‘I Belonged Nowhere’: una storia di dislocamento, da una scrittrice che lo conosce

All’inizio del romanzo di Hala Alyan, ‘Salt Houses’, una donna acquista un set da caffè – una dozzina di tazzine, una caffettiera, un vassoio. Si tratta di un semplice gesto che diventa inaspettatamente doloroso.

Copertina- Hala Alyan è l’autrice di tre raccolte di poesie. ‘Salt Houses’ .

di Steve Inskeep – 4 maggio 2017

 

 

La donna è palestinese – appartenente a una famiglia dislocata dopo la fondazione di Israele – e il vassoio gliene ricorda uno vecchio che ha perso in uno dei tanti spostamenti della famiglia.
Alyan costruisce la sua storia su piccoli momenti come questo – uno sguardo nella vita di diverse generazioni costrette a trasferirsi e reinsediarsi. I suoi personaggi sono persi e in cerca di una casa.

L’autrice palestinese-americana scrive per esperienza vissuta. Dice di avere inventato i suoi personaggi avendo in mente i suoi familiari sfollati.
“Sono assolutamente convinta che ci sia un trauma intergenerazionale accompagnato alla perdita di una patria che vedi trasmettersi di generazione in generazione”, dice.

Passi salienti dell’intervista

Sull’importanza degli oggetti

Sono sempre stata veramente interessata al significato di cui riempiamo gli oggetti. Sono cresciuta osservando l’attaccamento di mia madre a determinati oggetti, l’attaccamento dei miei nonni a certi oggetti. … diventano particolarmente preziosi perché il luogo… non c’è più – non esiste più.

Sul non avere cimeli di famiglia

Quando volli sposarmi, una delle cose di cui in realtà non mi sono potuta permettere il lusso è stata … chiedere a mia madre se potevo indossare il suo abito da sposa, o chiedere a mia nonna se potevo indossare il suo abito da sposa. … Mia nonna ha perso il suo quando si è trasferita in Quwait. Mia madre ha perso il suo in Quwait dopo l’invasione. … Si sono persi nelle macerie del tempo, del movimento, dello spostamento. … Non abbiamo cimeli di famiglia. …
Mia madre ho fatto caso… compra gioielli e dice cose tipo: “Darai questo ai tuoi figli e loro lo daranno ai loro figli …” Un po’ eccessivo, giusto? Mi ci è voluto un po’ per capire e dire: stai mettendo insieme una storia spezzata. Stai cercando di ricominciare.

Sulla storia della sua famiglia
I miei genitori si sono incontrati e sposati in Quwait e poi mia madre è rimasta incinta di me – in Medio Oriente ricevi documenti in base a quelli paterni. Mia madre aveva un passaporto libanese mio padre documenti di viaggio palestinesi.
E così lei – con una sorta di lungimiranza e genio – andò a “visitare” il fratello che viveva a Carbondale, Illinois. Era una donna di colore incinta di otto mesi e la lasciarono entrare, nessun problema… erano gli anni ’80, erano altri tempi. E poi mi diede alla luce, e io ero lì per la prima settimana, o giù di lì, della mia vita.
Tornammo in Quwait e poi, dopo l’invasione, andammo in Siria per un po’, poi cercammo asilo negli Stati Uniti. Così il mio passaporto per molti versi ci ha permesso di andare negli Stati Uniti. … Certamente lei non poteva sapere che, dando una sicurezza a me, stava dando una sicurezza a tutta la famiglia.

Sul fatto di come la sua famiglia risente del proprio passato
Dipende di chi parli. Penso decisamente che sia una ferita che non si è mai rimarginata, perciò l’abbiamo un po’ messa da parte. Parleremo dell’irrequietezza di mio padre e del fatto che gli piace spostarsi ogni anno o due. Parleremo del fatto che mia madre ama davvero le case e ama pensare a decorare case, fare il nido e sistemarsi.
Lo vedi in altre popolazioni traumatizzate come i sopravvissuti dell’Olocausto. Molte volte è un qualcosa che non si affronta veramente e che lascia poi alle generazioni successive il compito di reinterpretare, ripensare, ricreare una sorta di ciò che era e che è andato perduto.

Sul fatto se lei sente di avere una casa

Direi che per un tempo molto lungo ho sentito come se non appartenessi ad alcun luogo. Negli ultimi due anni ho cercato di riconsiderarlo in: io appartengo a ogni luogo. Io appartengo ad ogni luogo perché porto con me qualsiasi cultura, qualsiasi storia, qualsiasi amore per cibo, musica e memoria e fotografie che mi sono stati tramandati. Sono un po’ meno legata all’idea di un luogo fisico che dovrebbe essere abbastanza grande per contenere me e con me contenere la mia cultura e tutto ciò che per me è importante.

Traduzione di Simonetta Lambertini – invictapalestina.org
Fonte: http://www.npr.org/2017/05/04/526785965/i-belonged-nowhere-a-story-of-displacement-from-a-novelist-who-knows

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