Dalla Pagina Facebook di Alessandro Dal Lago
Si possono condividere o no i metodi di lotta politica e sociale che Luca Casarini ha adottato, soprattutto in passato. Ma affibbiargli i domiciliari e proibirgli per tre mesi ogni contatto con il mondo esterno perché “avrebbe rapporti con la criminalità organizzata e non” è un esempio di quella giustizia penale afflittiva e spesso vendicativa tipica del nostro paese. Il reato – occupazione di una casa popolare – è irrisorio e la pena insensata e inutile. Ecco un caso in cui è indispensabile il dovere civico di criticare le sentenze quando violano il buon senso e minime esigenze di giustizia sostanziale. La magistratura, per non parlare delle forze di polizia che istruiscono le pratiche, è composta da persone dotate di un enorme potere discrezionale quando interpretano la legge. In questo caso Luca Casarini ha subito un torto, a dir poco. Chi conosce Luca sa benissimo che si è sempre opposto alla criminalità organizzata, a maggior ragione in una città come Palermo. Ora, non dubito che sopporterà con pazienza questi tre mesi di segregazione. Ma nel momento in cui gli manifesto la mia solidarietà non posso non pensare a tutti i casi in cui la giustizia si dimostra implacabile contro i deboli e i privi di protezione.
Roberto Ciccarelli – Manifesto [08.06.2016]
Condannato a tre mesi per l’occupazione di una casa sfitta a Marghera, dove ha vissuto per anni, Luca Casarini ha chiesto l’affidamento ai servizi sociali. I giudici glielo hanno negato. Nelle prossime ore Casarini inizierà a scontare la pena agli arresti domiciliari a Palermo, dove vive. «La cosa in sé è piccola – afferma – È importante sottolineare che l’attivismo sociale in questo paese, da Genova in poi, ha ricevuto una sfilza di condanne e repressione. Per molto meno di quello che abbiamo fatto dieci anni fa oggi si prendono dieci anni di galera. Voglio denunciare l’uso disinvolto della repressione contro chi fa attivismo sociale. In Italia e in Francia contro la riforma del lavoro».
Già esponente delle tute bianche e dei disobbedienti, portavoce dei centri sociali del Nord Est, impegnato nella costruzione di «Sinistra Italiana», Casarini ha raccontato i fatti ieri sul suo profilo facebook. Sulla bacheca, inondata da attestati di solidarietà, ha rivendicato le azioni politiche e sociali che hanno portato a quattro anni di condanne cumulative. «Lo rifarei mille e mille volte – sostiene Casarini – Ho occupato una casa perché penso che la battaglia per il diritto all’abitare contro il degrado delle case pubbliche sfitte sia giusta. Bloccherei quel treno carico di armi per la guerra in Iraq per il quale ho preso un anno di reclusione. Manifesterei contro la fiera del Biotech a Genova ancora con Don Gallo, anche se mi è costato un altro anno. Disobbedirei ai centri di detenzione per migranti come feci a Trieste nonostante l’anno e mezzo di condanna».
Casarini ha presentato un’istanza di affidamento sociale al centro diaconale Valdese di Palermo. I tre mesi di pena avrebbe voluto passarli lavorando a un progetto che coinvolge i migranti ospitati nella «Casa del Mirto». La questura di Palermo ha dato un risposta negativa. «Hanno fatto su di me una relazione pessima – ricostruisce Casarini – che si è conclusa con una formula di rito nel caso di un pregiudicato: “Non si escludono contatti con la criminalità organizzata e non”. Detta a Palermo questa frase mi ha fatto impressione. Io la Mafia la combatto, al contrario di molte autorità che siedono nel consiglio regionale o in parlamento. Si devono vergognare per il fatto che lo dicano a me». «Mi dispiace e ringrazio tanto i valdesi – aggiunge – avevamo costruito un progetto in cui potevo rendermi utile, invece di passare tre mesi chiuso in casa. Il tribunale dimostra miopia e cecità rispetto a chi ha bisogno in questo paese. A questi giudici interessava di più la vendetta che la funzione sociale della pena». «Stanno rifiutando gli affidamenti a molti attivisti, non solo a me, con lo stesso meccanismo. Questa cosa deve finire». Casarini ha ricevuto anche il divieto di comunicare con l’esterno durante i tre mesi di domiciliari. «Disobbedirò a questo provvedimento – sostiene – Non lo rispetterò, questo divieto ha il sapore del fascismo, travalica la legalità».
Sinistra italiana ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro della giustizia Andrea Orlando e al ministro dell’Interno Angelino Alfano: «Ci pare incredibile il rifiuto di una misura come l’affidamento ai servizi sociali, uno strumento normalmente concesso, salvo in casi di pericolosità sociale, cosa impossibile per Luca – afferma Nicola Fratoianni, coordinatore nazionale di Sinistra Italiana-Sel – Parliamo di forme di repressione, tra l’altro differite, contro lotte sociali fatte a viso aperto, nulla a che vedere con la criminalità a cui si fa riferimento. Da parte nostra c’è il massimo impegno perché questa assurdità termini il prima possibile».
Giuseppe Pipitone – Il Fatto Quotidiano [08.06.2016]
L’ex leader no global, oggi dirigente di Si, si è visto negare il beneficio e dovrà scontare ai domiciliari una condanna per occupazione abusiva: “Non si escludono collegamenti con la criminalità organizzata e non”. Ma senza alcun elemento di fatto. L’ex leader dei Disobbedienti: “A Berlusconi li hanno dati”.
Due pagine d’informativa che si concludono con una frase scritta in neretto: “Non si possono escludere a priori collegamenti con la criminalità organizzata e non”. È il contenuto della relazione spedita il 25 maggio scorso dalla questura di Palermo al tribunale di sorveglianza di Venezia. Ma nonostante quella frase finale, quell’informativa non riguarda un presunto affiliato a Cosa nostra e nemmeno un boss di mafie straniere che ha trovato riparo in Sicilia. Al contrario l’uomo a cui è dedicata la relazione della questura siciliana è Luca Casarini, storico leader del movimento No Global, dal 2012 residente a Palermo, dove è diventato un dirigente di Sinistra Italiana. È per lui che gli investigatori palermitani non se la sentono di escludere “collegamenti con la criminalità organizzata”, che in Sicilia, altro non è che Cosa nostra. “Dicono sia una frase di rito con la quale concludono le informative, tipo cordiali saluti, ma io la trovo davvero infamante: sia perché ho sempre combattuto Cosa nostra, ma anche perché a Palermo nel quartiere dove abito c’è davvero gente agli arresti domiciliari per reati di tipo mafioso”, dice Casarini al ilfattoquotidiano.it.