Lo storico Salman Abu Sitta il 28 marzo si è rivolto alla Camera dei Lords del Regno Unito per esaminare la dichiarazione Balfour e le sue conseguenze sui palestinesi. Quest’anno ricorre un secolo da quando il documento fu firmato e fu segnato il futuro dello Stato di Palestina.
Copertina – Una donna palestinese stringe la chiave e chiede il diritto al ritorno alla sua casa dal 1948, durante il 68° anniversario della “Nakba” a Ramallah, Palestina
15 aprile 2017, dr. Salman Abu Sitta
Di seguito è riportato il testo del discorso di Abu Sitta:
Ladies and Gentlemen:
Stiamo assistendo oggi alla più lunga guerra contro un popolo:
Cento anni di lotta del popolo palestinese per la libertà e l’indipendenza nel proprio paese.
Cento anni di morte e distruzione nella regione.
I cento anni testimoniano la distruzione della Palestina e la dispersione del suo popolo.
Tale atto è stato reso possibile dalla più grande, più lunga, completa, premeditata e continua opera di pulizia etnica nella storia moderna.
Cento anni di violazione di ogni articolo dei diritti umani e del diritto internazionale, senza rimedio o ricorso.
Cento anni che culminano nell’unico progetto coloniale esistente oggi.
L’ironia è che la Palestina non era destinata a essere una colonia.
Alla Gran Bretagna era stata affidata la creazione di istituzioni governative in Palestina e in Iraq (entrambi come Mandato di classe A). Si doveva fondare un paese indipendente democratico che servisse al popolo palestinese.
Era la realizzazione della “Sacred Trust of Civilisation” secondo la Carta della Lega delle Nazioni.
Invece fu convertito in un progetto coloniale a beneficio di coloni europei ebrei che non erano abitanti del paese.
Fu ancora peggio di un progetto coloniale.
A differenza di qualsiasi altro progetto coloniale, alla fine è finita con l’espulsione di massa della maggioranza della popolazione, la confisca della sua terra e delle proprietà, la distruzione del suo paesaggio e la cancellazione della sua geografia e della sua storia. E’ stato l’evento più tragico in 5.000 anni anni di storia della Palestina.
Segreto dell’Europa
Nel 1916, mentre gli aerei degli Alleati lanciavano volantini sugli arabi nella prima guerra mondiale, esortandoli a combattere i turchi e ottenere l’indipendenza e la libertà, Mark Sykes in Gran Bretagna e Georges Picot in Francia se ne stavano chiusi in una stanza con una mappa del Medio Oriente a pianificare come spartirselo.
Un anno dopo, Arthur James Balfour, ministro degli esteri britannico, concluse un accordo segreto con ricchi ebrei europei per facilitare l’istituzione di una “casa ebraica nazionale”, non uno stato, non nella, non della Palestina. Conservò questo accordo sotto chiave. Nel frattempo, nella primavera del 1917, le forze britanniche entrarono in Palestina e bombardarono Gaza con munizioni di gas tossici (sì) e distrussero la maggior parte dei suoi antichi palazzi, ma furono sconfitte due volte alle porte di Gaza.
La sera del 31 ottobre 1917, le forze di Allenby conquistarono Beer Sheba in un attacco a sorpresa da est. Le porte della Palestina si spalancarono. Allenby inviò un cablo a Londra il 1° novembre: “Abbiamo conquistato Beer Sheba. Gerusalemme sarà il tuo regalo di Natale”. Balfour aprì il suo cassetto e il 2 novembre 1917 rese pubblico il suo accordo segreto.
Balfour non si vergognava del suo atto. Dichiarò chiaramente la propria posizione:
“Per la Palestina non proponiamo nemmeno di passare attraverso modalità di consultazione dei desideri [non diritti] della popolazione attuale del paese.”
Se queste erano precise dichiarazioni politiche, le successive azioni britanniche in Palestina attuarono queste parole.
Il primo atto fu quello di scegliere un ministro britannico sionista, Herbert Samuel, come primo Alto Commissario della Palestina, il cui compito ufficiale era di portare all’indipendenza della Palestina e ad un governo operativo.
Samuel fece il contrario. Creò le radici per l’ascesa di Israele. Nel suo mandato (1920-1925), legalmente solo dal 1922, mise le fondamenta del futuro stato d’Israele; promulgò decine di leggi che facilitavano l’acquisizione ebraica della terra palestinese; riconobbe l’ebraico come lingua ufficiale; fondò istituzioni ebraiche separate: sistema bancario, sistema educativo, sindacato (Histadrut), opere pubbliche (Soleh Boneh), società di produzione di energia (Rosenberg). Ma le leggi più pericolose per l’eliminazione della Palestina furono la creazione di un consiglio legislativo ebraico separato e delle forze armate separate ebraiche (Haganah), che alla fine conquistarono la Palestina.
Nella lingua legale di oggi, Samuel pose le basi dell’ Apartheid israeliano.
La nascita dell’apartheid
Samuel emanò molte di queste leggi senza averne avuta l’autorità né da parte della Lega delle Nazioni che approvò il Mandato solo il 24 luglio 1922, né dell’autorità del Colonial Office di Londra che respinse spesso l’impostazione di Samuel.
La marea di coloni ebrei europei in Palestina raggiunse il suo picco verso la metà degli anni ’30. Alla fine del 1936, la popolazione di immigrati ebrei totale salì a 384.000 il 28% dell’intera popolazione (dal 9% all’inizio del Mandato). Questo infiammò la rivolta araba palestinese (1936-1939).
La rivolta fu respinta dai britannici con la massima brutalità. La RAF bombardò indiscriminatamente villaggi. L’aumento di vittime civili fece infuriare la popolazione e aumentare il numero di coloro che si unirono alle file dei ribelli (chiamati “banditi” dagli inglesi). Le forze britanniche attaccarono i villaggi, distrussero le loro provvigioni e tennero gli uomini in gabbie per due giorni senza cibo né acqua. La punizione collettiva fu ampiamente applicata. I partiti politici furono sciolti. I leader imprigionati o deportati.
Le forze britanniche all’epoca (25-50.000 soldati) furono assistite occasionalmente da forze armate ebraiche, in particolare 20.000 poliziotti ebrei, guardie coloniali aggiunte che fornivano anche informazioni di intelligence.
Una stima minima delle vittime palestinesi fu: 5.000 uccisi, 15.000 feriti e altrettanti prigionieri. Più di 100 uomini furono giustiziati, compresi leader come l’ottantenne Sheikh Farhan Al-Sa’di, che fu impiccato durante il digiuno del Ramadan il 22 novembre 1937. Quindi, circa il 50% di tutti gli adulti maschi nella regione montuosa della Palestina, corrispondente grossomodo alla Cisgiordania di oggi dove la rivolta fu particolarmente attiva, fu ferito o imprigionato dai britannici.
Nel 1939 la società palestinese era smembrata, indifesa e senza un leader. L’anno 1939 può essere identificato come la Nakba inflitta dai britannici.
Circa dieci anni dopo, Ben Gurion fu l’artefice della Nakba inflitta dai sionisti nel 1948.
I sionisti attaccano la Gran Bretagna
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale i sionisti premiarono la Gran Bretagna con il cui appoggio si erano aperte le porte della Palestina ad una marea di immigrati ebrei. I sionisti avviarono una campagna terroristica contro i loro precedenti benefattori. Bombardarono il quartier generale britannico, impiccarono soldati britannici e rapirono giudici britannici.
Nel 1945, la Gran Bretagna dovette spedire in Palestina la sesta divisione Airborne per combattere il terrorismo sionista. Lo scopo non era quello di salvare la Palestina, ma di salvare i propri soldati.
I sionisti assassinarono anche il conte Folke Bernadotte, il mediatore delle Nazioni Unite incaricato di portare la pace in Palestina.
Le azioni ebraiche furono descritte come “terrorismo” dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nella risoluzione 57 del 1948.
Nelle restanti sei settimane del mandato, i sionisti attaccarono e spopolarono 220 villaggi palestinesi e commissero massacri, il più infame fu Deir Yassin. Il compito degli inglesi era quello di proteggere i palestinesi. Cosa hanno fatto?
Non intervennero.
Non intervennero quando più di una dozzina di massacri furono commessi nei confronti dei villaggi palestinesi. Deir Yassin è il più noto. Il Comando britannico di polizia a Gerusalemme si trovava a pochi chilometri di distanza, ma non fece nulla. L’espulsione dei palestinesi da Tiberiade fu aiutata dagli inglesi che fornirono il trasporto per la popolazione espulsa. Nella massiccia evacuazione della popolazione palestinese di Haifa le forze britanniche non difesero la popolazione, ma aiutarono la sua partenza.
La caduta di Haifa la dice lunga sul fallimento del generale Stockwell nello svolgere le sue funzioni e proteggere la popolazione. Le accuse contro di lui e la sua “cooperazione” con i sionisti invasori rimangono ancora oggi una macchia sul suo curriculum.
Il manoscritto delle comunicazioni tra le pattuglie inglesi lungo l’asse Jaffa-Gerusalemme e il loro quartier generale nel periodo critico dell’aprile-maggio 1948 è una registrazione che denuncia la collusione britannica e il mancato rispetto dei propri obblighi.
Nella registrazione radio (n°129) delle truppe in servizio (aprile e maggio 1948), ci sono frequenti indicazioni che mostrano il rifiuto dell’esercito britannico di salvare gli abitanti palestinesi quando attaccati dagli ebrei. All’esercito fu ordinato di guardare, segnalare e non interferire. Quando gli ebrei chiesero aiuto, alle truppe fu ordinato di andare in loro soccorso.
Secondo la registrazione, il villaggio di Deir Muheisen bruciava sotto i colpi di mortaio dell’Haganah ebraica e i suoi abitanti urlavano chiedendo aiuto mentre le forze britanniche rimanevano a guardare senza fare nulla. Nelle loro relazioni deridono i palestinesi chiamandoli wogs (neri).
La sbrigativa partenza dei Britannici lasciò il paese nel caos e nella disperazione. Fu la più disgustosa partenza britannica da qualsiasi posto nell’Impero britannico.
La Gran Bretagna non consegnò un governo operativo ai palestinesi come le dettava il suo dovere. I Britannici lasciarono la Palestina nelle mani di coloni ebrei europei che erano stati introdotti nel paese dalla Gran Bretagna, addestrati dalla Gran Bretagna e armati dalla Gran Bretagna. Il primo compito dei coloni fu quello di terrorizzare gli stessi britannici e cacciarli dalla Palestina.
L’ultimo Alto Commissario della Palestina, Sir Alan Cunningham, lasciò la Palestina senza una parola di addio, né per gli arabi sconfitti né per gli ebrei vincitori.
È davvero sorprendente e una riflessione spiacevole sulla politica britannica che, invece di rispettare i suoi obblighi di proteggere i palestinesi e di consegnare una Palestina libera e democratica, la Gran Bretagna, un anno dopo la Nakba, insieme agli Stati Uniti e alla Francia, rilasciò la Dichiarazione Tripartita del 1950 contro ogni tentativo di cambiare lo status quo, cioè la distruzione della Palestina e l’espulsione del suo popolo.
La storia che è seguita, dall’Aggressione Tripartita del 1956, conosciuta anche come la Campagna di Suez, alla soppressione della libertà di parola sulle atrocità israeliane di Theresa May, mostra solo che l’eredità di Balfour è ancora viva e vegeta al n°10 di Downing Street.
Sono sicuro che la maggioranza dei cittadini britannici non è d’accordo con questa eredità vergognosa.
Dopo 100 anni di sofferenza palestinese,
oggi abbiamo il diritto di fare appello a:
TUTTE LE PERSONE DI BUONA CONSCIENZA in Gran Bretagna, e sono tante, e in tutto il mondo, a unirsi in questa richiesta:
Invitiamo il governo britannico:
- a scusarsi con il popolo palestinese per le sue sofferenze di un secolo di morte e distruzione, che ancora non vede la fine, per non avere volontariamente o in modo negligente assolto i propri doveri e obblighi,
- a pagare una piena indennità per tutte le perdite e danni diretti e conseguenti al popolo palestinese, Ibrahim Hewitt: Tutto ciò che fa Israele fa parte di un piano, non è una “risposta” forzata al “terrorismo“
- a rispettare le norme e le direttive esposte nel Parere Consultivo della Corte internazionale di giustizia per quanto riguarda il Muro del 9 luglio 2004,
- ad apportare modifiche per aiutare, come richiesto allo scopo, la creazione di una Palestina libera democratica, per mezzo di:
- correzione delle proprie politiche all’interno del Regno Unito e nell’arena internazionale in modo che i diritti inalienabili dei palestinesi siano pienamente realizzati,
- aiuto, come attore primario, alla ricostruzione della Palestina e al rimpatrio del suo popolo,
- adozione della storia contemporanea palestinese e della sofferenza del suo popolo nei programmi scolastici e nei media, e di tutti gli altri mezzi necessari per raggiungere l’obiettivo di una Palestina libera e indipendente.
Su quanto sopra, invitiamo tutte le persone di coscienza in Gran Bretagna e nel mondo a impegnarsi con queste richieste per ricostruire la Palestina e portare giustizia, libertà e pace al suo popolo.
Traduzione Simonetta Lambertini – invictapalestina.org
fonte: https://www.middleeastmonitor.com/20170415-balfours-legacy-the-destruction-of-palestine/
molto interessante da diffondere perche’ la vera storia sia conosciuta
Grazie della traduzione, Simonetta!
Vorrei capire meglio però: questo discorso è stato solo inviato alla camera dei lords o lo storico palestinese è stato ammesso a parlare? e, nel caso, quali sono state le reazioni? La data del 15 aprile, dopo quella del 28 marzo, fa sperare di sì, ma forse è solo la data di invio della lettera a te?
Grazie per l’attenzione.
Salman vive a Londra e presentando l’articolo nella sua pagina Facebook https://www.facebook.com/palestinelandsociety ne parla come intervento: “My speech at the House of Lords on Balfour’s legacy”, purtroppo non abbiamo contatti diretti per sapere di più.