L’Occidente potrebbe stentare a crederlo, ma ora sembra che la guerra siriana stia per finire – e Assad è il vincitore

Mentre noi tutti aspettiamo che Trump dia inizio alla Terza Guerra Mondiale, non abbiamo visto che la mappa militare del Medio Oriente è sostanzialmente, sanguinosamente cambiata. Ci vorranno anni prima che Siria e Iraq (e Yemen) vengano ricostruiti – e per gli israeliani potrebbe essere necessario andare da Putin per chiarire il pasticcio in cui ora si trovano


Robert Fisk, 7 settembre 2017

Copertina: L’esercito siriano e i suoi alleati stanno avanzando costantemente da mesi sulle posizioni dell’Isis nella provincia di Deir ez-Zor. AFP / Getty

La settimana scorsa ho ricevuto sul mio cellulare un messaggio dalla Siria. “Generale Khadour ha mantenuto la promessa”, si legge. Sapevo cosa significava.

Cinque anni fa ho incontrato Mohamed Khadour al comando di alcuni soldati siriani in un piccolo sobborgo di Aleppo, sotto il fuoco dei combattenti islamici nella parte orientale della città. All’epoca mi mostrò la sua mappa. Avrebbe riconquistato quelle strade in 11 giorni, disse.

E poi, nel luglio di quest’anno, ho incontrato di nuovo Khadour, lontano, nella parte orientale del deserto siriano. Sarebbero entrati nella città assediata di Deir ez-Zor prima della fine di agosto. Gli ho ricordato, un po’ crudelmente, che l’ultima volta che mi aveva detto che avrebbe riconquistato parte di Aleppo in 11 giorni, c’erano poi voluti più di quattro anni all’esercito siriano per riprendersela. E’ stato molto tempo fa, ha detto. In quei giorni, l’esercito non aveva imparato a combattere una guerra di guerriglia. L’esercito era stato addestrato per riprendere il Golan e difendere Damasco. Ma ora avevano imparato.

Infatti lo avevano. Nel deserto, Khadour disse che stava per bombardare la città di Sukhna – i russi avrebbero condotto gran parte del bombardamento – e le sue truppe siriane sarebbero passate da lì a Deir ez-Zor, che era stata accerchiata dall’Isis per tre anni con i suoi 80.000 civili e 10.000 soldati circondati. Khadour disse che avrebbe raggiunto Deir ez-Zor entro il 23 agosto. Ha rivelato di essere quasi morto sul bersaglio. Ora si sta dirigendo verso il resto di Deir ez-Zor e poi verso il confine siriano-iracheno.

Così sembra – dopo che la presa della città è completata e Khadour è sulla frontiera, e ora che Aleppo è totalmente nelle mani del regime e la sola provincia di Idlib rimane una pattumiera di ribelli in gran parte islamici (tra cui al-Qaeda), molti dei quali sono stati autorizzati a spostarsi lì in cambio della restituzione di pezzi di città siriane – che quello che è sempre stato impensabile per l’occidente sta ora accadendo: sembra che le forze di Bashar al-Assad stiano per vincere la guerra.

E non solo “sembra”. Hassan “Tiger” Saleh, l’ufficiale preferito dell’esercito siriano – citato due volte dal ministro russo della difesa – si è aperto una strada nel campo della 137esima brigata militare siriana a Deir ez-Zor e ha liberato i soldati che vi si trovavano, mentre Khadour, il suo comandante ( sono amici personali), sta per liberare la base aerea nella città.

Quanti ricordano il giorno in cui gli americani hanno bombardato i soldati siriani vicino a quella base aerea e ne hanno uccisi più di 60, permettendo all’Isis di tagliarla fuori dal resto della città? I siriani non hanno mai creduto alla pretesa americana di avere commesso un “errore”. Solo i russi dissero alla forza aerea degli Stati Uniti che stava bombardando le forze siriane.

I britannici sembrano già aver recepito il messaggio. Astutamente hanno ritirato i loro addestratori militari la scorsa settimana – gli uomini destinati a preparare i mitici “70.000 ribelli” di David Cameron che presumibilmente avrebbero rovesciato il governo di Assad. Anche la relazione dell’ONU, per cui il regime ha ucciso più di 80 civili in un attacco con gas questa estate, ha fatto per un po’ il gioco dei politici europei che sono abituati a giocare sui crimini di guerra in Siria e che hanno sostenuto l’insensato attacco di Donald Trump contro una base aerea siriana con missili Cruise.

E che dire di Israele? Qui c’è una nazione che veramente contava sulla fine di Assad, arrivando perfino a bombardare le sue forze e quelle dei suoi alleati Hezbollah e iraniani, dando nel contempo aiuto medico ai combattenti islamici portati dalla Siria nelle città israeliane. Non c’è da stupirsi che Benjamin Netanyahu fosse così “agitato” e “ansioso” – descrizioni russe – quando ha incontrato Vladimir Putin a Sochi. L’Iran è stato “alleato strategico” della Russia nella regione, ha dichiarato Putin. Israele è stato un “partner importante” della Russia. Che non era proprio la stessa cosa – e non quello che Netanyahu voleva sentirsi dire.
Le ripetute vittorie dei siriani fanno sì che l’esercito siriano sia tra i più “temprati alla battaglia” nella regione, i suoi soldati sono abituati a combattere per la propria vita e ora addestrati nel coordinare truppe e intelligence da un unico quartier generale. Come ha affermato questa settimana un importante studioso associato del St Antony’s College, Sharmine Narwani, questa alleanza ora ha copertura politica da parte di due membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, Russia e Cina.

Allora cosa farà Israele? Netanyahu è stato così ossessionato dal programma nucleare iraniano che evidentemente non ha mai immaginato – in compagnia di Obama, Hillary Clinton, Trump, Cameron, May, Hollande e altri membri delle élite politiche in Occidente – che Assad avrebbe potuto vincere e che un potente esercito iracheno potrebbe anche emergere dalle macerie di Mosul.

Netanyahu supporta ancora i curdi, ma né Siria, né Turchia, né Iran né Iraq hanno alcun interesse a sostenere le aspirazioni nazionali curde – nonostante l’uso militare da parte degli Stati Uniti di miliziani curdi nelle cosiddette Forze Democratiche Siriane (che sono in gran parte curde piuttosto che “siriane”, non proprio ‘democratiche’ e a stento una ‘forza’, senza la forza aerea degli Stati Uniti).

Così, mentre siamo tutti in attesa che Donald Trump e Kim Jong-un inizino la Terza Guerra Mondiale, non abbiamo visto che la mappa militare del Medio Oriente è sostanzialmente, sanguinosamente cambiata. Ci vorranno anni prima che Siria e Iraq (e Yemen) siano ricostruiti, ma gli israeliani, così abituati a chiedere aiuto a Washington, potrebbero tornare di nuovo da Putin per risolvere il pasticcio in cui si trovano.

Quelli della destra politica israeliana che sostenevano che Assad fosse un pericolo maggiore dell’Isis potrebbero dover rivedere le loro idee – non ultimo perché Assad potrebbe essere l’uomo con cui dovranno parlare se vogliono mantenere sicuro il loro confine settentrionale.

Traduzione Simonetta Lambertini – invictapalestina.org

Fonte: http://www.independent.co.uk/voices/syrian-war-ending-bashar-al-assad-won-robert-fisk-syria-middle-east-israel-british-troops-a7933966.html

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