Renderò la metà di voi disabili e lascerò l’altra a spingere le sedie a rotelle

I sopravvissuti al fuoco vivo di Israele parlano della pratica israeliana del “kneecapping “, lo sparare ai giovani agli arti inferiori – Copertina Mustafa Elayan, 17 anni, colpito alle gambe dall’esercito di occupazione [Jaclynn Ashly/Al Jazeera]

Facciamo conoscere Israele, condividiamo in modo particolare tutti i post che riportano il simbolo del giro d’Italia. Firma per spostare la partenza del giro: Petizione

“Per tutto il gruppo RCS e per il Giro d’Italia in particolare è un’opportunità unica portare un evento come il nostro in Israele, prima volta per un grande Giro fuori dall’Europa”, ha dichiarato Paolo Bellino, direttore generale di RCS Sport. Fanno da eco le parole di Luca Lotti, ministro dello sport: “La partenza da Gerusalemme sottolinea l’esistenza di un ponte ideale, fatto di storia, cultura e tradizioni, tra le nostre terre”. Entusiasta delle novità del giro anche Ivan Basso: “Questa corsa è il massimo, non finisce mai di stupire. Ogni anno il Giro presenta qualche novità, rendendola unica. Questa volta lo è ancora di più con la partenza dalla città più spirituale del mondo. Lo renderà ancora più speciale”.

Di Jaclynn Ashly
21 settembre 2017

Betlemme, Cisgiordania occupata – Nel campo per rifugiati di Dheisheh, è comune vedere adolescenti palestinesi con profonde cicatrici su tutta la lunghezza delle loro gambe, mentre poster e murales dei palestinesi uccisi dalle forze israeliane adornano i muri di cemento – testimonianza di una realtà inquietante della violenza  di routine israeliana nel campo.

La legge internazionale proibisce l’uso di munizioni vere verso i civili, tranne che come ultima risorsa per imminente minaccia per la vita. Tuttavia, i soldati israeliani sparano liberamente proiettili veri ai palestinesi durante gli scontri o i raid militari.

I gruppi per i diritti sia israeliani che palestinesi hanno notato che l’uso eccessivo della forza da parte di Israele sui palestinesi ha causato molte disabilita’ permanenti e temporanee nel territorio palestinese occupato.

Parecchi residenti nel campo di Dheisheh sono anche stati di recente uccisi, l’ultimo dei quali era il 22enne Raed al-Salhi, che è stato colpito più volte durante un raid dell’esercito israeliano il mese scorso. E’ morto per le sue ferite il 3 settembre all’ospedale Hadassah di Gerusalemme, dopo circa un mese.

La ONG palestinese Badil con sede a Gerusalemme riferisce di un significativo aumento dei feriti palestinesi nei campi per i rifugiati, la maggior parte dei quali  causati da munizioni vere. La maggioranza delle ferite da arma da fuoco sono dirette agli arti inferiori dei giovani dei campi, ora comunemente riferite come “kneecapping “.

I residenti del campo di Dheisheh dicono che un comandante dell’esercito israeliano, che i giovani riferiscono come “Capitano Nidal “, aveva minacciato di rendere intenzionalmente disabili i palestinesi nel campo. “Renderò la metà di voi disabili e lascerò l’altra a spingere le sedie a rotelle”, è stato riferito che ha detto.

Badil ha sottolineato che le minacce indicano che gli incidenti di “kneecapping” non sono accidentali o isolate ma il risultato  di una politica sistematica dell’esercito israeliano volta a sopprimere la resistenza, a terrorizzare i giovani palestinesi, e a ferirli in modo permanente e/o a causare un danno significativo al loro benessere fisico e mentale”.

Issa al-Mu’ti, 15 anni : ” Non riuscivo a sentirmi le gambe – tutto ciò che vedevo era il sangue “

Avevo 12 anni. Era il 2015. Erano scoppiati scontri con i soldati israeliani all’entrata nord di Betlemme. Io ero a casa con la mia famiglia quando ho saputo che mio fratello più giovane  partecipava agli scontri.

Avevo paura per lui. Non sarebbe dovuto andare. Ho deciso di andare a cercarlo e riportarlo al campo.

Quando sono arrivato, gli scontri erano in corso. Gli israeliani stavano sparando gas lacrimogeni e proiettili di acciaio con la punta di gomma. Ma comunque, ho continuato a cercare mio fratello. Improvvisamente, i soldati hanno aperto il fuoco con proiettili veri. Sono caduto a terra. Non potevo alzarmi o muovere le gambe. Mi sono guardato intorno per un aiuto, e ho visto i soldati che sparavano ai palestinesi che stavano correndo via.

Un cane della polizia israeliana ha cominciato ad attaccarmi, mordendomi la gamba. Ho cercato di respingerlo, ma poi sono arrivati i soldati . Mi hanno trascinato sull’asfalto picchiandomi, dandomi anche calci alla gamba. Non si erano accorti che ero ferito. Quando hanno visto le mie ferite, le loro facce si sono contorte per lo shock, e si sono allontanati.

Immediatamente ho guardato in basso. Le mie gambe sembravano così spaventose. Non riuscivo a sentire niente – tutto ciò che vedevo era  sangue. Ho scoperto più tardi che ero stato colpito da due proiettili ad espansione a ciascuna gamba. L’uso di questi proiettili è proibito dalle leggi internazionali.

I soldati hanno passato un po’ di tempo fissandomi da lontano. Potrei dire che erano storditi e non sapevano cosa fare. Infine, sono stato portato all’ospedale Hadassah a Gerusalemme. Ho passato in ospedale tre mesi, oltre un mese  sono stato ammanettato al letto dell’ospedale.

Issa mostra una foto di quando era all’ospedale. Mostra la sua gamba dopo lo sviluppo della cancrena e il suo braccio ammanettato al letto dell’ospedale Hadassah di Gerusalemme [Jaclynn Ashly / Al Jazeera]
Soldati israeliani armati stazionavano nella mia camera per tutto il tempo e talvolta l’intelligence israeliana veniva all’ospedale per interrogarmi sul lancio di pietre e bottiglie Molotov contro i soldati.

Il dolore era atroce. Ho avuto un intervento chirurgico alla gamba sinistra e 20 alla gamba destra. La mia gamba destra aveva le ferite peggiori. I dottori mi hanno detto che le mie vene erano state distrutte dai proiettili, così il sangue non riusciva a raggiungere la gamba.

Ho sviluppato una cancrena in ospedale e i dottori hanno detto che sarebbe stato necessario amputare la mia gamba.

All’inizio, mi sono rifiutato. Cosa avrei fatto nella vita con una gamba sola? Sentivo come se la mia vita fosse stata rovinata. Ma il dolore per la cancrena peggiorava . La mia gamba era diventata nera e si era seccata. Era arrivata al punto che tagliarla sarebbe stato un sollievo.

La protesi applicata a Issa

Le ferite hanno cambiato tutto nella mia vita. Non posso camminare per lunghi percorsi. Prima di essere ferito, lavoravo per aiutare la mia famiglia. Non siamo una famiglia ricca, così era importante per me contribuire alla gestione della casa. Ma ora non posso fare niente.

La mia famiglia ha denunciato  i soldati ad un tribunale israeliano.

Poco dopo, soldati israeliani sono venuti a casa nostra e hanno molestato mio padre. Lui lavora ad un forno a Gush Etzion [uno dei blocchi degli insediamenti illegali di Israele]. I soldati lo minacciano spesso, dicendogli che gli revocheranno il  permesso israeliano così non potrà mai più lavorare – cosa che distruggerebbe la nostra famiglia – o che mi metteranno in prigione se la mia famiglia non ritirerà la denuncia.

So che i soldati probabilmente non saranno mai puniti. Sono israeliani che affronteranno un tribunale israeliano. Ma loro mi hanno reso disabile per sempre e mi hanno sparato intenzionalmente con proiettili vietati. Come potrebbero non essere ritenuti responsabili?

Ramzi Ajamiah, 15 anni :” Siamo tutti afflitti psicologicamente “

Ramzi in piedi accanto a un manifesto del giovane palestinese ucciso Raed al-Salhi [Jaclynn Ashly / Al Jazeera]
I soldati israeliani mi hanno sparato a tutte e due le gambe. Il proiettile che ha attraversato la mia gamba sinistra mi ha colpito la rotula. Ha colpito anche un nervo, così i dottori non sono riusciti ad estrarre il proiettile. I frammenti del proiettile sono rimasti nella mia gamba sinistra.

Non posso camminare per lunghi periodi di tempo. Talvolta le mie gambe cedono. Specialmente nei mesi invernali, il freddo rende il dolore peggiore. A volte, il dolore è così forte che non posso andare a scuola. Ho perso più di un anno scolastico per le mie ferite.

L’incidente è accaduto alle 6 del mattino nel 2016, quando i soldati israeliani hanno fatto un raid nel campo. I soldati di routine entrano nel campo con autobus civili, non con veicoli militari, così non sono facilmente identificabili.

Uno di questi autobus era parcheggiato davanti alla scuola. Quando i soldati sono usciti dall’autobus, Immediatamente sono scoppiati scontri.

I soldati mi hanno sparato con un proiettile vero alla gamba sinistra. Ero in shock e il mio corpo è crollato a terra. Un mio amico ha visto quello che stava accadendo, è corso verso di me e ha tentato di portarmi lontano dagli scontri. In quel momento, Uno dei soldati ha sparato al mio amico in una gamba. Ma lui ha continuato ad andare avanti. Allora gli hanno sparato di nuovo all’altra gamba e siamo caduti tutti e due.

È stato allora che i soldati mi hanno sparato di nuovo alla gamba destra.

Ho passato almeno un mese in ospedale. I dottori hanno dovuto rimuovere della pelle da altre parti del mio corpo ed impiantarla nella gamba, perché il proiettile aveva portato via larghi lembi di carne dalla mia gamba. Durante l’intervento hanno inserito dei ganci per tenere insieme la carne, poi mi hanno fasciato le gambe con delle bende.

Dopo due settimane che ero stato dimesso dall’ospedale, I soldati israeliani sono venuti a casa mia nel mezzo della notte per arrestarmi. Pensavo che i soldati mi avrebbero lasciato in pace dopo avermi sparato. Ma mi hanno trascinato fuori dal letto, mi hanno ammanettato e bendato, e mi hanno gettato in una jeep militare. Hanno detto che avevo lanciato pietre ai soldati nel campo.

Le cicatrici sulla gamba di Ramzi dopo che sono state colpite dai soldati israeliani [Jaclynn Ashly / Al Jazeera]
Ho passato due settimane nel centro di detenzione israeliano di Ofer vicino Ramallah. Ho ricevuto poche cure mediche dal dottore della prigione. Sembrava lo facesse apposta per far peggiorare le mie ferite.

La prima cosa che ha fatto è stato rimuovere le bende . Senza le bende, i ganci nella mia gamba si impigliavano alla coperta del letto durante la notte. C’era così tanto sangue per tutto il tempo. Invece di rimettere le bende, il dottore ha cominciato a rimuovere tutti i ganci. Le mie ferite sono peggiorate dopo questo.

Comunque, il dolore non è solo fisico. Tutti  noi che siamo stati feriti dagli israeliani siamo afflitti psicologicamente dal trauma.

Ho sviluppato una dipendenza dagli antidolorifici che mi servono per affrontare le mie ferite. Mio padre ha iniziato a nascondermi le medicine. Mi arrabbiavo quando non potevo prenderle. Sono passato attraverso severe rinunce; soffrivo anche di allucinazioni e ho cominciato a parlare da solo.

Ogni  mio amico è stato ferito o detenuto dai soldati israeliani. La nostra comunità è tuttora sconvolta dalla morte di Raed [Raed al-Salhi ]. Lui è stato l’ultima vittima di Israele e tutti lo amavano al campo. Ognuno di noi potrebbe incontrare il suo destino.

Io ed Issa siamo i migliori amici. Siamo i soli fuori dai nostri amici a non essere imprigionati o morti a causa di Israele.

Mustafa Elayan, 17 anni:” Vogliono renderci impotenti “

“Ho urlato per chiedere aiuto, ma nessuno era vicino”, dice Mustafa [Jaclynn Ashly / Al Jazeera]
Mi stavo dirigendo all’ingresso del campo durante le ore mattutine nel 2015, dove erano scoppiati scontri con i soldati israeliani. Quando sono arrivato, sono stato improvvisamente colpito alla gamba destra. Non lo sapevo in quel momento, ma c’era un cecchino israeliano appostato sul tetto di uno degli edifici circostanti che mi aveva preso di mira.

Sono caduto a terra. Gridavo aiuto, ma non c’era nessuno intorno. Tutti scappavano via dalla zona, così ho cominciato a trascinarmi indietro verso il campo. Alcuni ragazzi del campo infine mi hanno visto e mi hanno portato via.

I soldati israeliani erano appostati a tutte le entrate del campo e impedivano l’ingresso alle ambulanze. Una macchina privata ci ha portato all ‘ospedale, ma ci sono voluti almeno 40 minuti per trovare una via di uscita dal campo. Sanguinavo dappertutto. Tutto ciò che riuscivo a pensare era il dolore. Avevo paura di non arrivare vivo in ospedale o di essere arrestato dai soldati.

Sono finito al Centro di Riabilitazione dell’ospedale di Beit Jala, dove i dottori mi hanno detto che avevo  una ferita rara. Il proiettile era passato proprio attraverso la mia gamba e aveva distrutto un grappolo di nervi. A volte, uno shock elettrico viaggiava per il mio corpo a causa dei nervi danneggiati.

I dottori facevano di tutto per alleviarmi il dolore. Consumavo antidolorifico dopo antidolorifico. I dottori mi iniettavano anche un anestetico nella spina dorsale. Ma nulla funzionava.

Per circa cinque mesi, tutto quello che ho sentito, visto, o pensato è stato il dolore. L’ospedale poi ha cominciato ad esaurire la medicazione per il dolore. Era chiaro che avevo bisogno di essere trasferito ad un altro ospedale.

I residenti di Dheisheh stavano seguendo il mio caso. Per settimane, hanno protestato e bloccato il traffico sulla strada principale fuori dal campo e hanno chiesto all’Autorità Palestinese di fare qualcosa per aiutarmi. Finalmente, la PA si è coordinata con gli israeliani, e mia madre ed io abbiamo avuto il permesso perché fossi ricoverato all’ospedale militare Tel HaShomer, a Tel Aviv.

L’ambulanza mi ha lasciato al checkpoint “300” a Betlemme, dove si pensava che sarei stato trasferito su un’ambulanza israeliana. Ma i soldati mi hanno lasciato su una barella in  strada per quattro ore. Si prendevano gioco di me, mi davano pugni sulla spalla, dicendomi , “Congratulazioni, sei un eroe ora “, e mi hanno detto che stavo andando in prigione.

“Ho consumato un antidolorifico dopo l’altro”, ricorda Mustafa [Jaclynn Ashly / Al Jazeera]
Quando siamo finalmente arrivati, io e mia madre non abbiamo potuto comunicare con nessuno. Non c’era nessuno che poteva parlarci in arabo. Gridavo così forte per il dolore che gli infermieri mi hanno trasferito in una stanza separata, dove fuori stazionava una guardia israeliana.

Hanno chiuso a chiave la porta e sigillato tutte le finestre, e non hanno neanche permesso a mia madre di uscire dalla stanza. Mia madre doveva dormire sul pavimento duro e freddo perché gli israeliani hanno rifiutato di fornirle un materasso.

Ho passato 19 giorni in quell’ospedale. Non ho ricevuto alcun trattamento. Mi davano solo del Panadol ogni poche ore. Talvolta, un’infermiera entrava nella stanza e mi gridava in arabo, accusandomi di lancio di pietre e chiamandomi suo nemico. Quando tentavamo di avere da lei delle informazioni sul mio trattamento, lei diceva di non conoscere l’arabo.

Non sapevamo cosa fare. Rimpiangevo di essere venuto in ospedale. Il modo in cui ero trattato, mi faceva sentire come se fossi stato ferito un’altra volta.

I nostri amici e la famiglia a Dheisheh si sono collegati con i palestinesi del ’48 [cittadini palestinesi di Israele] su Facebook per vedere se potevano aiutarci . Alcuni di loro sono venuti in ospedale per cercare di capire cosa stesse accadendo. I dottori hanno detto loro che mi avrebbero amputato la gamba.

Ci siamo molto spaventati. Un giorno un gruppo di palestinesi del ’48 sono riusciti ad entrare nella mia stanza travestiti da guardie.

Mi hanno avvolto in una coperta, messo su una sedia a rotelle, e mi hanno portato fuori dall’ospedale. Mi hanno caricato su una macchina israeliana gialla e mi hanno riportato all’ospedale di Beit Jala.

Quattro mesi dopo, un gruppo di attivisti italiani è venuto in ospedale per vedermi dopo avere sentito il mio caso. Mi hanno portato in Italia per farmi operare, almeno un anno dopo che ero stato ferito.

I dottori italiani mi dicono che, un giorno, potrò di nuovo correre. Non sento più il dolore, ma non posso sentire niente dal ginocchio in giù. Non posso neanche muovere il piede, così non ho speranza di recuperare completamente.

Le ferite hanno distrutto la mia vita. Non posso camminare normalmente. Non sono più andato a scuola da quando sono stato colpito. Non posso fare molto altro ora se non stare a casa o qualche volta girare per il campo.

Ma la mia situazione non è unica. Le politiche israeliane sono incentrate sul renderci disabili. Non vogliono neanche ucciderci. Vogliono mantenerci vivi, ma renderci impotenti a fare ogni cosa contro di loro.

Segnalazione supplementare da Soud Hefawi

 

Trad. Il Popolo che non esiste.

fonte: http://www.aljazeera.com/indepth/features/2017/09/israel-disabling-palestinian-teenagers-170911085127509.html

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Protected by WP Anti Spam