“Hanno deliberatamente scelto un tragico giorno nella storia palestinese, la Nakba, come un atto di crudeltà gratuita che ha aggiunto la beffa al danno”
NOGA TARNOPOLSK 24 febbraio 2018 | 4:15 PM
Israele ha dichiarato l’indipendenza il 14 maggio 1948, quindi perché celebra il suo 70 ° anniversario il 18 aprile?
E perché i palestinesi sono infuriati dalla decisione dell’amministrazione Trump di trasferire l’ambasciata americana in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme il 14 maggio?
La risposta si trova in due calendari.
Israele segna le sue festività pubbliche usando il calendario ebraico. Il 14 maggio 1948 corrisponde al quinto giorno del mese ebraico di Iyar nell’anno 5708. Questa primavera il quinto giorno di Iyar – nell’anno 5778 – si allineerà con il 18 aprile. Israele celebrerà con feste, barbecue, fuochi d’artificio sulla Knesset, il parlamento israeliano, e su una base dell’aeronautica lungo la costa di Tel Aviv.
Tuttavia, la dichiarazione del Dipartimento di Stato che annunciava il trasferimento dell’ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme riportava: “A maggio, gli Stati Uniti hanno in programma di aprire una nuova ambasciata americana a Gerusalemme, l’apertura coinciderà con il 70 ° anniversario di Israele”.
Il Dipartimento di Stato è ignaro della pianificazione delle festività pubbliche israeliane?
“Nessun dubbio, non l’hanno considerato”, ha lamentato Daniel Shapiro, l’ex ambasciatore degli Stati Uniti in Israele.
I palestinesi, tuttavia, l’hanno notato.
A maggio, i palestinesi osservano il Nakba Day o il “giorno della catastrofe”.
“Hanno deliberatamente scelto un tragico giorno nella storia palestinese, la Nakba, come un atto di crudeltà gratuita che ha aggiunto la beffa al danno”, ha twittato furibonda un’alta funzionaria palestinese, Hanan Ashrawi.
Per i palestinesi, che celebrano le loro giornate nazionali secondo il calendario gregoriano, maggio non è un mese festivo. E per complicare ulteriormente le cose, i palestinesi osservano il giorno della catastrofe il 15 maggio, il primo giorno dell’esistenza del nuovo stato piuttosto che il 14 maggio, il giorno in cui è stata dichiarata l’indipendenza.
Il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat ha rilasciato una dichiarazione che condanna “la decisione degli Stati Uniti di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele e ora di spostare la sua ambasciata alla vigilia di 70 anni dalla Nakba … e di provocare i sentimenti del popolo palestinese, nonché di tutti Arabi, musulmani e cristiani in tutto il mondo. ”
Hamas, la milizia palestinese islamista che governa Gaza, ha avvertito che “questo sarà il grilletto che farà detonare l’intera area di fronte all’occupazione israeliana”.
Ron Dermer, l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti, ha cercato di ridurre l’imbarazzo dei tempi dell’ambasciata americana in un tweet.
“Il 14 maggio 1948, il presidente Truman riconosce Israele”, ha twittato. “14 maggio 2018, @POTUS Trump trasferirà l’ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme, a 70 anni di distanza, due decisioni storiche: una capitale unita”.
I palestinesi rivendicano la parte orientale di Gerusalemme come loro capitale in un futuro stato indipendente. Israele, nel frattempo, afferma che Gerusalemme è la sua capitale “eterna e indivisa”. A dicembre Trump ha annullato decenni di politica americana e internazionale quando ha annunciato di riconoscere Gerusalemme come capitale israeliana.
Sabato, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha rilasciato una dichiarazione di 14 secondi ringraziando Trump: “Questo è un grande momento per lo stato di Israele. La decisione del Presidente Trump di spostare l’Ambasciata americana a Gerusalemme renderà le celebrazioni del nostro Giorno dell’Indipendenza ancora più felici. Grazie, Presidente Trump, per la tua guida e la tua amicizia. ”
Trad. Invictapalestina.org
Fonte: http://www.latimes.com/world/la-fg-israel-independence-day-20180224-story.html
Il ministro israeliano: “Grazie Trump”
«Vorrei congratularmi con Donald Trump per la sua decisione di trasferire l’ambasciata Usa nella nostra capitale nel 70esimo anniversario dell’Indipendenza». Lo ha detto, via Twitter, il ministro dei trasporti e dell’intelligence Israel Katz confermando così indirettamente le notizie media sul trasferimento dell’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme nella sede dell’attuale consolato nel quartiere di Arnona. «Non c’è regalo più grande di questo. La mossa più corretta e giusta. Grazie amico», ha concluso.
Trump accelera, ambasciata Usa a Gerusalemme il 14 maggio
Michele Giorgio – EDIZIONE DEL 24.02.2018
Yisrael Katz non ce l’ha fatta a contenere la sua felicità e ha anticipato tutti ieri, incluso il premier Netanyahu. «Mi voglio congratulare con Donald Trump, il presidente Usa, della sua decisione di trasferire l’ambasciata nella nostra capitale nel 70 anniversario della Giornata dell’indipendenza (la fondazione di Israele, ndr). Non c’è un regalo più grande di questo. La decisione più giusta e corretta. Grazie, amici!», ha scritto il ministro dei trasporti sul suo profilo Twitter, commentando il nuovo schiaffo dell’Amministrazione Usa al diritto internazionale e alle rivendicazioni palestinesi sulla città santa. La risposta palestinese è arrivata poco dopo, per bocca di Nabil Abu Rudeinah, portavoce del presidente dell’Anp Abu Mazen. «Qualsiasi iniziativa incoerente con la legittimità internazionale – ha spiegato – impedisce ogni tentativo di raggiungere accordi nella regione e crea un clima negativo e dannoso». Più netta è stata la condanna di Hamas. Il trasferimento dell’ambasciata, ha scritto in un comunicato il movimento islamico «è una dichiarazione di guerra nei confronti della nazione araba e musulmana». Si attendono ora le risposte della popolazione palestinese che ha già reagito con grandi manifestazioni di protesta a Gerusalemme Est, in Cisgiordania e a Gaza al riconoscimento di Gerusalemme come capitale d’Israele e all’annuncio del trasferimento dell’ambasciata fatti da Donald Trump lo scorso 6 dicembre.
La data ufficiale del trasferimento della sede diplomatica ieri sera non era stata ancora comunicata dalla Casa Bianca. Un funzionario del Dipartimento di Stato ha soltanto confermato il passaggio a maggio della sede diplomatica da Tel Aviv a Gerusalemme, senza fornire dettagli. Secondo i media locali, in una prima fase sarà aperta una ambasciata provvisoria nella struttura consolare di Gerusalemme Ovest, da dove l’ambasciatore David Friedman lavorerà con uno staff ridotto. In seguito questa sede sarà ampliata e, infine, sarà aperta un’ambasciata permanente con ogni probabilità nella zona sud-est di Gerusalemme, quindi nella parte araba della città occupata da Israele nel 1967. Qualcuno parla di mossa “simbolica” il prossimo 14 maggio, per celebrare i 70 anni dalla proclamazione dello Stato d’Israele. Simbolica non lo è per niente. Tutto ciò che riguarda Gerusalemme e il suo status ha una eccezionale importanza politica e genera passioni e reazioni in almeno metà del pianeta.
Trump ha voluto accelerare i tempi. Solo il scorso mese, il vicepresidente Usa Mike Pence aveva parlato di uno spostamento dell’ambasciata entro la fine del 2019. Poi è intervenuto qualcosa. Anzi qualcuno, il miliardario israelo-americano Sheldon Adelson, da anni alfiere del primo ministro Netanyahu. I media israeliani scrivono che Sheldon, tra maggiori finanziatori dei Republicani, si è offerto di coprire una buona parte dei costi (decine di milioni di dollari) della nuova ambasciata Usa a Gerusalemme a patto che il progetto vada avanti ad alta velocità. E il Dipartimento di Stato starebbe ora valutando se sia legale accettare donazioni private. In quel caso oltre a Sheldon, l’Amministrazione Trump potrebbe sollecitare contributi dalle comunità evangeliche sioniste ed ebraiche degli Usa.
Dietro questa accelerazione c’è con ogni probabilità anche la prossima, così pare, presentazione del cosiddetto “Accordo del secolo” tra israeliani e palestinesi, ossia il “piano di pace” della Casa Bianca. L’ambasciatrice americana all’Onu Nikky Haley ha detto durante un incontro all’Istituto Politico dell’Università di Chicago che gli Usa «stanno arrivando con un piano, non sarà amato da entrambe le parti e non sarà odiato da entrambe le parti». Parole che significano tutto e nulla. Di certo si sa solo che gli Usa non appoggiano più la soluzione dei Due Stati ed escludono quella dello Stato Unico, e che i palestinesi respingono con forza la mediazione americana dopo la dichiarazione di Trump su Gerusalemme.
I media israeliani annunciano la data dello spostamento. Durissima la reazione dei palestinesi: “Nessuna legittimità, non contribuisce al processo di pace”
Le prime reazioni palestinesi allo spostamento dell’ambasciata però non fanno certo presagire niente di buono. “Qualsiasi atto unilaterale non contribuisce al raggiungimento della pace e non offre legittimità” ha detto Nabil Abu Rudeinah, portavoce del presidente Abu Mazen. “Qualsiasi iniziativa incoerente con la legittimità internazionale – ha spiegato – impedisce ogni tentativo di raggiungere accordi nella regione e crea un clima negativo e dannoso”.
Non solo: la data scelta dagli Stati Uniti per il trasferimento dell’ambasciata in Israele a Gerusalemme dai palestinesi è considerata una “provocazione” visto che ricade nel giorno della Dichiarazione d’indipendenza di Israele che gli arabi chiamano Nakba, la “catastrofe”. Lo ha detto chiaramente il segretario generale del comitato esecutivo dell’Olp, Saeb Erekat in una nota: “Il fatto che l’Amministrazione americana abbia scelto il giorno dell’anniversario della Nakba per trasferire l’ambasciata a Gerusalemme è una provocazione per tutti gli arabi e i musulmani e lo condanniamo con il massimo della forza.
Anche per questo l’amministrazione Usa non può più svolgere il ruolo di sponsor nel processo di pace. Con questa decisione è diventata parte del problema e non può essere parte della soluzione”
Gerusalemme, l’ambasciata Usa si trasferisce il 14 maggio
I diplomatici americani si sposteranno da Tel Aviv nel settantesimo anniversario dell’indipendenza di Israele. Il magnate Sheldon Adelson si propone di contribuire alla costruzione della nuova ambasciata
Il 14 maggio del 1948 Harry Truman firmò l’atto ufficiale che sanciva il riconoscimento dello Stato d’Israele, proclamato alla mezzanotte dal governo provvisorio ebraico. Settant’anni e dodici presidenti americani dopo, Donald Trump sceglie lo stesso giorno per spostare l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme. Il trasloco non è ancora quello definitivo. Per poter aprire gli uffici al più presto e in coincidenza con la festa dell’Indipendenza celebrata dagli israeliani la sede diplomatica sarà ospitata negli uffici già esistenti che ora si occupano di burocrazia consolare (visti e passaporti). Gli spazi sono ridotti così all’inizio dalla spiaggia di Tel Aviv alle colline di Gerusalemme saliranno solo l’ambasciatore David Friedman e un piccolo gruppo di assistenti.
Meno di tre mesi fa Trump ha annunciato il riconoscimento di Gerusalemme come capitale d’Israele. Da allora la Casa Bianca e il dipartimento di Stato stanno studiando i progetti per accelerare il trasferimento. Il vicepresidente Mike Pence, durante la visita alla fine di Gennaio aveva ipotizzato entro la fine del 2019. Usare l’edificio consolare permette di concretizzare subito i proclami e le promesse di Trump. Che – rivela l’agenzia Associated Press – sta valutando se accettare l’offerta di Sheldon Adelson: il magnate e palazzinaro vuole sborsare parte dei miliardi accumulati con i casinò a Las Vegas per contribuire alla costruzione della nuova ambasciata.