Oscar: La Palestina presenta  ‘Wajib’  per la categoria Lingue Straniere

La commedia drammatica – con la collaborazione di Mohammad Bakri e Saleh Bakri  per la prima volta insieme e Annemarie Jacir,  rappresenta la Palestina per la terza volta.

30 agosto 2017  by Alex Ritman

 

La Palestina ha scelto ‘Wajib’ di Annemarie Jacir come concorrente ufficiale per il 2018 agli Oscar per la categoria  lingua straniera.

Il film,   presentato al concorso ufficiale di Locarno, dove ha vinto tre premi indipendenti, vede Mohammad Bakri e Saleh Bakri,  padre e figlio, per la prima volta insieme. Gli attori palestinesi recitano in un’ironica road movie comedy immersi nei preparativi del  matrimonio nel periodo che precede le festività natalizie a Nazareth.

The Hollywood Reporter ha descritto Wajib come “una lieta e drammatica commedia sui taglienti legami comunitari”, aggiungendo che è stata costruita  “con un giusto equilibrio tra fascino e bravura” in grado di offrire “una geniale sequenza in una zona complessa e a volte tesa del Medio Oriente, come sa fare  una delle più importanti registe della zona”.

Il film – il terzo che vede la cooperazione tra Jacir e Saleh Bakri – è anche il terzo col quale la regista rappresenta la Palestina agli Academy Awards dopo   ‘Salt of the Sea’ nel 2008 e ‘When I Saw You’ nel 2012.

Dato il suo basso profilo e le pressioni della sua comunità cinematografica, la Palestina si è posizionata bene agli Oscar, conquistando due candidature nella categoria lingue straniere con ‘Paradise Now’ di Hany Abu-Assad nel 2006 e ‘Omar’ nel 2014.  Nella categoria documentari si è affermata con ‘5 Broken Cameras’ nel 2013.

‘Wajib’, che punta su Toronto, è stato prodotto da Ossama Bawardi di Philistine Films, in coproduzione con Metafora Productions, JBA Production, Cuidad Lunar, Klinker Film, Cactus World Films, Ape & Bjorn, SchortCut Films e Snowglobe Film. I Paesi di produzione sono Palestina, Francia, Colombia, Germania, Norvegia, Qatar e U.A.E.

Recensione da www.nonsolocinema.com.

Sesto film presentato in concorso al 70esimo Festival di Locarno, ‘Wajib’ è l’ottavo film della regista palestinese Annemarie Jacir interessata, come sempre, alla questione del conflitto israelo-palestinese; lo è lo stesso film, pur non essendo imperniato su di essa.

Abu Shadi, padre di famiglia lasciato dalla moglie che, dopo di lei, si è visto abbandonato anche dal figlio Shadi, ora architetto di successo a Roma, deve fronteggiare adesso anche il fatto che la figlia sta lasciando la casa di famiglia in quanto promessa sposa. La tradizione palestinese prevede di consegnare gli inviti personalmente andando casa per casa. Così padre e figlio, ormai quasi degli estranei, si ritrovano per fare le circa quattrocento consegne.

Il film, come prima accennato, ragiona in primo luogo sulla coppia di protagonisti, un padre e un figlio che non si conoscono più e conservano ricordi falsati l’uno dell’altro. Sono uniti solo dall’amore comune per la sorella, ma separati da ogni altra cosa, come il rapporto con la moglie (o madre) o la visione della Palestina, o ancora le tradizioni. Il conflitto viene portato in scena con la semplice struttura della successione delle consegne degli inviti, tra la copertura di un breve tragitto e il consueto invito a fermarsi per bere qualcosa da parte degli invitati. Abu Shadi e Shadi parlano, si confrontano, anche animatamente; ma non è solo un conflitto familiare, c’è una componente generazionale da non sottovalutare, tra un padre che ha preferito piegarsi e un figlio che, come la madre spezzata, se n’è andato. Abu Shadi è un vecchio professore in pensione che conosce un po’ tutti e ha fatto dell’arrabattarsi uno stile di vita, Shadi è il classico giovane idealista che però come il futuro suocero all’idealismo si limita, fuggendo di fatto dalla realtà in più di un modo.

Attraverso semplici espedienti, sia di ripresa che di gestione dei tempi, Jacir riesce a rivitalizzare il genere della dramacomedy familiare nera, ma che non risparmia umorismo cinico, con quello che è tutto frutto di una buona direzione degli attori. Gestendo alla perfezione, quasi dosandole, le varie anime dell’opera, la regista ottiene un effetto equilibrato, riuscendo a intrattenere raccontando una storia quasi tragica con leggerezza. Inoltre, facendo leva sulle informazioni e nozioni che emergono dai dialoghi trai due protagonisti, costruisce con facilità una mitologia familiare che più il film va avanti più inizia a permeare l’atmosfera. In questo modo si ricreano i personaggi invisibili, come la madre assente perché il secondo marito sta morendo, che evocano ricordi e le più grandi differenze ideologiche; o ancora risulta importantissima la figura del censore filo-israelita Ronnie, che si fa linea divisoria fra i due: Abu Shadi vuole invitare al matrimonio questo personaggio creato solo dai ricordi dei protagonisti per ottenere una promozione allo scopo di prendersi cura della figlia al meglio, mentre il figlio si scaglia contro di lui in quanto corpo governativo senza però sapere di cosa parla realmente, sfuggendo alle regole non-scritte ormai consolidate.

In conclusione, ‘Wajib’ è un film semplice, onesto che non va al di là delle proprie possibilità e nemmeno vuole farlo, introducendosi in un modello affermato con un film che trae molto da esso, configurandosi come una delle poche innovazioni possibili all’interno della tipologia. Non si imprime nella memoria, ma risulta molto piacevole e prende senza difficoltà a livello empatico.

trad. Invictapalestina.org

http://www.hollywoodreporter.com/amp/news/oscars-palestine-selects-wajib-foreign-language-category-1033788

Fonti: http://www.nonsolocinema.com/locarno70-wajib-annemarie-jacir.html

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