Gaza continuerà ad aggrapparsi alla vita e a non cadere nella disperazione. La nostra gioventù continuerà a proseguire nell’istruzione superiore e lavorerà per raggiungere i propri obiettivi, non importa con quali probabilità.
Copertina Ghada Abu Karsh – Gaza
di Ramzy Baroud, 4 settembre 2017
“Quando vado a coricarmi ho paura di spegnere le luci. Non sono un codardo, è solo che mi preoccupa che questa lampadina appesa al soffitto sia l’ultima luce che rimane (splendente) nella mia vita”.
Poco dopo aver scritto queste parole, Moath Alhaj, un giovane artista di un campo profughi di Gaza, è morto nel sonno. Dopo due giorni che non lo vedevano, gli amici di Moath hanno sfondato la porta di casa e lo hanno trovato rannicchiato nella sua coperta nel posto in cui ha vissuto da solo per 11 anni.
Moath viveva nel campo profughi di Nuseirat, uno dei campi più affollati di Gaza, un nome che viene associato a disagio storico, guerra e resistenza leggendaria. Cresciuto negli Emirati Arabi Uniti, Moath era tornato a Gaza per frequentarel’Università islamica, ma era rimasto lì a sperimentare tre guerre e un blocco decennale.
In qualche modo, il giovane aveva conservato una parvenza di speranza come si vede nei suoi numerosi disegni e commenti emotivi.
Moath aveva imparato a vivere in un mondo tutto suo fin da ragazzo. Il mondo esterno gli sembrava imprevedibile e, a volte, crudele.
Quando sua madre scomparve, Moath aveva solo un anno. Suo padre è morto di cancro negli Emirati Arabi Uniti e, a causa di circostanze indipendenti dalla sua volontà, Moath viveva da solo. A tenergli compagnia erano i suoi amici nel quartiere, ma soprattutto le sue produzioni artistiche, intime ma profonde.
“Sorridi, la guerra può sentire vergogna”, era uno dei suoi cartoni animati in cui una bambina con un vestito a fiori volta le spalle al lettore, guardando dall’altra parte.
I personaggi di Moath hanno sempre gli occhi chiusi, come se si rifiutassero di vedere il mondo che li circonda e insistessero nell’immaginare un mondo migliore dentro ai propri pensieri.
Dopo avere accuratamente esaminato il suo corpo, i medici hanno concluso che Moath è morto in seguito a ictus. Il suo cuore, pesante per le indicibili miserie personali e collettive, aveva ceduto. E così uno dei migliori giovani di Gaza è stato sepolto in un cimitero sempre affollato. I social media si sono riempiti di dichiarazioni di condoglianze, fatte soprattutto da giovani palestinesi di Gaza devastati nel venire a sapere che Moath era morto, che la sua ultima luce si era spenta e che la vita del giovane era finita mentre rimangono assedio e stato di guerra.
In quella stessa settimana, i Palestinesi hanno commemorato l’anniversario di tre anni dalla fine della devastante guerra di Israele contro la Striscia. La guerra ha ucciso più di 2.200 palestinesi, la maggior parte civili e 71 israeliani, la maggior parte soldati.
La guerra ha lasciato Gaza in rovina, oltre 17.000 case sono state completamente distrutte e migliaia di altre strutture, inclusi ospedali, scuole e fabbriche distrutte o gravemente danneggiate.
La guerra ha mandato completamente in frantumi qualsiasi parvenza di economia che la Striscia poteva avere avuto. Oggi, l’80% di tutti i palestinesi di Gaza vive sotto la soglia di povertà, la maggioranza dei quali dipendono dagli aiuti umanitari.
C’è un’intera generazione di palestinesi a Gaza che è cresciuta senza conoscere altro che guerra e assedio e non ha mai visto il mondo al di là dei confini mortali di Gaza.
Queste sono le voci di alcuni di questi giovani abitanti di Gaza che hanno gentilmente condiviso le loro tragiche storie personali, con la speranza che il mondo accolga questa richiesta di libertà e giustizia.
Isra Migdad è una studentessa di Finanza Islamica:
“Dopo che la nostra casa era stata parzialmente danneggiata durante la guerra israeliana del 2014, c’è voluto circa un anno e mezzo alla mia famiglia per ricostruirla, a causa dei ritardi nei permessi per fare entrare il materiale da costruzione nella Striscia di Gaza e per i prezzi proibitivi di tale materiale quando disponibile. Ho perso la borsa di studio del mio Master nel 2014 per la chiusura e per la difficile situazione finanziaria della mia famiglia dopo la guerra.
“Ho passato gli ultimi tre anni a cercare borse di studio, solo per scoprire che molte università in Europa non sanno nulla, o molto poco, dell’assedio israeliano a Gaza e della chiusura continua dei confini. Ho ottenuto un’altra borsa di studio solo per perderla di nuovo, poiché non ho avuto abbastanza tempo per completare le mie procedure di viaggio e negoziare un’uscita da Gaza.
“Sì, voglio una vita migliore, ma amo anche Gaza. Eppure, la situazione sta diventando sempre più difficile ogni giorno che passa. È difficile trovare un lavoro stabile e, anche se si ottiene un’opportunità altrove, è quasi impossibile uscire”.
Ghada, 23 anni, ha studiato letteratura inglese, e attualmente lavora come traduttrice:
“Giorno dopo giorno, la situazione a Gaza diventa più complicata e ancor peggio di prima. Dall’ultima guerra ad oggi, niente sembra sia migliorato. Niente di niente.
“Nel mio lavoro al Palestinian Trade Center (Pal-Trade) che si concentra sull’economia palestinese, ogni giorno vedo persone che lottano in tutti i settori economici. La crisi elettrica sta distruggendo imprese ovunque. Il settore agricolo è in rovina perché gli agricoltori non possono esportare i loro prodotti e nemmeno possono accedere al mercato palestinese della Cisgiordania.
“Nonostante un importante donatore si sia impegnato a sostenere la ricostruzione dopo il conflitto del 2014, la situazione per i palestinesi che vivono a Gaza non è mai stata peggiore. Inoltre, le persone a Gaza stanno affrontando una spaventosa scarsità di acqua potabile e di un adeguato e equo sistema sanitario. Anche il mare è ormai inquinato per via delle acque reflue che vengono scaricate quotidianamente. Ci sono all’orizzonte poche speranze di condizioni migliori”.
Banias Harb è un insegnante:
“La chiusura senza precedenti e il blocco imposto a Gaza hanno creato una sensazione di impotenza. Il problema più frustrante che la gioventù soffre è la chiusura del confine di Rafah. I giovani di Gaza costituiscono circa un terzo della popolazione palestinese, ma meno del 10 % di tutti i giovani ha avuto la possibilità di vedere cosa c’è al di là di Gaza. Ci sentiamo abbandonati. Soli.”
Kholod Zughbor ha una laurea in Letteratura Inglese all’Università Al-Azhar di Gaza:
“L’assedio a Gaza è in vigore dal 2006. La situazione qui era terribile anche prima che le guerre cominciassero. La disoccupazione tra i giovani di Gaza è stimata al 60 %.
“Ho assistito a tre guerre. Ho visto la vita peggiorare a poco a poco, soprattutto dopo l’ultima guerra. Tre anni dopo la guerra del 2014, la situazione è sempre più difficile e più miserabile. La Striscia di Gaza è ancora lontana dal pieno recupero, e ciò che è stato costruito è solo una goccia nell’oceano di distruzione.”
Sondos ha una laurea in Letteratura inglese. È un’assistente sociale:
“Come assistente sociale ho visitato oltre trecentocinquanta famiglie colpite dalla guerra e dalle sue conseguenze. Portano il peso di cicatrici psicologiche profonde e sono costantemente turbate dalla sensazione di catastrofe imminente. In ogni casa che ho visitato c’è una storia straziante di povertà, disoccupazione, paura del futuro, paura di un’altra guerra israeliana.
“Senza una pressione esterna su Israele i Gazawi continueranno a rivivere questo incubo nella loro prigione a cielo aperto. Non possono né ricostruire le loro case demolite, né importare beni di prima necessità, né avere accesso ad elettricità e acqua pulita regolarmente.”
“Ma Gaza continuerà ad aggrapparsi alla vita e a non cadere nella disperazione. La nostra gioventù continuerà a proseguire nell’istruzione superiore e lavorerà per raggiungere i propri obiettivi, non importa con quali probabilità. Continueranno ad usare la loro immaginazione per superare tutti gli ostacoli, come abbiamo fatto per molti anni. Il coraggio e la determinazione sono le nostre qualità più preziose”.
Yousef Aljamal, uno scrittore e studente di Gaza, ha contribuito a questo articolo.
Traduzione di Simonetta Lambertini – invictapalestina.org
fonte: https://www.middleeastmonitor.com/20170904-three-years-after-the-war-gaza-youth-speak-out/