La poesia di Mahmoud Darwish che ha fatto infuriare Lieberman e Regev

Un articolo uscito su Haaretz il 21 luglio 2016 ha attirato la mia attenzione, non tanto per il fatto che ministri del governo Netanyahu possano aver dato in escandescenze per un programma radiofonico israeliano che trasmette una poesia di Mahmoud Darwish, ma perché si scopre che la poesia è inserita nei testi formativi israeliani di “University on the Air”.
Ho chiesto a Wasim Dahmash, docente, studioso di letteratura araba e traduttore, fra l’altro, di Stato d’assedio di Darwish, se avesse una traduzione della poesia ‘Carta d’identità’ che è riportata nell’articolo. Nella sua mail mi ha scritto una piccola nota, la condivido con voi, non credo che me ne vorrà:

Carta d’identità è una delle prime poesie da me tradotte. Era forse 1968 o 1969. Darwish la detestava e infatti non l’ha inclusa in nessuna delle sue raccolte. L’aveva scritta a 14 anni e gliel’hanno pubblicata sul giornale al-Ittihad. E’ stata tradotta in tante lingue.

Potrebbe essere la risposta al leggermente sprezzante Rifletti che chiude l’articolo?

Simonetta Lambertini

 

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La poesia di Mahmoud Darwish che ha fatto infuriare Lieberman e Regev

Una discussione a Army Radio sull’opera giovanile di Mahmoud Darwish ha causato un putiferio. Ecco la poesia: ID card.

Vivian Eden, 21 luglio 2016

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Prendi nota
sono arabo
carta di identità numero 50.000
bambini otto
un altro nascerà l’estate prossima.
Ti secca?
Prendi nota
sono arabo
taglio pietre alla cava
spacco pietre per i miei figli
per il pane, i vestiti, i libri
solo per loro
non verrò mai a mendicare alla tua porta.
Ti secca?
Prendi nota
sono arabo
mi chiamo arabo non ho altro nome
sto fermo dove ogni altra cosa
trema di rabbia
ho messo radici qui
prima ancora degli ulivi e dei cedri
discendo da quelli che spingevano l’aratro
mio padre era povero contadino
senza terra né titoli
la mia casa una capanna di sterco.
Ti fa invidia?
Prendi nota
sono arabo
capelli neri
occhi scuri
segni particolari
fame atavica
il mio cibo
olio e origano
quando c’è
ma ho imparato a cucinarmi
anche i serpenti del deserto
il mio indirizzo
un villaggio non segnato sulla mappa
con strade senza nome, senza luce
ma gli uomini della cava amano il comunismo.
Prendi nota
sono arabo e comunista
Ti dà fastidio?
Hai rubato le mie vigne
e la terra che avevo da dissodare
non hai lasciato nulla per i miei figli
soltanto i sassi
e ho sentito che il tuo governo
esproprierà anche i sassi
ebbene allora prendi nota che prima di tutto
non odio nessuno e neppure rubo
ma quando mi affamano
mangio la carne del mio oppressore
attento alla mia fame,
attento alla mia rabbia.

(traduzione dall’arabo di Wasim Dahmash)

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Vivian Eden Collaboratrice di Haaretz

Ancora un altro colpo del governo del primo ministro Benjamin Netanyahu alla libertà di stampa, il ministro della Difesa Avigdor Lieberman ha convocato Yaron Dekel – direttore di Army Radio – per fargli una lavata di capo per la messa in onda nel corso dell’ultima settimana di un dibattito su questa poesia del poeta palestinese Mahmoud Darwish, in una serie sui testi formativi israeliani che fa parte del programma “University on the Air”.
In precedenza, il ministro della Cultura e dello Sport Miri Regev aveva strigliato la stazione radio, che era rimasta per un po’ sulla lista nera del governo, per essere “andata fuori dai binari”.
Quando scrisse questa poesia, Mahmoud Darwish era un giovane poeta arrabbiato che viveva a Haifa. Nato nel 1941 nel villaggio di El-Birweh (in seguito sito di Moshav Ahihud e Kibbutz Yasur), fuggito con la sua famiglia sbarcò nel 1947 in Libano, tornati in Galilea tirarono avanti come stranieri a Dir al-Assad.
Quando compose la poesia, gli arabi che vivevano in Israele erano controllati dal Military Government, istituito nel 1948 (e abolito da Moshe Dayan nel 1966) e per ogni ambito della vita civile, dalla registrazione di una nascita al viaggiare al di fuori del luogo in cui si abitava, era richiesto un documento firmato dal governatore militare.
L’esortazione “Scrivi, io sono un arabo” è rivolta a un funzionario immaginario di questa burocrazia ed è anche un’esortazione che il poeta fa a se stesso a scrivere dell’esperienza vissuta dalla sua comunità.

Come Salman Masalha ha scritto alla morte di Darwish, avvenuta in seguito ad un intervento chirurgico nel 2008, a Houston, in Texas: “Ha trovato la sua strada verso la lingua araba sulla stampa del Partito Comunista Israeliano e la sua stella come poeta si levò rapidamente. Dopo la guerra del giugno 1967 … i palestinesi dalle due parti del confine furono riuniti in un unico gruppo con una ferita fresca. Anche il mondo arabo confinante improvvisamente scoprì una minoranza arabo-palestinese i cui membri erano stati dimenticati in alcune parti della Palestina ed erano diventati cittadini dello Stato di Israele “.

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Memorial Day per Mahmoud Darwish, Jedida

Darwish lasciò Israele per aderire all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e diventare il poeta nazionale palestinese. “Scrivi, io sono un arabo” è il titolo di un documentario sulla sua vita del regista israeliano Ibtisam Mara’ana-Menuhin.
Nel corso degli anni affinò le sue capacità e scrisse poesie più sofisticate, ma gli è sempre stata chiesta questa, sebbene lui la leggesse con riluttanza, per un grande applauso. E’ senza dubbio un testo formativo per gli arabi israeliani.

* Rifletti: Qual è la differenza tra un poema importante e una buona poesia?

“Nothing pleases me”: Quando la poesia di Mahmoud Darwish incontra la musica del Trio Joubran.

 

Trad. Simonetta Lambertini – Invictapalestina

Fonte – http://www.haaretz.com/israel-news/culture/poem-of-the-week/1.732421?v=0D6E09AE03E8A39D38B6619E8E452EE7

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