aggiornamenti: ore 14, 11 aprile/ore 15,20 11aprile/15,48 11 Aprile/10.00 12 aprile
Dal 6 aprile la critica cinematografica sta lanciando con grande enfasi il film “Libere disobbedienti innamorate” di Maysaloun Hamoud. Qualcuno osa parlarne come del “riscatto del cinema arabo”, mentre Marzia Gandolfi titola la sua recensione:
TUTTA LA POTENZA SOVVERSIVA DELLA DONNA NEL RITRATTO DI UNA GENERAZIONE DISORIENTATA, ALLA RICERCA DI LIBERTÀ, GELOSA DELLA PROPRIA IDENTITÀ.
Finanziata da Israele, la regista Hamoud non ha avuto alcuna remora: “Sì, lo Stato mi ha dato del denaro perché merito di fare film e considerato che a questo Stato pago le fottute tasse” ha dichiarato in un’intervista. “Non provo alcuna vergogna e dico che meriterei di più. Avrei accettato denaro da altre fonti per evitare un boicottaggio, ma nessuno si è fatto avanti. Così l’ho preso dallo Stato e il film verrà proiettato come opera israelo-francese, benché sia fondamentalmente arabo-palestinese”.
Salma è una barista dj lesbica, con abbigliamento casual, piercing e maglietta con Leila Khaled. A causa della sua storia sentimentale è costretta a scappare dalla famiglia conservatrice dopo essere stata presa a sberle dal padre che minaccia di chiuderla in manicomio “per guarirla dalla sua malattia.”
Solo un piccolo episodio di ribellione al divieto di parlare arabo nella cucina di un ristorante che si risolve con le dimissioni volontarie di Salma e la sua assunzione in un altro locale della “cosmopolita” Tel Aviv.
Una riflessione a cuore aperto sull’indipendenza che parte in qualche modo da questa semplice domanda: cosa fanno tre ragazze arabe a Tel Aviv? Fanno quello che farebbero tutte le ragazze del mondo: cercano di costruire il perimetro dentro cui affermare la propria identità. Amano, ridono, piangono, inseguono desideri, s'inciampano, si rialzano. Amano e ridono ancora, magari bevendo, fumando canne e ballando, in attesa dell'alba... http://www.tgcom24.mediaset.it/spettacolo/supercinema/-libere-disobbedienti-innamorate-tre-donne-a-tel-aviv-citta-dei-contrasti_3064789-201702a.shtml
"Anche alcuni commentatori arabi-israeliani liberali, come l'editorialista popolare Sayed Kashua, hanno sostenuto che il film rafforza gli stereotipi negativi, in particolare con la figura di Wissam, il fidanzato musulmano. La Blogger Samah Salaime ha detto che la scena violenta che coinvolge l'uomo musulmano e la sua fidanzata Nour è "materiale succoso per l'islamofobia," anche se lei nota che il film include un modello di ruolo maschile positivo nel padre di Nour." http://bigstory.ap.org/article/ce24dd64c9bf4a3ab97214d8d4c47f6a/israels-arabs-divided-films-portrayal-changing-world
Il pensiero di Anna Pascuzzo.
Bar Bahr è il titolo originale, in arabo tra terra e mare, in ebraico né qui né altrove, tradotto malamente in italiano “Libere disobbedienti e innamorate”.
Si tratta dell’opera prima di Maysaloun Hamoud, regista nata in Ungheria nel 1982.
Hanno meno di 35 anni la regista e le sue tre “donne arabe” rappresentate non come “ribelli”, ma come il “demonio” in un mondo che o si scandalizza per tutto o non si scandalizza affatto.
Francamente non mi fa nessun effetto vedere una donna fumare o fare uso di sostanze stupefacenti e francamente, lo ripeto, non credo che sia più un “tratto” emancipativo nella narrazione cinematografica (o di quella editoriale in genere) rappresentare le donne con in mano una canna o “stupefatte” da altro. Così come non è più emblematico nell’ambito cinematografico l’inclinazione omosessuale di donne o uomini che siano, non lo è in occidente e figuriamoci nella “multi…tutto” Tel Aviv.Aria fritta dunque, specie se la si vuole appiccicare a tutti i costi ad un mondo che la regista sembra non conoscere abbastanza. Parlo del mondo arabo, mi riferisco alle donne arabe che, in secoli di storia, hanno dimostrato con ben altri metodi il loro modo di essere ribelli, altro che canne, droga e discoteche.Se si intendeva rappresentare un’intera generazione di giovani donne, il tentativo è fallito, se l’intento era quello di rappresentare le giovani arabe, ebbene, il tentativo è doppiamente fallito e se l’intenzione era invece quella di parlare di emancipazione femminile, beh, allora la regista deve studiare ancora tanto e soprattutto è evidente che non abbia capito nulla di cosa sia stato e di cosa ancora sia il “Femminismo” nel mondo (sia esso occidentale o arabo!).Per tornare al film, dal quale comunque non mi sono mai scostata, rilevo oltre al già detto, alcune note particolarmente “stonate” che hanno a che fare proprio con la scelta delle attrici: Noor, l’araba velata osservante è scelta in evidente sovrappeso
Poi c’è Leila, snella, alta, bellona e brillante avvocato penalista che preferisce la singletudine al fidanzato ottuso e conservatore e infine Salma, DJ stigmatizzata dalla famiglia cristiana per la sua omosessualità.Beh, credo che a stereotipi non la batta nessuno, la nostra regista Maysaloun Hamoud classe 1982 ha davvero superato ogni aspettativa.
Una cosa è certa, ciascuno è libero di scrivere e dirigere il film che crede, il cinema è cinema e nessuno deve censurarlo, ma ogni film ha un suo tratto, una sua specificità, un suo titolo, una sua narrazione, ingannare il pubblico parlando di libertà, disobbedienza e amore credo però sia peggio della censura, credo sia una “menzogna”.
Anna Pascuzzo scrittrice/giornalista
Importante
Qualcuno riesce a spiegare come mai nel titolo dell’articolo il film è presentato come “miglior risultato del fine settimana”, persino battendo i Puffi ma poi nella classifica proposta non compare e in quella nazionale è al 18 posto(*)?
A Bologna, a Firenze e a Torino è stato il miglior risultato del fine settimana battendo I Puffi: Viaggio nella foresta segreta e La Bella e la Bestia. Un segno (l'ennesimo?) che forse sarebbe il caso di dare fiducia a film di qualità, magari con una programmazione assennata, invece che mandare i film al macello?
NB. Queste brevi note sono solo un anticipo su un articolo più dettagliato che stiamo preparando.
l ho visto ma non sono cosi critica . uno spaccato femminile a Tel Aviv ma che poteva essere anche Milano Berlino o Londra. E la figura femminile piu ribelle e positiva e’ proprio la ragazza mussulmana.
Non e’ un film contro l occupazione israeliana. Bella l amicizia e la complicita’ fra le tre ragazze palestinesi di diversa cultura contro il maschile prepotente.
Riceviamo e pubblichiamo il Commento di Anna Pascuzzo – Catanzaro.
Asservite, docili e più che innamorate mi verrebbe da dire “illuse”, sono queste, a mio avviso, le peculiarità identificative di Leila, Salma e Noor, le tre donne protagoniste del film di Maysaloun Hamoud.
Bar Bahr è il titolo originale, in arabo tra terra e mare, in ebraico né qui né altrove, tradotto malamente in italiano “Libere disobbedienti e innamorate”.
Si tratta dell’opera prima di Maysaloun Hamoud, regista nata in Ungheria nel 1982.
Hanno meno di 35 anni la regista e le sue tre “donne arabe” rappresentate non come “ribelli”, ma come il “demonio” in un mondo che o si scandalizza per tutto o non si scandalizza affatto.
Francamente non mi fa nessun effetto vedere una donna fumare o fare uso di sostanze stupefacenti e francamente, lo ripeto, non credo che sia più un “tratto” emancipativo nella narrazione cinematografica (o di quella editoriale in genere) rappresentare le donne con in mano una canna o “stupefatte” da altro. Così come non è più emblematico nell’ambito cinematografico l’inclinazione omosessuale di donne o uomini che siano, non lo è in occidente e figuriamoci nella “multi…tutto” Tel Aviv.
Aria fritta dunque, specie se la si vuole appiccicare a tutti i costi ad un mondo che la regista sembra non conoscere abbastanza. Parlo del mondo arabo, mi riferisco alle donne arabe che, in secoli di storia, hanno dimostrato con ben altri metodi il loro modo di essere ribelli, altro che canne, droga e discoteche.
Se si intendeva rappresentare un’intera generazione di giovani donne, il tentativo è fallito, se l’intento era quello di rappresentare le giovani arabe, ebbene, il tentativo è doppiamente fallito e se l’intenzione era invece quella di parlare di emancipazione femminile, beh, allora la regista deve studiare ancora tanto e soprattutto è evidente che non abbia capito nulla di cosa sia stato e di cosa ancora sia il “Femminismo” nel mondo (sia esso occidentale o arabo!).
Per tornare al film, dal quale comunque non mi sono mai scostata, rilevo oltre al già detto, alcune note particolarmente “stonate” che hanno a che fare proprio con la scelta delle attrici: Noor, l’araba velata osservante è scelta in evidente sovrappeso (a lei tocca finanche lo stupro, tanto per restare intrappolati nello stereotipo “musulmano/arretrato/troglodita” da contrapporre “all’occidentale/laico/evoluto” che rispetta le donne tanto da ammazzarne una ogni due giorni nella sola civilissima Italia !)
Poi c’è Leila, snella, alta, bellona e brillante avvocato penalista che preferisce la singletudine al fidanzato ottuso e conservatore e infine Salma, DJ stigmatizzata dalla famiglia cristiana per la sua omosessualità.
Beh, credo che a stereotipi non la batta nessuno, la nostra regista Maysaloun Hamoud classe 1982 ha davvero superato ogni aspettativa.
Una cosa è certa, ciascuno è libero di scrivere e dirigere il film che crede, il cinema è cinema e nessuno deve censurarlo, ma ogni film ha un suo tratto, una sua specificità, un suo titolo, una sua narrazione, ingannare il pubblico parlando di libertà, disobbedienza e amore credo però sia peggio della censura, credo sia una “menzogna”.
Anna Pascuzzo