Decimo anniversario dell’attacco a Gerico e del rapimento di Sa’adat: Il tempo non cancella il crimine

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 14 MARZO 2016

In questo stesso giorno, nel 2006, dieci anni fa, le forze sioniste pesantemente armate, fecero irruzione nella prigione di Gerico con i carri armati e vari tipi di armi in un piano premeditato, con la piena complicità di forze britanniche e statunitensi. Attaccarono la prigione e arrestato Ahmad Sa’adat, Segretario Generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, e alcuni suoi compagni accusati dell’assassinio del funzionario sionista Rehavam Ze’evi in ​​risposta all’assassinio di Segretario Generale dell’FPLP Abu Ali Mustafa, Ahed Abu Ghoulmeh, Majdi Rimawi, Hamdi Corano e Basil al-Asmar.

Dieci anni dopo questo crimine, la Campagna per la Libertà di Ahmad Sa’adat ribadisce ancora una volta che questo crimine, oltre ad essere un capitolo dei più criminali del sionismo contro il popolo palestinese e i suoi leader, è stato anche un intervento sleale da parte della  Autorità palestinese. La ricerca, l’intrappolato e la persecuzione di Ahmad Sa’adat e dei suoi compagni da parte della AP, la  loro detenzione  nella prigione di Gerico sotto la sorveglianza di Stati Uniti e UK, sono stati tutti fattori che hanno contribuito all’assalto della prigione e all’arresto dei compagni da parte delle forze di occupazione.

La leadership dell’Autorità Palestinese e delle sue forze di sicurezza hanno avuto un ruolo importante in questo crimine e tuttavia continuano  quotidianamente  a perseguire questi crimini continuando il coordinamento della sicurezza con le forze di occupazione. Queste forze di sicurezza a livello istituzionale hanno un ruolo funzionale che non è mai stata la difesa  del popolo palestinese e la protezione della resistenza, ma invece agiscono nell’interesse dell’occupazione e al servizio dei suoi obiettivi e piani strategici.

Le circostanze dell’attacco alla prigione di Gerico sono simili a l’assassinio del combattente martire, Omar Nayef Zayed, all’interno dell’ambasciata palestinese in Bulgaria, dimostrando la chiara complicità dell’Autorità  oltre al fatto che non si è fatto nulla per cambiare le sue pratiche negli interessi del popolo palestinese.

Noi affermiamo oggi che non abbiamo dimenticato questo crimine, e che il suo impatto non è diminuita con il passare del tempo. Siamo certi che il popolo palestinese e i loro consigli rivoluzionari  riterranno tutti costoro responsabili e complici di questi crimini.

 

trad. Invictapalestina.org

Fonte: http://freeahmadsaadat.org/2016/03/14/tenth-anniversary-of-the-attack-on-jericho-and-the-kidnapping-of-saadat-time-does-not-erase-the-crime/

Le compagnie palestinesi protestano contro la decisione d’Israele di bandire i loro prodotti

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Prigione di Ofer (Ma’an, immagini di repertorio)

13 Marzo 2016

RAMALLAH (Ma’an) — Le truppe israeliane hanno usato gas lacrimogeni per reprimere una marcia organizzata da cinque compagnie palestinesi di prodotti alimentari che si è tenuta domenica accanto alla prigione israeliana di Ofer, nel territorio illegalmente occupato della West Bank.

Le compagnie hanno protestato parcheggiando i propri camion accanto alla prigione in seguito alla decisione delle autorità israeliane di bandire l’ingresso dei loro prodotti in Gerusalemme e in Israele.

Un portavoce dell’esercito israeliano non ha voluto rispondere alla richiesta d’informazioni a proposito della protesta.

Mercoledì scorso Israele ha informato le compagnie che ai loro prodotti sarebbe stato vietato l’ingresso attraverso il valico commerciale di Beitunia.

Il direttore del marketing per la compagnia Hamoda, Fadi Abu Hilweh, sabato pomeriggio ha raccontato a Ma’an che le truppe israeliane presenti al valico hanno costretto i camion di cinque compagnie a tornare indietro già a partire da mercoledì.

Il direttore di Hamoda, Ameer Haddad, ha riferito a Ma’an che Hamoda, insieme alle compagnie al-Juneidi prodotti alimentari e caseari, al-Rayyan prodotti caseari, Salwa Foods e Siniora Food Industries, hanno parcheggiato i propri camion presso la prigione per protestare contro il divieto e “le terribili conseguenze di questa decisione”.

Haddad ha aggiunto che le compagnie esportavano i propri prodotti a Gerusalemme grazie ad accordi presi con Israele e che il divieto è privo di qualsiasi fondamento ed ha annunciato che le compagnie continueranno a protestare finché le autorità israeliane non cancelleranno la decisione.

Abu Hilweh sostiene che alle compagnie non sia mai stata notificata ufficialmente alcuna decisione di bandire i loro prodotti da Israele e che sono rimasti sopresi quando, mercoledì scorso, i soldati israeliani al valico commerciale di Beitunia hanno negato l’ingresso dei propri prodotti. Circa il 50% della produzione delle cinque compagnie è destinato ai consumatori palestinesi nella Gerusalemme Est occupata e nelle comunità palestinesi presenti in Israele. Se questo divieto continuerà, si prevede che le compagnie potrebbero perdere circa 1.2 miliardi di shekels (309,5 milioni di dollari) all’anno.

Hamoda ha già notificato ai suoi fornitori di latte di fermare la produzione finché il divieto non verrà ritirato. Abu Hilweh prevede che le cinque compagnie saranno costrette al licenziamento di un ampio numero di lavoratori se il divieto continuerà ed ha comunicato di essere rimasto sorpreso quando le autorità israeliane hanno informato le compagnie che la decisione di bandire i loro prodotti sia una decisione “politica” e che all’autorità palestinese tale decisione fosse già stata notificata sei mesi fa.

Un funzionario del Ministero Palestinese dell’Economia, che ha richiesto di restare anonimo, ha riferito a Ma’an che nessuna decisione del genere è mai stata notificata al ministero.

” Il ministero sta studiando il caso, che avviene in aperta rottura con i Protocolli di Parigi”, ha dichiarato il funzionario, facendo riferimento ad un accordo siglato nel 1995 tra l’OLP ed Israele che stabilisce regole e procedure delle relazioni economiche tra la West Bank occupata ed Israele.

Il giurista palestinese e Segretario Generale della Iniziativa Nazionale Palestinese, Mustafa Barghouthi, ha detto che l’Autorità Palestinese dovrebbe rispondere alla decisione israeliana bandendo i prodotti israeliani dall’ingresso ai mercati palestinesi.

Secondo i protocolli, gli accordi commerciali bilaterali tra Israele ed altre parti sono considerati validi nella West Bank occupata, ciò nonostante Israele impedisce l’importazione di molti prodotti palestinesi nel mercato israeliano.

Un sondaggio condotto nel Giugno 2015 dal Palestinian Center for Policy and Survey Research dice che la schiacciante maggioranza degli intervistati nella West Bank e nella Striscia di Gaza, ben l’86%, dichiara di supportare le campagne di boicottaggio dei prodotti israeliani.

trad. L. Pal – Invictapalestina

fonte: https://www.maannews.com/Content.aspx?id=770679

Palestinese vince premio per l’insegnamento da un milione di dollari.

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L’immagine mostra Hanan Al Hroub che insegna ai bambini rifugiati

 

By Sean Coughlan, 13 marzo 2016

 

Una insegnante palestinese ha vinto un milione di dollari in un premio internazionale per l’insegnamento. Il riconoscimento è stato annunciato da Papa Francesco in un video.

Hanan Al Hroub è cresciuta in un campo per rifugiati palestinesi e adesso insegna a questi stessi rifugiati. È specializzata nel supporto ai bambini traumatizzati dalla violenza.

La vincitrice è stata annunciata durante una cerimonia di premiazione a Dubai, con un videomessaggio di congratulazioni mandato dal principe William.

Il Papa Francesco ha mandato a sua volta un messaggio in cui ha sostenuto che questi insegnanti sono ” i costruttori della pace e dell’unità”.

La signora Al Hroub ha poi detto agli spettatori che “gli insegnanti sono capaci di cambiare il mondo.” e il principe William ha citato “l’incredibile responsabilità” degli insegnanti.

C’è stato anche un finalista britannico, Colin Hegarty, un professore di matematica da Londra che ha creato un sito internet interattivo con lezioni di matematica online.

I finalisti del Global Teacher Prize comprendono insegnanti da India, Kenya, Finlandia e dagli Stati Uniti.

Creato dalla Varkey Foundation, la sezione filantropica della società scolastica internazionale GEM, il premio e la cerimonia in stile Oscar hanno lo scopo di innalzare lo status della professione educativa.
Il pubblico dell’evento includeva anche stars di Hollywood come Salma Hayek e Matthew McConaughey e personalità politiche, tra le quali l’ex primo ministro britannico, Tony Blair, ed il vicepresidente degli Emirati Arabi, lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum.

I primi 10 finalisti sono stati invitati sul palco da un videomessaggio del fisico Stephen Hawking ed hanno ricevuto le congratulazioni in un videomessaggio dal vicepresidente statunitense, Joe Biden, e dall’ex presidente americano, Bill Clinton.

Gli altri finalisti erano:

•Maarit Rossi, dalla Finlandia, che ha sviluppato un proprio metodo per insegnare la matematica. La Finlandia ha alcuni dei migliori risultati mondiali nei test internazionali ma le scolaresche della signora Rossi ricevono risultati di alto livello persino se comparati agli standard finlandesi.

•Aqeela Asifi, arrivata in Pakistan come rifugiata dall’Afghanistan. Insegna alle bambine rifugiate nelle scuole che ha essa stessa creato.

•Ayub Mohamud, insegnante di economia dal Kenya, è arrivato in finale grazie ad un progetto ideato per evitare l’estremismo violento e la radicalizzazione.

•Robin Chaurasiya da Mumbai, in India. Ha fondato un’organizzazione per educare e supportare le adolescenti dei quartieri a luci rosse della città.

•Richard Johnson, un insegnante di scienze da Perth in Australia, che ha ideato un laboratorio di scienze per bambini delle scuole elementari.

•Michael Soskil dalla Pennsylvania, negli Stati Uniti, già vincitore del Premio Presidenziale per l’Eccellenza nell’Insegnamento della Matematica e delle Scienze. È stato in grado di motivare i suoi alunni mettendoli in collegamento con progetti provenienti da tutto il mondo.

•Kazuya Takahashi, dal Giappone, ha sviluppato sistemi innovativi per insegnare le scienze ed incoraggiare alla cittadinanza globale.

•Joe Fatheree, dall’Illinois negli Stati Uniti, è stato un pioniere nell’insegnare progetti attraverso l’uso di stampanti tridimensionali, della tecnologia dei droni e usando videogiochi come Minecraft.

Sunny Varkey, fondatore della Varkey Foundation, ha spiegato alla conferenza educativa internazionale che il premio è stato ideato per aumentare il riconoscimento pubblico dell’importanza della figura dell’insegnante.

“La mia speranza è che i bambini di tutto il mondo guardino la cerimonia di domenica e pensino a ciò che gli insegnanti fanno per loro.” ha detto Varkey.

 

trad. L. Pal – Incixtapalestina

Fonte: http://www.bbc.com/news/education-35798117

La compagnia di cosmetici israeliana Ahava sta per lasciare la West Bank grazie alla campagna BDS

Venerdì 11 Marzo 2016

La compagnia israeliana di cosmetici Ahava sarebbe sul punto di trasferire i propri impianti di produzione dalla West Bank al territorio israeliano compreso nei confini precedenti al 1967.

Negli ultimi anni, la compagnia era stata presa di mira dalla campagna pro-palestinese di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) a causa della posizione della sua fabbrica nell’insediamento illegale di Mitzpeh Shalem.

Secondo quanto riportato, la nuova sede, come quella attuale, sarà situata sulle rive del Mar Morto e non più sul territorio palestinese occupato.
Una dichiarazione di Ahava annuncia che il trasferimento sarebbe stato progettato per “stabilire un impianto aggiuntivo” in risposta alle “crescenti necessità di produzione”. Il quotidiano israeliano Ha’aretz ha sottolineato la dichiarazione secondo cui non sarebbe esplicitamente confermata la chiusura dello stabilimento nella West Bank ma che si assume che la cosa avvenga.

Yedioth Ahronoth, che ha annunciato il trasferimento sotto il titolo ” Ahava sposta lo stabilimento via dalla West Bank in seguito alle pressioni del BDS”, ha raccontato che il trasferimento servirà a mitigare le difficoltà che la compagnia ha affrontato a causa del boicottaggio europeo delle merci prodotte nella West Bank.”

Nel 2011 Ahava aveva chiuso il suo negozio principale situato a Londra a Covent Garden in seguito a mesi di proteste da parte dei gruppi in solidarietà con la Palestina, durante una campagna internazionale di sette anni contro la società commerciale.

In risposta a quanto annunciato, il gruppo di attiviste CodePink Women For Peace ha evidenziato ” il lavoro appassionato di una coalizione internazionale di attivisti per i diritti umani ( dagli Stati Uniti al Regno Unito, dall’Olanda al Sud Africa, dalla Palestina ed Israele alla Francia) che hanno organizzato proteste fin dal 2009 contro le violazioni delle leggi internazionali da parte di Ahava.”
Il gruppo ha annunciato che gli attivisti continuerano a “fare pressioni su Ahava finché lo stabilimento sarà completamente smantellato” aggiungendo che ” resta ancora da vedere se Ahava, adesso nelle mani della conglomerazione societaria cinese Fosun, smetterà di saccheggiare il fango dalle rive del Mare Morto in corrispondenza dell’insediamento israeliano di Kalya, illegalmente occupato, come hanno continuato a fare fino ad ora.”

La decisione di Ahava di lasciare la West Bank segue i precedenti di altre aziende, come Sodastream, che ha spostato gli impianti da un insediamento nella West Bank al Negev, di Beigel Beigel di Unilever, del produttore di vini Barkan e della fabbrica svedese di serrature Mul-T-Lock.

Trad. L. Pal-Invictapalestina