

La Camera, nell’aprile scorso, approvò in fretta e furia, sull’onda dello scandalo suscitato dalla sentenza Cestaro, un testo di legge minimalista e arretrato (la tortura come reato generico e non specifico del pubblico ufficiale, la prescrizione ancora possibile), cercando di non scontentare troppo le nostre forze dell’ordine, da sempre contrarie all’introduzione del crimine nell’ordinamento. Ma anche quel testo era troppo e così abbiamo assistito nell’estate scorsa a un’autentica sollevazione del “partito della polizia”, con mobilitazioni di piazza dei sindacati e infuocati interventi in parlamento dei capi di polizia, carabinieri e finanza, ascoltati nella commissione del senato chiamata a esaminare il testo uscito da Montecitorio. In quale altro paese potrebbe avvenire qualcosa di simile?

Alla fine è stato approvato un testo surreale e imbarazzante: un caso raro di legge sulla tortura, ma non contro la tortura, visto che l’incriminazione scatterebbe solo in caso di violenze reiterate, ammettendo quindi come leciti atti di tortura singola. Un testo assurdo, che il presidente della repubblica non potrebbe firmare. In aggiunta, altro gesto beffardo, il ministro Alfano ha inventato una “soluzione” per i codici identificativi: l’Italia potrebbe introdurli, ma solo per identificare i reparti, non i singoli. Sembra uno scherzo ma è un drammatico indicatore dello stato di salute della cultura democratica nel nostro paese. Tanto per fare un esempio non casuale, nell’inchiesta Diaz i pm conoscevano i reparti impiegati nell’operazione – senza bisogno dei codici di Alfano – ma non sono riusciti a identificare i singoli autori delle violenze, perciò gli abusi alla scuola Diaz sono rimasti in gran parte impuniti, portando l’Italia alla condanna alla Corte di Strasburgo.

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In sintesi, stiamo assistendo a una penosa vicenda politica, nella quale il nostro governo, anziché rispettare le prescrizioni della Corte europea, tenta di ridurre l’impatto delle sue annunciate sentenze: meno sono, meglio è. I 45 mila euro offerti alle vittime di Genova G8 sono il prezzo da pagare all’analfabetismo democratico della politica italiana.

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Con Mario davanti al carcere di Alessandria in solidarietà ai compagni arrestati durante il G8

L’obiettivo è minimizzare la figuraccia; la sostanza non conta. Chissenefrega se abbiamo regole inadeguate; se abbiamo forze di polizia insofferenti alle regole correnti nelle altre democrazie europee; se decine di persone, umiliate oltre ogni misura nel luglio 2001 alla Diaz e a Bolzaneto, sono costrette a rivolgersi a Strasburgo per tentare di spingere il vile parlamento del proprio paese ad assumersi le responsabilità che gli spettano.

 

 

Fonte: Lorenzo Guadagnucci, da altreconomia.it

Foto: Archivio Invictapalestina

(12 gennaio 2016)

Ambasciatore NO – Blindati SI

Dilma Roussef si è detta contraria alla nomina di Dani Dayan, ex capo dei coloni nei territori della West Bank, come ambasciatore israeliano a Brasilia. (1)

Sale la tensione tra Brasile e Israele dopo la decisione da parte della presidente Dilma Roussef di non procedere alla ratifica della nomina del nuovo ambasciatore israeliano nel Paese.

Il nome prescelto da Benjamin Netanyhau e dal suo governo infatti è quello di Dani Dayan, per anni a capo del Yesha Council, l’organo che rappresenta le colonie israeliane nei territori della West Bank. Il governo brasiliano avrebbe fatto suggerito in queste ore a Israele di indicare un altro nome, al fine di evitare lo spiacevole quanto inconsueto diniego del cosiddetto gradimento diplomatico.

 

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Intanto il Brasile acquista mezzi blindati da israele. (immagine fissa estratta da un video)

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Articolo sugli affari israele/Brasile su giornale israeliano in spagnolo.

El GUARDER de Plasan es un vehículo blindado 4X4 con un funcionamiento de los más altos del mundo que puede transportar hasta 24 combatientes. (2)

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Está diseñado para satisfacer una amplia gama de retos apoyando diversas misiones de seguridad nacional: aplicación de la ley urbana, disturbios civiles, disturbios y saqueos en masa, operaciones especiales, patrullas de mantenimiento de la paz, operaciones militares y operaciones policiales, incluyendo actividades contra el crimen organizado.

Su gran capacidad de maniobrabilidad reduciendo el diámetro de giro, le permite operar de manera efectiva en zonas urbanas y rurales en condiciones fuera de carretera y caminos sin asfaltar.

El GUARDER de Plasan fue seleccionado por la policía del Estado de Sao Paulo para apoyar a sus unidades especiales otorgando refugio y protegiendo a las tropas en sus misiones, mejorando el servicio a los ciudadanos del Estado de Sao Paulo.

La policía brasileña del Estado de Sao Paulo ha ordenado seis vehículos blindados de alto rendimiento “misión lista”. Diseñado para llevar a 24 policías, además de la tripulación, techo y lateral con la característica armadura de Plasan GUARDER STANAG 3 normas, con protección bajo el suelo, y nuevas características operativas.

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About US dal sito http://www.plasan.com, trad. Giuseppe Dard.

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Per aggiornamenti dal Brasile:

http://carlinhoutopia.wix.com/carlinhonews

 

 

(1) http://it.sputniknews.com/politica/20151228/1797026/brasile-rifiuta-nomina-ambasciatore-israeliano.html

(2) fonte: http://www.aurora-israel.co.il/articulos/israel/Economia/61500/

le 2 foto con i Guarder e altri dettagli visibili su: http://tudoporsaopaulo1932.blogspot.it/2015/09/guarder-o-novo-veiculo-blindado-da.html