27 ottobre 2015 – Di Ramzi Baroud- Middle East Monitor
Ramzy Baroud è un giornalista di fama internazionale, scrittore e fondatore di PalestineCronicle.com. Il suo ultimo libro è “Mio padre era un combattente per la libertà: la storia non raccontata di Gaza”
Saeb Erekat è un personaggio enigmatico. Nonostante la sua popolarità sia al minimo tra i palestinesi, lui è onnipresente, appare regolarmente in televisione e parla con l’autorità morale di un leader esperto la cui nomea è quella di essere ricco di riconoscimenti e di una visione scaltra e decisa. Quando è stato fatto un sondaggio tra i palestinesi dal Centro di informazioni e comunicazioni di Gerusalemme (JMCC) in agosto, appena prima dell’attuale intifada, solo il 3% approvava la sua leadership – in confronto al tasso di approvazione, pur sempre misero, del 16% del suo capo, il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas. Anche coloro che vengono spesso indicati come leader alternativi – il capo di Fatah, Marwan Barghouti e l’ex primo ministro del governo di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh – risultavano poco popolari, arrivando rispettivamente al 10,5% e al 9,8% dei consensi.
E’ come se i palestinesi dicessero, soprattutto alle loro leadership tradizionali, che ne hanno abbastanza della vecchia retorica, delle continue delusioni, della sfacciata corruzione e della vera e propria cultura della sconfitta che ha permeato la dirigenza politica palestinese per una generazione intera. Abbas ha condotto la propria politica nella convinzione che, finché i palestinesi ricevono il loro salario mensile e si accontentano delle sue vuote promesse ed occasionali minacce – di dimettersi, di resistere contro Israele, di preparare interventi clamorosi alle Nazioni Unite, ecc. – nessuno probabilmente minaccerà il suo potere nelle Aree A e B [in base agli accordi di Oslo, zone sotto il totale o parziale controllo dell’ANP. N.d.t.]– piccole porzioni della Cisgiordania e di Gerusalemme occupate.
Erekat è stato il principale attore della farsa dell’ANP, dato che è il “capo negoziatore”, la cui lunga permanenza in quella dubbia funzione non è servita a negoziare niente di valido per i palestinesi.
Nel 2002 ho seguito l’invasione israeliana delle aree cosiddette semiautonome dell’ANP in Cisgiordania, quando Erekat ha fatto un appello alla televisione araba Al-Jazeera al governo di Israele perché usasse ragionevolezza e buonsenso. Ciò che tutta la leadership dell’ANP ha messo in scena è stato oltremodo tragico, la prova che non esercitava alcuna vera autorità e nessun controllo sugli avvenimenti sul campo, mentre i militanti palestinesi lottavano contro la nuova invasione dell’esercito israeliano. Lui si è appellato ad Israele come se si sentisse davvero ingannato dal suo attacco militare.
Quando nel gennaio 2011 Al-Jazeera ha pubblicato migliaia di documenti, che rivelavano colloqui a porte chiuse tra negoziatori israeliani e palestinesi, a Erekat è stata addossata gran parte della colpa. Con un chiaro mandato dei suoi superiori, è apparso indifferente a molte aspirazioni politiche palestinesi, compresa la sovranità palestinese su Gerusalemme est occupata – la scintilla dell’attuale Intifada e di quella precedente. Ha offerto ad Israele “la più grande Gerusalemme della storia ebraica, il ritorno di un numero simbolico di rifugiati, uno stato smilitarizzato…che cosa posso dare di più?” è stato riportato sui Palestine Papers [oltre 1700 documenti segreti dell’ufficio di.Erekat pubblicati da Al Jazeera e da “The Guardian”. Nd.t.].
Quel che è particolarmente interessante di Erekat, e parimenti della maggior parte dei leaders e dirigenti dell’ANP, è che, indipendentemente da quanto il loro ruolo – che continuano a svolgere, sia attraverso l’incompetenza politica che la corruzione totale – sia disastroso, non sembra che abbiano intenzione di andarsene. Possono cambiare posizione, spostarsi nella stessa cerchia di leadership fallimentare, ma tendono a tornare a galla e riproporre lo stesso vecchio linguaggio, i vecchi cliché, le vuote minacce e promesse.
Dopo essersi ritirati per alcune settimane, quando i giovani dell’intifada hanno invaso le strade per protestare contro l’occupazione israeliana, i portavoce dell’ANP, compreso Erekat, sono ora di nuovo sulla scena, parlando di opportunità di pace sprecate, dei due stati e tutto l’inutile discorso, come se la pace fosse davvero a portata di mano e se la cosiddetta “soluzione dei due stati” fosse davvero una soluzione.
In una recente intervista alla trasmissione ‘UpFront’ di Al-Jazeera, Erekat ha ammonito che l’ANP era sull’orlo della chiusura, come se l’esistenza stessa dell’ANP fosse di per sé un valore. Istituita nel 1994 come apparato politico provvisorio che avrebbe guidato il processo di indipendenza della Palestina, l’ANP ha cambiato pelle diventando uno strumento di sicurezza che funzionava come prima linea di difesa per l’esercito israeliano, oltre che come difesa dei propri interessi. Miliardi di dollari dopo, e dopo un intensivo addestramento militare fornito da Stati Uniti, Regno Unito, Italia ed altri paesi occidentali e arabi “moderati”, le forze di sicurezza dell’ANP hanno compiuto uno splendido lavoro di repressione di ogni dissenso tra i palestinesi. Quindi perché Erekat mette in guardia sul collasso dell’ANP come se la deplorevole leadership di Ramallah fosse al centro di tutte le aspirazioni dei palestinesi? “Abbastanza presto Netanyahu si troverà ad essere l’unico responsabile tra il fiume Giordano ed il Mediterraneo, poiché sta distruggendo l’Autorità Nazionale Palestinese”, ha detto Erekat. E allora? Secondo le Convenzioni di Ginevra che definiscono Israele Potenza Occupante, Netanyahu è sicuramente responsabile per il welfare, la sicurezza e il benessere dei palestinesi occupati, fino a quando un’equa soluzione politica non sarà garantita ed imposta dalla comunità internazionale.
Usando la stessa tattica che, d’accordo con Abbas ed altri dirigenti dell’ANP, è stata ripetutamente utilizzata nel passato, ha pronosticato che “presto, molto presto, conoscerete alcune decisioni” riguardo allo scioglimento dell’ANP.
Poco importa quale Erekat e il suo entourage di Ramallah decidano che sia il corretto comportamento. Non solo il suo linguaggio è diventato obsoleto e le sue raccomandazioni irrilevanti, ma l’intera farsa del ‘processo di pace’ di Oslo – che ha dato luogo a nient’altro che nuovi insediamenti illegali e vessazioni militari – è morta molto tempo fa. In effetti è stata l’intifada del 2000 ad uccidere Oslo e i dieci anni tra la fine di quella rivolta e l’avvio di una nuova sono stati occupati da mere discussioni e disperati tentativi di mantenere in vita un ‘processo’ che ha reso alcuni palestinesi corrotti enormemente più ricchi.
La speranza è che l’attuale intifada cancellerà i residui di quel processo defunto ed andrà oltre l’ANP, non attraverso atti di violenza e vendetta, ma piuttosto stabilendo una nuova leadership gestita da uomini e donne capaci che sono nati nel pieno della resistenza palestinese, in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme. La nuova leadership non può essere imposta dall’alto o ottenuta in seguito ad una decisione presa insieme agli arabi ‘moderati’, ma deve essere scelta con un processo organico, che parte dalla base ed è estraneo alle fedeltà di fazione, alla fede religiosa, al sesso e all’albero genealogico.
Le intifada palestinesi non liberano la terra, ma liberano il popolo, che assume il proprio ruolo nella lotta per la liberazione nazionale. L’intifada del 1936 ha liberato i contadini fellahin dalle briglie dei clan dominanti e dalle loro alleanze con i regimi arabi, in modo che hanno potuto far fronte agli inglesi e ai sionisti; l’intifada delle pietre del 1987 ha liberato il popolo dalla stretta delle fazioni che si trovavano [in eslio] in Tunisia, da cui la costituzione della leadership nazionale unificata dell’intifada insieme ad Hamas; l’intifada del 2000 è stata un contrastato tentativo di porre fine ai peccati di Oslo e della sua elite al potere. Perché l’attuale intifada possa ottenere qualche successo iniziale, deve trovare il modo di eliminare del tutto coloro che arrogano a sé il compito di negoziare i diritti dei palestinesi e si arricchiscono a spese del popolo palestinese impoverito ed oppresso.
Se l’intifada è fedele a sé stessa, deve cercare non solo di spezzare l’egemonia sulla discussione politica palestinese che è condotta scorrettamente da Erekat e dai suoi soci, ma anche di spezzare i confini politici, unendo tutti i palestinesi intorno ad una nuovo programma politico.
Ci sono molti opportunisti che sono pronti a cavalcare l’attuale mobilitazione in Palestina per usare i sacrifici del popolo come gli conviene e, alla fine, ritornare allo status quo come se non fosse stato versato del sangue e non ci fosse più l’oppressione.
Dopo aver ribadito il suo appoggio alla soluzione dei due stati, che ora non è che un pallido miraggio, Erekat ha detto ad Al-Jazeera: “Sosteniamo pienamente il nostro popolo ed il suo grido di libertà.”
Non lo credo, signor Erekat. Venti anni sono lunghi abbastanza per dimostrare che coloro che hanno preso parte all’oppressione del proprio popolo non possono essere i difensori della sua libertà.
Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale dell’Agenzia Ma’an News.
(Traduzione di Cristiana Cavagna)
fonte: https://www.middleeastmonitor.com/articles/middle-east/21878-confronting-the-obvious-truth-palestinian-authority-vs-the-people