FRANCESCO BACHIS* – DOMENICA 15 NOVEMBRE 2015 –
Post apparso sulla Pagina Facebook dell’autore.
A te, giovane studente dal bel baffetto hipster, che all’esame ciarlavi sfuggente alla mia richiesta di un esempio di etnocentrismo. Fuori tempo massimo, io, di esempio, ti propongo questo: etnocentrismo è ciò che ci impedisce di vedere lo stesso sangue rosso nello slavo kitsch e senza baffi volatilizzato sull’aereo a Sharm el Sheikh, nell’operaio arabo dal baffo staliniano dilaniato a Beirut e nel tuo coetaneo francese anche lui dal baffetto hipster abbattuto a Parigi, dentro un locale alla moda, durante un concerto dell’ex chitarrista dei Kyuss. Ed è così potente, questo etnocentrismo, che ci rende inconsciamente daltonici al sangue anche quando, come oggi, questo è versato dalla stessa mano.
A te, giovane donna dalla foto piacente che scrivi di loro, i musulmani o gli islamici come li chiami tu, condividendo le prime pagine di chi li chiama bastardi, chiedendoti come si possano definire umani. Fuori dal tuo thread, io, di umanità, ti propongo questa definizione: la capacità di sentire come propria una ingiustizia commessa contro chiunque in qualsiasi parte del mondo. Ed è così potente, questa umanità, che non ha bisogno di signori e padroni, a volte neanche di dio, e basta a se stessa.
A te, non più giovane uomo che guardi il mondo dalla tua foto profilo, con tuo figlio in braccio. A te, che vomiti odio contro chi pensi sia causa del tuo male di vivere e vuoi la guerra, la pretendi, contro i boia di Parigi. A te che non ammetti a te stesso che quelli di Parigi son gli stessi boia di Beirut e di Sharm el Sheikh. A te daltonico al sangue per scelta, a te, al tuo male di vivere, al nostro male di vivere, non propongo definizioni né esempi.
A te regalo un mitra, un passaporto falso, un satellitare e le mie scarpe da trekking, la mia kefiah e qualche numero di telefono, di amici degli amici degli amici, quelli che vai lì, che poi c’è uno che ti porta da un terzo che ti fa conoscere un altro che ti fa passare la frontiera. Va’ lì, a combattere i boia. Non ci troverai il leghista incazzato, il fascista represso, la miliardaria ingioellata che sputa fiele alla Tv. No, non ci troverai una divisa pulita, neanche un generale o un governante. Non troverai gli aerei di morte che solcano i cieli della Sardegna. Né chi, povero, sputa sul più povero, né chi chiude la porta al prossimo, né sciacalli né guerrafondai delle guerre altrui. Ci troverai, invece, un’altra umanità, che divide il pane. Uomini e donne, ci troverai, stretti in un patto tra liberi, che volontari si adunarono, per dignità e non per odio, decisi a riscattare la vergogna e il terrore del mondo.
Uomo che guardi il mondo dalla tua foto profilo, non ti serberò disprezzo se vorrai rifiutare il mio regalo. Non ti serberò rancore se alla fine non ci vorrai andare là, come è umano e forse giusto che sia. Ma taci, tu che parli di guerra, tu che la pretendi, la guerra. Taci. Dovresti fagli un monumento, a quei compagni, a quell’altra umanità. Che si chiami, ora e sempre, resistenza.
(*) Grazie agli amici sardi che ci hanno proposto “Il colore del sangue e le altre umanità” di Francesco Bachis, Nato nel 1977, dottore di ricerca in Antropologia Culturale, borsista di ricerca presso l’Università di Cagliari, si occupa di identità, migrazioni e razzismo in Sardegna. Suona da quindici anni con il gruppo ska-rocksteady Ratapignata e con altre formazioni.