21 marzo 2017, Enrico Campofreda
Nota sui social per essere sostenuta da molti attivisti pro palestinesi, oltre che dai familiari, la piccola reporter di dieci anni, Janna Ayyad, che vive a Nabi Saleh (Cisgiordania) e da tre usa le microcamere dei cellulari per riprendere scene di quotidiana violenza subìte dalla sua comunità, ha ultimamente accresciuto la sua fama. E’ stata premiata nientemeno che dal presidente turco Erdoğan per la determinazione, la precisione, il coraggio con cui lancia l’occhio rivelatore della cinepresa su scene da cui dovrebbe stare lontana.
La madre sostiene che non le va a cercare perché le condizioni d’oppressione e dolore circondano le vite loro e di tanti concittadini. Purtroppo sin da bambina Janna ha dovuto conoscere la morte di un compagno di giochi, di un cugino, di uno zio, tutte scaturite dalla violenza dell’occupazione israeliana. Per volere anche dei genitori, l’occhio tecnologico di Janna si posa su brutti episodi, che lei vuole comunque mostrare. Finora ha scampato sequestro dell’iPhone e carcere perché è una bambina, se dovesse continuare (e lei e i familiari lo vogliono) probabilmente nasceranno problemi con la polizia, nonostante la giovanissima età. Per quest’audacia, per la conseguente denuncia politica Erdoğan le ha donato un trofeo che ne premia doppiamente la giovane età e l’impegno nell’informazione.
Però fra i tanti sostenitori della causa palestinese e di altre etnìe oppresse parecchi non hanno potuto tacere lo sdegno verso lo statista che applica pesi e misure differenti a seconda degli interessi di bottega.
Se quella giovinetta fosse stata kurda quali attenzioni avrebbe ricevuto dalle autorità turche? Basta chiederlo alle popolazioni del sud-est del Paese, sottoposte da un biennio a una repressione tornata ferocissima come negli anni Ottanta e Novanta, quando il conflitto strisciante fra esercito di Ankara e la copiosa minoranza etnica della fascia orientale anatolica segnò la morte di oltre 40.000 kurdi.
L’attuale presidente e prim’ancora premier turco utilizza cronaca e vicende a piacimento sfruttando, a vantaggio della sua politica, qualsivoglia avvenimento per guadagnarne in popolarità e consensi. La causa palestinese è per antonomasia la pietra dello scandalo della realtà mediorientale soprattutto per come è stata manipolata e per come viene usata da Israele e dagli alleati occidentali. Così il repressore della libertà di stampa e anche d’opinione in Turchia ha interpretato l’ennesima pantomima di grande difensore degli oppressi, mentre in patria si comporta da soffocatore della democrazia e carceriere degli oppositori. Se Janna fosse di nazionalità kurda Erdoğan non le permetterebbe nulla di quanto le consente da palestinese. Una real-politik soffocante, opportunista, degenere.