Haggai Matar, 1 Settembre 2016
L’esercito israeliano spegne la stazione “A-Sanabel” installata a Dura, sostenendo, senza nemmeno fornire alcuna prova, che incita contro gli israeliani. Così è la vita sotto un regime militare.
L’esercito israeliano, nelle prime ore di Mercoledì mattina, ha chiuso la stazione radio palestinese A-Sanabel arrestando cinque dei dipendenti e confiscando le attrezzature. Secondo il portavoce dell’IDF, la stazione è stata chiusa “a causa di trasmissioni che incitano.” Tuttavia, il portavoce IDF non è stato in grado di fornire esempi o statistiche su quali incitamenti.
Secondo il sito di notizie israeliano Ynet, A-Sanabel ha apertamente supportato “danneggiare gli israeliani”, ha elogiato gli attacchi violenti, sostenute le campagne per la ricostruzione delle case demolite di aggressori palestinesi e “promosso la partecipazione a marce di resistenza”.
Cioè, le ragioni fornite da “fonti militari “- senza entrare nei dettagli – includono uno strano mix di incitamento alla violenza e appelli ad azioni del tutto legittime.
Non avevo mai sentito parlare di A-Sanabel prima. Non ho idea di che tipo di contenuti trasmettessero. Avrebbero potuto benissimo fare appelli per l’uccisione di ebrei. Forse. Ma è anche possibile che mandassero in onda notizie e mostrassero la quotidianità, che impiegassero giornalisti per riferire su casi di corruzione locale o per promuovere azioni positive nonviolente, come contestare l’occupazione o riparare il danno provocato dalle punizioni collettive dell’esercito.
Il punto è che non possiamo avere informazioni, dal momento che l’esercito non sente il dovere di fornire dettagli al di là di una dichiarazione generica sulle “trasmissioni che incitano.” L’esercito non sente la necessità di dare spiegazioni delle sue azioni inerenti la stazione radio, i giornalisti che hanno perso il posto di lavoro, o gli ascoltatori.
Lo scorso novembre, quando lo Shin Bet e la polizia chiusero due giornali appartenenti al Movimento Islamico in Israele (le redazioni non sono mai state accusate di partecipare in incitamento, basta chiedere al capo dell’Ufficio Stampa del Governo Nitzan Chen), l’Unione dei giornalisti israeliana inviò un suo portavoce dal Primo Ministro Benjamin Netanyahu e dal ministro delle comunicazioni, denunciando la chiusura. Secondo il sindacato, anche se le redazioni del movimento islamico avessero fatto pubblicare un certo testo con incluso l’incitamento, “il modo di affrontare il problema deve essere attraverso un procedimento penale nei confronti degli istigatori – non attraverso la chiusura di un mezzo di informazione licenziando molti giornalisti che non hanno fatto nulla di male, mettendo a tacere una voce della società.”
Lo stesso vale per i giornalisti a Dura. Non è ragionevole che l’esercito può semplicemente chiudere una stazione radio senza spiegare perché. È illogico che se due, tre o cinque giornalisti incitato, tutti i lavoratori devono pagarne il prezzo. Non si può accettare il fatto che le parole “le trasmissioni incitano” sostituiscano i procedimenti giudiziari, durante i quali l’emittente ha l’opportunità di difendersi prima che siano prese decisioni così drastiche.
Ma questa è la vita sotto un regime militare.
Ricordiamo che nel corso dell’ultimo anno, l’IDF nello stesso modo ha chiuso diverse stazioni radio e televisive in Cisgiordania, e che cinque giornalisti palestinesi sono attualmente in detenzione amministrativa, tra cui Omar Nazzal, che è stato arrestato mentre si recava a una conferenza internazionale di giornalismo nel mese di aprile.
L’Alta Corte israeliana ha recentemente accolto la richiesta del esercito di estendere la detenzione di Nazzal di ulteriori tre mesi.
trad. Invictapalestina.org
fonte: http://972mag.com/idf-shuts-down-palestinian-radio-station-but-wont-explain-why/121678/
Haggai Matar è un giornalista israeliano e attivista politico. Ha scritto per Ha’aretz e Ma’ariv.