I funzionari israeliani sono consapevoli di questa crisi di legittimità. Ecco dunque la folle hasbara.
di Philip Weiss, 19 aprile 2017
Foto di copertina: L’ex ambasciatore di Israele negli Stati Uniti, Michael Oren
La pubblicazione di un op-ed * del prigioniero e leader palestinese Marwan Barghouti sul New York Times nella sua edizione internazionale dello scorso fine settimana segna sicuramente un nuovo traguardo nell’isolamento internazionale di Israele – Barghouti ha definito Israele un “fallimento morale e politico” – mentre la risposta rabbiosa dei politici israeliani segna a sua volta un nuovo traguardo dell’hasbara, o propaganda. Un ministro di Netanyahu ha accusato il giornale di “attacco di terrorismo giornalistico”, mentre un altro ha accusato Barghouti di mettere in atto un “attacco di terrorismo suicida” per aver portato allo sciopero della fame oggetto del suo articolo.
Una carrellata di alcune delle reazioni. Per primo, qui è il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla sua pagina Facebook, che atteggiandosi a santarellino così commenta l’editoriale di Barghouti intitolato “Perché siamo in sciopero della fame nelle prigioni d’Israele”:
Ho letto domenica scorsa l’articolo del New York Times che presenta il terrorista Marwan Barghouti come “parlamentare e leader”. Il giornale ha ritrattato dopo che glielo abbiamo fatto notare.
Chiamare Barghouti “leader politico” è come chiamare Assad “pediatra”. Sono assassini e terroristi. Non perderemo mai la nostra voglia di chiarezza perché noi siamo dalla parte della giustizia e loro dalla parte che non è né giusta né morale…
Questo reportage della TV israeliana cita Michael Oren, un vice ministro del governo di Netanyahu, che definisce l’articolo “un attacco di terrorismo giornalistico”. Oren dice che Israele dovrebbe prendere in considerazione la chiusura della redazione del Times a Gerusalemme, e ancora che il Times ha fatto uscire l’articolo nell’ultimo giorno di Pasqua così da evitare una risposta israeliana:
Il vice ministro israeliano per la Diplomazia, Michael Oren, ha chiesto al governo di prendere in considerazione un’azione punitiva nei confronti del giornale, inclusa la possibilità di chiudere la redazione di Israele.
Parlando lunedì a Army Radio, Oren ha descritto la pubblicazione come un “attacco di terrorismo giornalistico” e ha inveito contro il Times per aver pubblicato “fake news” “piene di menzogne”.
“Per quanto riguarda il New York Times, se qualcuno nel giornale ha aiutato Barghouti a far uscire clandestinamente dalla prigione l’editoriale, il New York Times dovrebbe essere chiamato a risponderne”, ha detto Oren a Army Radio.
Riconoscendo che una tale mossa potrebbe “suonare estrema”, ha spiegato che esiste un precedente: “All’inizio della Seconda Intifada, quando la CNN… aiutò i terroristi”, ha detto, “il Primo Ministro Ariel Sharon non esitò a chiudere la sua redazione qui.”…
Oren, fino a poco tempo fa ambasciatore di Israele a Washington, ha accusato i redattori del New York Times di avere deliberatamente pubblicato il pezzo nell’ultimo giorno di Pasqua per rendere difficile al governo israeliano rispondere.
Yousef Munayyer ha risposto su twitter:
Per Israele:
BDS [Boicottaggio, Divisione e Sanzioni] è “Terrorismo Economico”
Diventare membro dell’ONU è “Terrorismo Diplomatico”
Scrivere un editoriale è “Terrorismo giornalistico”
Larry Derfner risponde a Michael Oren sulla sua pagina di Facebook:
Un propagandista fanatico, intollerante, ultra-nazionalista e antidemocratico che è cresciuto in America, che ha un dottorato di ricerca, che pubblica libri, che sa come sorridere alla macchina fotografica, continua a essere un fanatico, intollerante, ultra-nazionalista e antidemocratico propagandista.
The Times of Israel ha un articolo importante sulla marcia indietro del New York Times riguardo l’editoriale, inclusa l’aggiunta di una nota che riporta i presunti reati di Barghouti. Oltre alle critiche per l’articolo del Times della public editor Liz Spayd. Ha scritto che i redattori del Times non hanno approfondito con la dovuta attenzione il passato di Barghouti.
Gli autori dei pezzi hanno dei conflitti di interesse che potrebbero mettere in dubbio la loro credibilità? Sono quelli che dicono di essere e gli editori possono garantire sulla loro fedeltà?
Non vedo motivo di lesinare su questo, mentre il non riuscire a farlo rischierebbe la credibilità dell’autore e delle pagine Op-Ed.
In questo caso, sono lieta di vedere i redattori rispondere alle denunce e darsi da fare per risolvere il problema piuttosto che opporre resistenza. Speriamo che sia un segnale che una informazione più completa diventerà pratica regolare.
L’ex ambasciatore statunitense in Israele Dan Shapiro, un forte sostenitore di Israele, è pure lui critico riguardo il Times:
È tutto da vedere se Marwan Barghouti abbia un futuro politico. Palestinesi e israeliani ne discuteranno. Ma il NYT ha sbagliato a non citare la sua condanna per terrorismo.
(P.S. Mandela non ha avuto futuro politico finché il presidente del Sudafrica FW de Klerk non lo fece uscire di prigione nel 1990, dopo 27 anni dietro le sbarre, un anno dopo che Klerk aveva cominciato a smantellare l’apartheid).
Anche Jonathan Greenblatt dell’Anti Defamation League si atteggia a santarellino per il presunto errore del Times. “Non è possibile”. (Mi sembra un Trumpspeak.)
Non tutti gli ebrei americani la pensano così. Rebecca Vilkomerson di Jewish Voice for Peace chiama il cambiamento del Times come un “crollo esasprante”.
Haaretz riferisce che un ministro israeliano ha chiamato lo sciopero della fame dei prigionieri guidato da Barghouti “un nuovo tipo di attacco terroristico suicida”.
Il gabinetto domenica ha approvato un controverso disegno di legge che consente alle autorità di costringere i prigionieri in sciopero della fame all’alimentazione forzata, nel caso in cui la loro vita sia considerata in pericolo…
Il ministro della sicurezza pubblica Gilad Erdan, che ha promosso il disegno di legge, dopo la sua approvazione ha dichiarato che cercherà di ottenere appena possibile l’approvazione della legge. “I prigionieri di massima sicurezza sono interessati a trasformare uno sciopero della fame in un nuovo tipo di attacco terroristico suicida con cui minacciare lo Stato di Israele. Non permetteremo a nessuno di minacciarci e non permetteremo ai prigionieri di morire nelle nostre prigioni”, ha dichiarato Erdan.
Questo viene dal tweet di Munayyer: E’ certo che questi ragazzi non si sentono molto sicuri della legittimità del loro stato!
C’è Lisa Goldman su +972 che fa notare come la politica “di verità” del NYT nell’individuare i presunti reati di Barghouti non fu applicata su Ariel Sharon e Naftali Bennett, quando pubblicarono op-ed senza che il giornale descrivesse il sangue di cui erano sporche le loro mani.
Sembra che il New York Times sia disposto a pubblicare op-ed di ebrei israeliani che difendono o hanno commesso l’assassinio di palestinesi, senza che questo sia menzionato nelle loro biografie sul trafiletto. Quindi il problema – senza prendere una posizione sull’opportunità o meno di giustificare la violenza politica – è la ragione per cui il Times si senta obbligato a prendere una posizione diversa quando si tratta di sostenitori palestinesi.
La risposta a Goldman è piuttosto semplice: l’importanza della lobby israeliana nelle istituzioni tradizionali degli Stati Uniti. Che sta scemando. L’articolo del Times è un riflesso del fatto che il doppio standard per i palestinesi sta diventando di giorno in giorno sempre più problematico mentre ci avviciniamo al cinquantesimo anniversario dell’occupazione. I funzionari israeliani sono consapevoli di questa crisi di legittimità. Ecco dunque la folle hasbara.
* Nel giornalismo anglosassone, con op-ed si intende un singolo articolo, o una raccolta di articoli, a firma di opinionisti esterni alla redazione del giornale su cui avviene la pubblicazione, i cui contenuti non sono necessariamente in linea (eventualmente, in qualche misura, in disaccordo) con le tendenze del giornale
https://it.wikipedia.org/wiki/Op-ed
Traduzione di Simonetta Lambertini – invictapalestina.org
Fonte: http://mondoweiss.net/2017/04/netanyahu-ministers-journalistic/