In occasione della vittoria dello sciopero della libertà e della dignità, la vera battaglia degli scioperanti palestinesi nelle carceri israeliane che hanno affrontato l’occupante con i loro corpi e le loro vite, salutiamo i prigionieri palestinesi e il raggiungimento della loro vittoria, non solo per se stessi e le loro famiglie, ma per l’intero popolo palestinese e il movimento globale per la giustizia e la liberazione.
Salutiamo e ci congratuliamo con i prigionieri per la loro vittoria dopo 40 giorni di sacrifici, di fermezza e di lotta infinita. Salutiamo e ci congratuliamo con tutti coloro che hanno contribuito a questa vittoria, in tutta la Palestina, nei campi profughi, nelle comunità palestinesi ovunque insieme agli attivisti di tutto il mondo per la giustizia e la libertà. Salutiamo contemporaneamente questo momento come ispirazione per continuare ed elevare la nostra azione e organizzarci per la libertà – per tutti i prigionieri palestinesi, per la terra e la gente di Palestina.
Il 17 aprile, giornata dei prigionieri palestinesi, 1500 prigionieri palestinesi su quasi 6500 nelle carceri israeliane hanno lanciato il loro sciopero per una serie di richieste. Queste richieste erano semplici, concentrate sul ripristino delle visite familiari, il diritto all’istruzione, l’accesso ai media e l’assistenza sanitaria. Tra le realizzazioni dello sciopero è stato raggiunto il ripristino della seconda visita familiare mensile, annullata lo scorso anno dal Comitato internazionale della Croce Rossa (ICRC) con il pretesto dei tagli di bilancio, nonostante gli impegni presi nell’agosto 2016 per coprire i costi della seconda visita mensile per i prigionieri palestinesi.
È spaventoso arrivare ad uno sciopero di massa di 40 giorni dei prigionieri palestinesi per reintegrare le visite familiari tolte da un’agenzia internazionale che dovrebbe essere motivata dal diritto e dal benessere dei prigionieri. Lontano dall’essere un protagonista neutro, il CICR era infatti parte delle rivendicazioni dei prigionieri e ha partecipato alla riduzione/confisca dei diritti dei prigionieri palestinesi. Ciò solleva ancora una volta domande forti su ciò che veramente ha provocato il taglio delle visite familiari per i prigionieri palestinesi e sul livello di coinvolgimento israeliano in quanto all’epoca si affermò essere una semplice decisione finanziaria, nonostante le promesse palestinesi di coprire i costi.
Sebbene ulteriori informazioni sull’accordo non siano ancora state rilasciate, le notizie indicano che si sono raggiunti ulteriori risultati dello sciopero sul tema delle visite familiari, incluso l’accesso a più parenti, compresi nonni e nipoti; una migliore comunicazione, in particolare tra i bambini imprigionati e le donne e le loro famiglie, nonché l’installazione di telefoni pubblici; procedure semplificate per i divieti legati alla sicurezza e le frequenti proibizioni alle visite di famigliari imposte dall’amministrazione israeliana della prigione.
Al-Mayadeen TV ha segnalato ulteriori aspetti dell’accordo:
- L’ingresso periodico di medici esterni privati per visitare i prigionieri malati.
- Permesso a visite di membri della famiglia di “secondo grado” compresi nonni e nipoti.
- Aumento dell’importo che i detenuti possono avere a disposizione per acquisti nel canteen (negozio della prigione, dove devono essere acquistati quasi tutti i beni di prima necessità da una società israeliana)
- Aggiunta di 3 canali satellitari all’accesso televisivo dei prigionieri.
- Trasferimento dell’ospedale di Ramla alla vecchia sezione che comprende diverse sale e un’area ricreativa.
- L’installazione di un telefono pubblico per le donne detenute, i minori prigionieri e i detenuti malati, per comunicare quotidianamente con i propri familiari.
- Le visite familiari sono allungate da 45 minuti a 60 minuti.
- Possibilità di fare fotografie con i famigliari una volta all’anno.
- Aumento delle quantità di carne, verdure e frutta per i detenuti.
- Permesso all’introduzione di abbigliamento come pantaloni e borse.
- Dotazione per ciascun prigioniero di 1 litro di olio d’oliva, 1 chilo di caffè, 1/2 chilo di baklava e 1/2 chilo di za’atar.
Allo sciopero hanno partecipato il leader di Fatah Marwan Barghouthi, Ahmad Sa’adat segretario generale del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, i leader di PFLP Kamil Abu Hanish e Ahed Abu Ghoulmeh, i prigionieri palestinesi più anziani Karim Younes e Nael Barghouthi, i leader di Hamas Abbas Sayyed e Hasan Salameh, i leader di Jihad islamica Zaid Bseiso e Anas Jaradat, illeader di DFLP Wajdi Jawdat, gli ex scioperanti di lungo periodo Mohammed al-Qeeq e Samer Issawi oltre a centinaia di altri imprigionati della dirigenza del popolo palestinese.
Durante lo sciopero i prigionieri hanno affrontato una dura repressione. Sono state negate loro visite legali, visite dei familiari, hanno subito raid repressivi e devastazione delle celle, confische dei beni di prima necessità – persino il sale al quale facevano affidamento con l’acqua per preservare la loro vita e la loro salute. Per tutto questo la loro fermezza è stata un esempio di impegno e dedizione nel portare avanti la lotta. Non sono stati soli nella loro fermezza. Le madri e le famiglie dei prigionieri hanno affollato tende di solidarietà e punti di sostegno sono stati creati in ogni città, città, villaggio e campo profughi in Palestina. Molte madri dei prigionieri hanno iniziato il proprio sciopero della fame; hanno lottato, sofferto, resistito, accanto ai propri figli. Martiri sono stati uccisi per le strade della Palestina durante le proteste e le lotte per la liberazione dei loro carissimi prigionieri in mano alle forze di occupazione.
I prigionieri palestinesi hanno reso evidente con lo sciopero della dignità e della libertà il potere dell’unità palestinese. La dirigenza imprigionata di tutte le tendenze palestinesi si è unita per affrontare l’occupante, la stessa unità si è sentita durante le lotte nelle strade e nelle celle delle prigioni – e gli effetti di tale unità hanno portato al conseguimento della vittoria dei prigionieri.
Gli scioperanti della fame hanno chiesto all’occupante israeliano di contrattare con una leadership scelta da loro e hanno sconfitto tutti i tentativi di delegittimare questa scelta. Oltre a questo hanno pure dimostrato ancora una volta che la vera e rispettabile leadership del movimento palestinese di liberazione nazionale si trova nel movimento dei prigionieri palestinesi. Il movimento dei prigionieri palestinesi è al centro della lotta di liberazione del popolo palestinese nel suo complesso; lontano dall’essere a margine del movimento rappresenta il popolo palestinese e la sua resistenza.
Fondamentalmente, il movimento dei prigionieri palestinesi è e resta una voce e una forza di resistenza che continua ad affrontare ogni giorno l’occupante. Questo sciopero non solo riguardava le visite familiari, le cure mediche e i diritti umani fondamentali; fondamentalmente, è stata una conferma della resistenza palestinese, il rifiuto dell’occupante e il potere di lottare, non solo per esigenze specifiche, ma per la libertà, il ritorno e la liberazione
Trad. Invictapalestina.org
Fonte: http://samidoun.net/2017/05/victory-towards-liberation-salute-to-the-palestinian-prisoners-and-the-struggle-for-freedom/
I prigionieri palestinesi sono deportati politici, e lo sciopero della fame era prima di tutto politico. Con tanti ragazzi che si “suicidano” ai check point per testimoniare la voglia di libertà del popolo palestinese, un accordo sindacale al ribasso è un epilogo deludente, che toglie le castagne dal fuoco sia a Israele che a Abu Mazen. Ci voleva che un prigioniero si sacrificasse? Sì, ci voleva.