La mattina del 20 luglio intorno alle ore 11 si verificato un grave attentato a Suruc,città turca sud-orientale a soli 10 km da Kobane.
Comunicato stampa – GRAVE ATTENTATO A SURAC
Questa mattina attorno alle ore 11 si verificato un grave attento a Suruc nella provincia di Urfa.
Dalle prime notizie ricevute dalla municipalità di Suruc, erano arrivati 300 esponenti della Federazione dei giovani socialisti da Istanbul per sostenere la ricostruzione di Kobane. Avevano avanzato una richiesta ufficiale alla prefettura di Suruc per poter entrare a Kobane,ingresso che non è stato autorizzato.Leggi tutto “Comunicato UIKI Onlus sull’attentato a SURUC”
Alaa Megdad e Majed Kaloub sono “dottori clown”, che intrattengono i bambini malati.
Per un anno hanno lavorato insieme per rallegrare i bambini della guerra di Gaza e anche se il loro finanziamento sarà presto esaurito – i due con grande generosità staranno ancora vicini ai bambini come volontari, lo racconta la giornalista Celia Peterson.
“Hanno bisogno di noi più di quanto ne abbiamo bisogno noi stessi”, ha spiegato Majed
Servizio di CELIA PETERSON A GAZA PER MailOnline
Al culmine della devastante guerra a Gaza, un uomo ha indossato un vestito da clown per schivare così proiettili e granate.
Alaa Megdad ha mantenuto il suo travestimento perché sperava che lo avrebbe protetto dai razzi durante il devastante conflitto di 50 giorni. Sperava che gli israeliani non avrebbero sparato ad un uomo vestito con un naso rosso, occhiali oversize e un cappello colorato.
In questo non c’è niente da ridere. Alaa prende seriamente il suo lavoro. Alaa veste come un clown per allietare i bambini malati che vivono attraverso gli orrori della guerra a Gaza. Leggi tutto ““Abbiamo visto bambini senza mani e gambe”: come due “dottori clown” sono riusciti a far ridere i bambini di Gaza evitando proiettili e granate.”
Approvata dal Senato accademico dell’Università Statale di Milano, la proposta di conferimento della laurea honoris causa in Lingue e culture per la comunicazione e la cooperazione internazionale allo scrittore israeliano Amos Oz.
Il conferimento avverrà il 29 gennaio 2016 nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico del nostro Ateneo.
Nato a Gerusalemme nel 1939, Amos Oz è uno dei massimi romanzieri contemporanei. La sua opera si caratterizza non solo per la grande qualità estetica, ma anche per il profondo impegno politico-morale, volto a favorire l’integrazione fra popoli e culture.
GAZA CITY (Ma’an) – Um Bilal al-Ghoul quest’anno trova difficoltà a celebrare la festa di Eid, dopo aver perso la maggior parte della sua famiglia colpita da un aereo israeliano, durante la devastante guerra di Gaza della scorsa estate.
Il 3 ago 2014 10 membri della sua famiglia muoiono e 20 rimangono feriti dopo un singolo attacco israeliano sulla sua casa a Rafah nel campo profughi di Yibna, densamente popolato
Um Bilal ha perso il marito Wael e tre dei loro figli.
La madre di Wael, il padre, il fratello, e due sorelle sono uccisi durante l’attacco. Ibrahim, Il figlio più giovane di Um Bilal, ha perso suo fratello gemello, Mustafa, i gemelli erano nati pochi giorni dopo l’inizio dell’offensiva israeliana.
Asmaa al-Ghoul, un giornalista che vive a Gaza City e parente di Um Bilal, aveava scritto un post su Facebook dopo la loro nascita: “A Gaza, c’è sempre speranza e nuova vita. Una porta di luce e di felicità in mezzo a questa guerra.”
Quest’anno, però, la madre è in lutto e ha rifiutato di festeggiare il primo compleanno di Ibrahim senza il suo fratellino. Suo figlio maggiore Bilal ha tentato di persuaderla a fare diversamente, dicendole che “la ferita sebbene ancora sanguinante, quelle dei bambini erano guarite.”
Um Bilal ha riferito a Ma’an: “Ibrahim non sente la sofferenza che sentiamo noi, ma Eid quest’anno è ancora triste e difficile, oltre al fratello gemello Mustafa, non c’è più il padre, il fratello Ismail, e sua sorella Malak.”
L’ultimo ricordo di Um Bilal è quello del marito che stava tornando a casa con una aringa , su richiesta dei loro figli che erano in piedi e lo aspettavano con ansia davanti alla porta.
“Non saranno con noi quest’anno”, ripete Um Bilal a Ma’an, che sa che trascorrerà gran parte del suo tempo futuro per ricordare Ibrahim, suo padre e i suoi fratelli attraverso le fotografie.
Dopo l’attacco dello scorso anno, Asmaa ha scritto un articolo su Al-Monitor ricordando la morte dei suoi parenti, nessuno dei quali ha avuto nulla “a che fare con Hamas”.
Ha raccontato che la casa “aveva un tetto di asbesto sottile che non richiedeva due missili F-16 per essere distrutto”.
“Qualcuno informerebbe Israele che le case del campo profughi si possono distruggere ed i loro occupanti uccisi, e che basta solo una piccola bomba senza spendere miliardi per far in modo che sia poi tutto dimenticato?”
Asmaa ha scritto che durante la guerra i corpi si trovavano ovunque, era evidente che molti si erano lasciata la vita alle spalle. “Ancora più importante, hanno lasciato la paura della guerra alle loro spalle.”
La guerra della scorsa estate è stata la terza a Gaza in sei anni, e di gran lunga la più mortale e distruttiva delle tre. Il commissario generale dell’agenzia Onu Unrwa, Pierre Krahenbuhl, all’inizio di questo mese ha dichiarato che le cause alla radice del conflitto rimangono ancora sconosciute.
Ha ancora affermato che “La disperazione, la miseria e la negazione della dignità derivante dalla guerra dello scorso anno e dal blocco, sono una realtà della vita per la gente comune di Gaza”. .
Grandi spazi di Gaza restano in rovina e il lavoro per la ricostruzione di circa 18.000 case totalmente distrutte durante la guerra non è ancora iniziato.
Che i Jackal fossero dei coglionazzi lo pensavo da tempo. Oggi è arrivata l’ennesima conferma. L’ultima loro “parodia” – ovviamente ripresa dalla SCHIFOSA “la repubblica” – della bambina palestinese che PIANGE di fronte ad una impassibile Merkel è disgustosa, non fa ridere e genera solo tanta rabbia.
Eppure il video originale avrebbe dovuto farci tutti incazzare: la giovane Rim piange perché dopo 4 anni vissuti in Germania, nonostante abbia appreso la lingua del posto, nonostante i sacrifici della famiglia, nonostante, immaginiamo, si sia fatta degli amichetti, sarà a breve deportata insieme ai suoi genitori, cacciati dalla civilissima Europa. Come se gli esseri umani fossero dei pacchi privi di sentimenti e umanità di cui ce ne si può disfare quando è scaduto il pezzo di carta che li rende “legali”. E’ ormai così poco il valore umano che il capitale assegna ai nostri corpi
Di fronte all’umanità di Rim, il suo sogno di poter studiare all’università “come tutti” si contrappone la freddezza della Merkel, uno dei principali simboli del capitalismo europeo e dell’arroganza occidentale, la cui disumanità appare ancora più evidente quando, goffamente, prova a mostrarsi più umana avvicinandosi alla piccola palestinese. Ma il capitale non sa cosa significa piangere, non sa cosa sono i sentimenti e ignora l’umanità: e così la Merkel non offre nulla a Rim, non un parola d’amore, non una carezza, non ci pensa nemmeno per un attimo a realizzare il sogno della bambina di poter studiare. Piuttosto con freddezza e rigidità, con sguardi privi di vita le fa capire che le porte dell’ospitalità del suo Paese sono ormai chiuse annunciandole di fatto il ritorno al claustrofobico campo profughi in Libano. Ghetto in cui i nonni di Rim e in seguito i suoi familiari, vale la pena ricordarlo, sono stati costretti a vivere a causa della pulizia etnica compiuta dallo stato d’Israele (e le complicità dei paesi arabi).
Non dovremmo ridere di fronte al dramma umano di Rim. E non perché “è una bambina che piange” come spesso si sente dire scioccamente. Ma perché le sue lacrime dovrebbero essere le nostre, sono le lacrime degli emarginati di questi terra piegati dalla stessa freddezza e dalle barbarie del sistema capitalistico (e imperialista) ben rappresentati dagli occhi senza espressione della Merkel. Sono le lacrime delle centinaia di migliaia di greci che perderanno il lavoro “per restare in Europa”, le lacrime dei nostri disoccupati, precari e gli sfruttati nelle nostre città. Dovremmo sentirci tutti Rim, dovremmo tutti sentirci palestinesi dei campi profughi. Dovremmo provare rabbia di fronte a queste immagini perché arriva il momento nelle nostre vite in cui il riso deve farsi necessariamente da parte.
La satira è un’arte elevatissima, troppo per un gruppo di fighetti napoletani che giocano spesso parlando di politica. La cosa grave su cui tutti ci dovremmo interrogare non è tanto cosa facciano questi cialtroni, ma perché alla rabbia per Rim, molti di noi sostituiranno le risate procurate dalla loro “parodia”.
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