CAMPAGNA NAZIONALE: Fermiamo le ruote dell’occupazione israeliana!

NON FACCIAMOCI PRENDERE IN…GIRO!
Fermiamo le ruote dell’occupazione e lasciamo a Israele la maglia nera

«Come parte di una rivoluzione nel marketing del nostro paese, che vede Israele quale destinazione turistica e per il tempo libero, stiamo portando il Giro d’Italia nel nostro paese – una gara spettacolare che mostrerà i paesaggi incredibili di Israele a milioni di spettatori in quasi 200 paesi nel mondo. […] Abbiamo lavorato negli ultimi anni con il Giro pubblicizzando Israele, quest’anno intensificheremo questa cooperazione e sono sicuro che ne vedremo il risultato. Insieme, promuoveremo Israele come destinazione turistica. Le immagini del paesaggio spettacolare di Israele daranno ulteriore impulso alle nostre campagne in tutto il mondo e sono sicuro che questo contribuirà a far crescere ulteriormente il turismo in Israele».

Questo il commento del ministro del turismo israeliano alla presentazione ufficiale del Giro d’Italia 2018 a Gerusalemme, avvenuta provocatoriamente nello stesso giorno della ricorrenza del 35° anniversario del massacro di Sabra e Shatila.

Una scelta faziosa e strumentale, quella della RCS Mediagroup S.P.A., di far partire l’edizione 2018 del Giro d’Italia da Israele, dove si svolgeranno le prime tre tappe: Gerusalemme, a seguire Haifa e Tel Aviv e per finire una tappa che attraverserà il deserto del Negev.

Così come nel 2008 la Fiera del Libro di Torino fu “sequestrata” per celebrare il 60° della fondazione dello Stato d’Israele, dieci anni dopo assistiamo al “sequestro e alla deportazione” del Giro d’Italia nella Palestina Occupata, per celebrare con malcelata ipocrisia il 70° della fondazione dello Stato d’Israele.

La ragione ufficiale di tale scelta riguarda la volontà di dedicare questa edizione del Giro alla memoria di Gino Bartali, il cui nome è stato impresso sul muro dei “Giusti tra le Nazioni” per aver salvato diverse centinaia di ebrei italiani dalle persecuzioni nazifasciste. Ancora una volta dietro il paravento della terribile tragedia che è stata l’olocausto si tenta di far permeare l’associazione tra “semitismo” e “sionismo”, confondendo volutamente due termini che hanno accezioni molto diverse, per poter tacciare di antisemitismo quanti si mobilitano contro l’occupazione della Palestina. Mentre con “semita” si indica infatti l’appartenenza ad un gruppo linguistico del Vicino Oriente (che comprende tanto l’arabo quanto l’ebraico), il “sionismo” è l’ideologia politica fondante dello Stato colonialista d’Israele basata su una dottrina razzista: i suoi teorici professano la colonizzazione della Palestina per costruirvi lo “stato ebraico” negando l’esistenza di una popolazione autoctona, l’intera legislazione israeliana è discriminatoria sia nei confronti dei palestinesi sia nei confronti degli ebrei stessi gerarchizzati in una piramide che segue come parametro la purezza della “razza”.

Altro che la favola raccontata dello sport che riavvicina i popoli e promuove la pace, per il 101° Giro d’Italia, con un chiaro significato politico, è stato scelto di valorizzare Israele come teatro delle tappe iniziali, inneggiando alla politica dell’Occupazione e dell’Apartheid. Aspetto, questo, che emerge con evidenza da almeno 3 elementi:

La scelta della data. Il 15 maggio 2018 cade il 70° anniversario dalla nascita dell’entità sionista, quindi l’ufficializzazione dell’occupazione della Palestina. Promuovere la partenza di quest’evento ciclistico proprio in quei giorni significa di fatto dimenticare volutamente la Nakba del popolo palestinese, la sua diaspora e la colonizzazione della sua terra.

La scelta del tragitto. Per evitare “incidenti” le tre tappe previste toccano unicamente i Territori del ‘48 evitando di proposito zone come la Cisgiordania dove i chek point, il Muro dell’Apartheid e la stessa presenza dei palestinesi avrebbero potuto smascherare il vero volto del colonizzatore vanificando l’impegno di Israele di autocelebrazione e soprattutto di riabilitazione dopo le barbarie (mostrate anche dai media mean stream) di cui si è macchiata durante gli attacchi contro Gaza.

La partenza da Gerusalemme. Anche questa decisione non fa che alimentare la falsa diceria che sia questa, anziché Tel Aviv, la capitale di Israele, sebbene persino l’Onu consideri la proclamazione di Gerusalemme capitale da parte del parlamento israeliano «nulla e priva di validità, una violazione del diritto internazionale e un serio ostacolo alla pace in Medio Oriente».

Inoltre la rivendicazione di Gerusalemme (Al Quds) come capitale della Palestina libera dall’occupazione è uno dei pilastri su cui le forze della Resistenza Palestinese hanno sempre trovato unità, insieme al diritto al ritorno dei profughi, alla liberazione dei prigionieri palestinesi, alla rivendicazione della Palestina storica.

Questo tipo di eventi – e lo dimostrano anche i 4 milioni di euro stanziati da Israele per gli organizzatori del Giro – rientrano in una precisa strategia che ha lo scopo di presentare uno stato colonialista come una democrazia ricca di cultura e modernità per ripulirne l’immagine a livello internazionale. Immagine macchiata dagli orrori compiuti in 70 anni di occupazione che hanno visto violenti operazioni militari, rastrellamenti, uccisioni, arresti di uomini, donne, anziani e persino minori, abusi, il furto delle terre e dell’acqua, la costruzione del muro dell’Apartheid. Violenze che i colonizzatori chiamano “diritto a difendersi” mentre nella pratica si traducono nel “diritto ad occupare”. Violenze che, è facile prevedere, il Giro d’Italia non solo non mostrerà ma si propone di celare.

Tale scelta si inserisce nell’ampio quadro di legami che unisce a doppio filo lo stato italiano e quello sionista e che si concretizza sotto vari profili, dagli accordi economici alle collaborazioni militari, dai gemellaggi accademici ai comuni obiettivi politici nelle strategie di guerra del polo imperialista a cui entrambi appartengono.

Va da sé che con questi legami il nostro Paese non solo manifesta il totale appoggio all’ideologia sionista e al suo progetto di pulizia etnica della Palestina, ma importa tutta la sua “industria della violenza” prodotta in 70 anni di occupazione e sperimentata sul popolo palestinese: ricordiamo ad esempio il Disegno di Legge 2043 che mira a rendere reato la pratica del boicottaggio per colpire il movimento BDS e la solidarietà al popolo palestinese.

Ora più che mai la contrapposizione al dilagante modello sionista e la resistenza del popolo palestinese all’occupazione rappresentano un faro nello scenario mondiale del dilagare della guerra contro i popoli: crediamo sia doveroso quindi che tutti i movimenti, le associazioni, i singoli che solidarizzano con il popolo palestinese e con quanti resistono alle aggressioni imperialiste e coloro che credono e difendono i valori dello sport e si oppongono ai tentativi di strumentalizzazione dello stesso a mobilitarsi.

Invitiamo quindi a creare momenti di informazione e di denuncia, ad organizzare iniziative e contestazioni per chiedere che il Giro d’Italia non parta da Israele e non diventi uno strumento di legittimazione dell’occupazione della Palestina e di celebrazione del legame tra lo stato sionista e gli imperialisti italiani, in preparazione di una grande manifestazione nazionale che nella ricorrenza della Nakba mostri il vero volto di Israele a sostegno della resistenza palestinese.

Contro l’Occupazione sionista della Palestina!

No allo sport-washing della barbarie contro il popolo palestinese!

No alla partenza del Giro d’Italia 2018 in Israele!

 

Fonte: http://www.frontepalestina.it/?q=it/content/campagne/campagna-nazionale-fermiamo-le-ruote-dell’occupazione-israeliana

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