In occasione del cinquantesimo anniversario della morte del Che, ci è sembrato interessante pubblicare un articolo sulla sua visita di sostegno a Gaza scritto dal Dr. Salman Abu Sitta il 20 luglio 2015.
Copertina: Che Guevara al centro, all’estrema destra Abdullah Abu Sitta di profilo, Qassem el Farra è il terzo alla destra del Che
di Salman Abu Sitta, 8 ottobre 2015
Che Guevara a Gaza: la Palestina diventa una causa mondiale
del Dott. Salman Abu Sitta
Pubblicato il 21 luglio 2015 in Palestine chronicle
Il Che visitò Gaza il 18 giugno 1959. Durante la sua visita ai campi profughi palestinesi, i profughi lo accolsero con canti inneggianti alla rivoluzione cubana.
La visita di Che Guevara a Gaza nel 1959 fu il primo segno della trasformazione della colonizzazione sionista in Palestina da conflitto regionale a lotta mondiale contro il colonialismo. Il fattore scatenante fu la Conferenza di Bandung nel 1955 e il Movimento dei Paesi non allineati che ne scaturì, i cui membri si erano da poco scrollati di dosso il giogo della dominazione straniera. Il prestigio di Nasser come leader mondiale nella lotta contro l’imperialismo e il colonialismo, aveva portato i leader mondiali a prendere coscienza dei devastanti risultati della pulizia etnica della Palestina, dimostrati chiaramente dai campi profughi di Gaza.
La Striscia di Gaza diventò il simbolo della Palestina. Questo piccolo pezzo di terra (1,3% della Palestina) era rimasto l’unico luogo dove sventolava ancora la bandiera della Palestina; ha portato una parte pesante del fardello della “Nakba” (l’esodo forzato) quando divenne un rifugio temporaneo per gli abitanti di 247 villaggi del sud della Palestina espulsi dalle loro case. I villaggi meridionali subirono la pulizia etnica nell’operazione militare israeliana “Yoav”, detta anche “Le dieci piaghe”, nell’ottobre 1948. Dopo non rimase un solo villaggio palestinese. Questo atto di totale pulizia etnica fu favorito da numerosi massacri perpetrati a Al Dawayima, Bayt Daras, Isdud, Burayr, tra gli altri. I profughi, ora confinati nella Striscia di Gaza, non erano immuni dagli attacchi israeliani anche dopo la loro espulsione. L’ospedale di Majdal fu bombardato nel novembre del 1948, così come il vicino villaggio di Al Joura, che sorgeva sul sito dell’antica Ashkelon e da cui emergeranno molti futuri leader di Hamas. Nel gennaio 1949 gli israeliani bombardarono, nelle ore di punta, i centri di distribuzione di cibo a Dayr al Balah e Khan Younis – i raid aerei uccisero più di 200 persone. Queste incursioni sono state descritte dalla Croce Rossa, di solito moderata nelle sue affermazioni, come una “scena dell’orrore”.
L’occupazione delle terre palestinesi e l’espulsione della loro popolazione portarono ad un movimento di resistenza, noto come fedayin.
Questi combattenti della resistenza attraversarono la linea dell’armistizio per attaccare coloro che occupavano le loro terre.
Con lo scopo di fermare le incursioni dei fedayin ed eliminare l’idea di resistenza, Israele attaccava continuamente i campi profughi della Striscia di Gaza. Nell’agosto del 1953, l’unità 101, guidata da Ariel Sharon, attaccò il campo profughi di Bureij e massacrò 43 persone nei loro letti. Nell’agosto 1955, le forze israeliane, guidate ancora una volta da Ariel Sharon, fecero saltare in aria la stazione di polizia a Khan Younis, uccidendo 74 poliziotti. Nello stesso anno, gli israeliani uccisero 37 soldati egiziani nella stazione ferroviaria di Gaza e 28 altre persone che si stavano preparando a difenderli. L’ultimo attacco ha cambiato il corso della storia nella regione.
Il presidente egiziano Gamal Abdel Nasser, che prese il potere in Egitto nel luglio 1952, firmò il primo accordo di armamento con il blocco sovietico per l’acquisto delle armi che gli erano state negate dai britannici. Autorizzò anche la resistenza fedayin, organizzandola ufficialmente con il colonnello Mustafa Hafez. Il 29 ottobre 1956, Israele invase il Sinai in accordo con la Gran Bretagna e la Francia. I soldati israeliani entrarono a Khan Younis il 3 novembre 1956 e riunirono tutti i maschi di età compresa tra 15 e i 50 anni davanti alle loro case per ucciderli a sangue freddo davanti alla loro porta o contro un muro nella piazza principale della città. I nomi delle 520 persone uccise furono registrati. La settimana seguente un altro massacro di profughi ebbe luogo a Rafah. Per lungo tempo l’Occidente ha mantenuto un silenzio assordante su queste stragi fino a quando il talentuoso fumettista Joe Sacco non le ha immortalate nel suo libro “Footnotes in Gaza”.
Questi tragici eventi attirarono l’attenzione del mondo quando Nasser divenne uno dei leader riconosciuti del Movimento dei Paesi non allineati, seguito alla Conferenza di Bandung nel 1955. Gli eventi della Striscia di Gaza e della Palestina arrivarono su scala mondiale come l’ultimo caso di colonialismo e di pulizia etnica.
Come risultato di questo sviluppo politico, Che Guevara, il rivoluzionario latinoamericano, venne a visitare la striscia di Gaza su invito di Nasser. La visita di Guevara fu fondamentale. Era la prima volta che un famoso rivoluzionario veniva a constatare di persona la devastazione creata dalla “Nakba” (l’esodo forzato). Fu accolto con entusiasmo dai capi della resistenza, come Abdullah Abu Sitta, capo dei fedayin (e capo del fronte meridionale durante la rivolta araba del 1936) e Qassem el Farra, segretario della municipalità di Khan Younis che teneva i registri dei fedayin e delle loro attività. Entrambi erano membri del Consiglio legislativo della Palestina.
Secondo le testimonianze che ho raccolto a proposito della visita dai contemporanei, Guevara disse ai profughi palestinesi che dovevano continuare a combattere per liberare le loro terre. “Non c’è altro che la resistenza all’occupazione”, disse. Ammise che il loro caso era “complesso” perché i nuovi coloni ebrei occupavano le loro case. “Il diritto deve essere definitivamente ristabilito”, affermò. Si offrì di fornire armi e formazione, ma Castro voleva che questo aiuto fosse coordinato da Nasser.
Mustafa Abu Middain, capo del campo di Al Bureij, portò Guevara a visitare il campo e gli fece constatare la povertà e le difficoltà dei profughi. “Abbiamo i peggiori casi di povertà”, Guevara replicò: “Dovrebbe mostrarmi quello che ha fatto per liberare il suo paese. Dove sono i campi di addestramento? Dove sono le fabbriche di armi? Dove sono i centri di mobilitazione del popolo?”
Guevara era accompagnato dal generale Caprera, esperto di guerriglia. Caprera incontrò i capi della comunità per dare consigli sui metodi di resistenza. Guevara divenne l’icona della resistenza palestinese e della lotta per la libertà.
Nasser mostrò un grande interesse per la visita di Guevara. Lo incontrò nel suo ufficio, lo condusse ad incontri pubblici e ufficiali, lo presentò ai capi della comunità e gli diede delle medaglie. Fu l’inizio delle relazioni molto strette tra l’America Latina rivoluzionaria e Nasser e i palestinesi, relazioni che continuano oggi.
Dopo la visita Cuba ha offerto borse di studio agli studenti palestinesi, concesso la cittadinanza ai profughi palestinesi e organizzato numerose conferenze a sostegno della Palestina.
Durante la guerra israeliana contro Gaza nell’estate del 2014, Cuba inviò tonnellate di aiuti umanitari a Gaza e ricevuto i feriti. Il sostegno si estese alla maggior parte dei paesi dell’America latina. Il Salvador, il Cile, l’Ecuador, il Perù e il Brasile ritirarono tutti i loro ambasciatori da Israele in segno di protesta. Il presidente boliviano Evo Morales qualificò Israele come “stato terrorista” e limitò le autorizzazioni d’ingresso agli israeliani nel suo paese. Il presidente Nicolás Maduro del Venezuela “ha condannato con forza le azioni dello Stato illegale di Israele contro l’eroico popolo palestinese”. La campagna di solidarietà del Nicaragua con la Palestina fu molto intensa sia ufficialmente che tra la gente. I presidenti di Uruguay, Brasile, Argentina e Venezuela pubblicarono una dichiarazione congiunta che chiedeva la cessazione della violenza e la fine del blocco israeliano della Striscia di Gaza.
Negli anni ’50 Guevara non era l’unica personalità nota del Movimento dei Paesi non allineati a sostenere i diritti dei palestinesi e una Palestina libera. Anche Jawaharlal Nehru, primo ministro dell’India, venne a visitare Gaza nello stesso periodo. Questo fu l’inizio del sostegno da parte dell’India e di altri paesi asiatici alla Palestina.
Oggi la Palestina è il simbolo della lotta per la liberazione dell’ultimo e più lungo progetto coloniale. Ecco perché più di tre quarti dei paesi del mondo appoggiano la Palestina alle Nazioni Unite.
Quelli che non lo fanno sono i vecchi paesi occidentali colonialisti che sono all’origine del progetto coloniale in Palestina.
Dr. Salman Abu Sitta
Pubblicato il 21 luglio 2015 su Palestine chronicle
Il Dr. Salman Abu Sitta è nato in una famiglia di notabili di Beersheba nel 1937. Quando aveva dieci anni la sua famiglia fece parte della prima ondata di profughi che fuggirono a Gaza mentre le forze israeliane lanciavano la loro campagna di pulizia etnica della Palestina. Fu poi iscritto al prestigioso liceo Al-Saidiya a Il Cairo, dove ottenne il primo posto in tutto l’Egitto. Ha proseguito gli studi presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università del Cairo, seguiti da un dottorato di ricerca in Ingegneria Civile dell’Università di Londra. E’ a Londra che ha iniziato a raccogliere mappe e documenti relativi a ogni centimetro di terra della Palestina, al fine di rigettare categoricamente la maggior parte delle rivendicazioni di Israele sulla Palestina.
Articolo originale in inglese:http://www.palestinechronicle.com/che-guevara-in-gaza-palestine-becomes-a-global-cause/
Fonte: http://lagazetteducitoyen.over-blog.com/2017/10/histoire-grace-a-la-visite-de-che-guevara-a-gaza-en-1959-la-palestine-devient-une-cause-mondiale.html
Traduzione Simonetta Lambertini – invictapalestina.org
Fonte: http://arretsurinfo.ch/1959-grace-a-la-visite-de-che-guevara-a-gaza-la-palestine-devient-une-cause-mondiale/