Chissà se lo avrebbero mai detto, Ibrahim Tuqan e Fadwà Tuqan!
Tra i doni più belli della Palestina, e quindi di Dio, ci sono due fratelli; per l’esattezza, fratello e sorella che sono diventati due tra i più grandi poeti arabi della letteratura palestinese.
(Dedicato a mio fratello, con il quale condivido l’amore e l’orgoglio per le nostre doppie radici e il senso di giustizia e di libertà.)
Entrambi nati a Nablus, Ibrahim nel 1905 nella Palestina ancora sotto controllo ottomano e Fadwà nel 1917 nella Palestina sotto il mandato britannico, i due fratelli sono conosciuti nel mondo arabo come i “poeti della Palestina”. Il loro legame era talmente forte e singolare, un amore fraterno di quello che fa rumore.
Ibrahim Tuqan
Ibrahim Tuqan, considerato il precursore della poesia araba moderna, istruì la sua piccola sorella nell’ambito della poesia, portandola con se nei suoi viaggi tra Nablus, Gerusalemme, Ramallah, Beirut, Damasco e Amman.
Vittima di un attentato sionista nel 1936, Ibrahim Tuqan morì poco dopo. La tristezza, l’angoscia, il senso di solitudine fecero sprofondare sua sorella Fadwà in un oblio esistenziale. Tuttavia, la madre-patria, la Palestina, la chiamava per difenderla.
Il fervore patriottico ereditato dal fratello Ibrahim, unito al senso di dovere nel portargli onore e nella difesa della propria patria, fecero di Fadwà una poetessa spietata, dai versi voraci che non temevano di condannare l’occupazione israeliana, il disinteressamento dell’Occidente e degli altri Stati Arabi. Le sue poesie fotografano la vita palestinese nella sua triste realtà e attirarono perfino l’attenzione del generale israeliano Moshé Dayan, il quale definì le poesie della poetessa di Nablus «più pericolose per Israele delle gesta dei feddayyin» (da Francesco Gabrieli, “Sette fogli dal divano di Fadwà”, in Oriente Moderno, 60.1/6, 1980). Dayan incontrò la Tuqan e, paradossalmente, ne fu molto colpito, invitandola persino al palazzo del governo di Tel Aviv per decantare le sue poesie.
Il ruolo di poetessa della Palestina di Fadwà Tuqan
Il ruolo di poetessa della Palestina di Fadwà Tuqan non deve essere però circoscritto esclusivamente alla madre-patria; infatti, in quanto donna araba, palestinese e musulmana fondamentale è stato il suo ruolo nell’evoluzione dell’autodeterminazione della donna in una società ancorata a valori patriarcali.
Tuttavia, sarebbe altrettanto ingiusto ricordare Fadwà Tuqan solo per le sue poesie di resistenza. Molte sono difatti le sue poesie d’amore; assai interessante è quella dedicata al poeta italiano Salvatore Quasimodo incontrato a Stoccolma nel 1959, dal titolo “Non venderò il suo amore“.
Kafānī aẓall biḥuḍnihā
Una delle poesie più emblematiche di Fadwà Tuqan, relativamente al suo ruolo di poetessa della resistenza palestinese, è quella scritta in occasione dello scoppio della prima Intifada nel 1987 a Gaza, dal titolo Kafānī aẓall biḥuḍnihā (“Felice nel suo grembo”), in cui viene decantata la Palestina come madre di tutti i Palestinesi, che ne sono l’essenza.
Ibrahim Tuqan e Fadwà Tuqan sono stati due fratelli ribelli che hanno saputo dimostrare come la poesia può essere uno strumento di resistenza non violenta, volta a toccare il cuore e l’animo di chi la legge e smuoverne la coscienza.