Israele le ha entrambe, la responsabilità e la capacità di evitare che l’avvertimento delle Nazioni Unite possa avverarsi: che nel 2020 Gaza non sarà più adatta alla vita umana.
Haaretz Editorial 10 gennaio 2017 12:27
Israele afferma che dal disimpegno del 2005 non controlla più la Striscia di Gaza e non ha alcuna responsabilità per quanto riguarda i suoi circa 2 milioni abitanti. Il governo di Hamas a Gaza e l’Autorità palestinese in Cisgiordania insistono invece sulle responsabilità di Israele, oltre a incolparsi l’un l’altro; gli abitanti di Gaza incolpano tutte e tre le parti, altrettanto fa la comunità internazionale. Il Ministero della Difesa, il servizio di sicurezza Shin Bet e il Coordinamento delle attività governative nei Territori sono tutti gestiti da persone il cui lavoro richiede di conoscere la situazione disastrosa di Gaza, che è in costante peggiorando.
La polemica sul fatto se Israele abbia il controllo effettivo su Gaza non altera i fatti:
- Circa il 95 per cento dell’acqua nella falda acquifera di Gaza non è potabile e viene distribuita alle famiglie acqua depurata in condizioni igieniche precarie;
- l’elettricità è erogata per otto ore al giorno o anche meno; circa 100 milioni di litri di acque reflue sono versati in mare ogni giorno, sia per le interruzioni di corrente sia a causa di ritardi nel fornire i pezzi di ricambio e le nuove pompe a Gaza;
- gli effetti delle munizioni israeliane del passato influenzano l’ambiente e la salute delle persone con conseguenze non ancora note del tutto;
- la disoccupazione è salita a circa il 40 per cento, a causa delle restrizioni israeliane degli spostamenti che hanno strangolato la produzione;
- centinaia di migliaia di giovani che non hanno mai lasciato questa enclave affollata non conoscono altra realtà.
Ogni problema riguarda e interagisce con gli altri, ed è impossibile separarli. Se sta aumentando o no l’incidenza delle malattie a Gaza saranno i ricercatori a stabilirlo. Ma in entrambi i casi, migliaia di pazienti non possono ottenere le cure adatte.
Commenti su internet denunciano indifferenza sull’esistenza dei malati di cancro che Israele – in un processo privo di trasparenza o di supervisione esterna – non permette di uscire da Gaza per ottenere le cure mediche necessarie, o per i quali ritarda il rilascio dei permessi fino al peggioramento della malattia (“Malati di cancro a Gaza: il rifiuto di Israele di farci uscire per il trattamento è una sentenza di morte“, Jack Khoury, Haaretz, 6 gennaio).
COGAT (*), che sa esattamente come trarre vantaggio dalle pubbliche relazioni facilitando i parenti di Ismail Haniyeh, il primo ministro di Gaza, nell’ottenere cure mediche in Israele, sa anche molto bene che quando organizzazioni come Physicians for Human Rights e Gisha intervengono, le restrizioni sulla sicurezza sono spesso allentate.
Gli opinionisti che hanno voce grossa sui social media possono dire che non è affar nostro cosa succede a 10 chilometri da Sderot e a tre da Kibbutz Zikim. I responsabili delle decisioni, al contrario, sanno molto bene che le acque reflue riversate in mare e le malattie infettive non conoscono frontiere.
Che si tratti di responsabilità o no, Israele possiede la chiave. La sua pratica di giocare con la vita dei malati, che confina con il sadismo, deve fermarsi. Israele deve creare un iter supervisionato, trasparente e umano per i pazienti che devono uscire da Gaza, come primo passo verso una riorganizzazione fondamentale della sua strategia fallimentare bloccando la Striscia. Si deve fare arrivare l’acqua a Gaza in quantità abbastanza grandi da salvare la falda acquifera ed eseguire le linee elettriche necessarie per fermare la devastazione ambientale.
Israele le ha entrambe, la responsabilità e la capacità di prevenire che l’avvertimento delle Nazioni Unite si possa avverarsi: che nel 2020, Gaza non sarà più adatta alla vita umana.
* COGAT – Unità di coordinatore delle attività del governo nei Territori, subordinata al Ministro della Difesa e fa parte dello Stato Maggiore. L’unità effettua e attua la politica civile del governo di Israele in Cisgiordania e nei confronti della Striscia di Gaza in coordinamento e collaborazione con l’ufficio del Primo Ministro, altri ministeri, forze di sicurezza e lo Stato Maggiore IDF generale. (Dal loro sito web)
trad. Invictapalestina.org
Fonte: http://www.haaretz.com/opinion/editorial/1.764055