Spiega come la disinformazione storica, anche recente, promuova l’oppressione, l’ingiustizia e protegga un regime di colonizzazione.
Ritorna la rassegna Femminile palestinese, quest’anno alla quinta edizione, curata da Maria Rosaria Greco e promossa dal Centro di Produzione Teatrale Casa del Contemporaneo. Il 2018 inizia con la presenza dello storico israeliano Ilan Pappe (University of Exeter) e dell’antropologa palestinese Ruba Salih (SOAS – School of Oriental and African Studies, University of London), per un approfondimento su “Palestina, decolonizzazione e libertà accademica” in collaborazione con l’Università degli studi di Salerno.
L’incontro si tiene il 2 Marzo 2018, alle ore 10.30, presso l’Aula Vittorio Foa del DSPSC (Dipartimento di Scienze Politiche, Sociali e della Comunicazione) dell’Università di Salerno. Insieme a Ilan Pappe e Ruba Salih intervengono Giso Amendola, Sociologia del diritto (Università di Salerno) e Gennaro Avallone, Sociologia urbana (Università di Salerno).
Per gli studenti del corso di studi di sociologia sono riconosciuti 2 cfu. L’incontro è aperto a tutti.
Il tema dell’incontro “Palestina, decolonizzazione e libertà accademica” è particolarmente caro agli ospiti, entrambi protagonisti del panorama culturale internazionale. Ruba Salih, professore associato al SOAS (School of Oriental and African Studies) dell’Università di Londra, è anche membro del Consiglio arabo per le scienze sociali e fondatrice del sottocomitato per la libertà accademica nella regione araba. Ilan Pappe, nel suo “Palestina e Israele: che fare?” (Fazi editore), riflette insieme a Noam Chomsky, con il quale è coautore, proprio sull’importanza di utilizzare parole come “decolonizzazione” al posto di “processo di pace”, oppure “pulizia etnica” al posto di “Nakba”. A 70 anni dalla fondazione dello Stato di Israele e quindi dalla pulizia etnica della Palestina iniziata nel 1948, “decolonizzazione” e “libertà accademica” sono questioni centrali nella sua analisi di storico e pietre fondanti della sua ricerca. Il suo lavoro sfida da sempre la narrazione dominante, “di Stato”, portata avanti negli ultimi sette decenni dalla leadership politica, ma anche e soprattutto dal mondo accademico israeliano.
Decolonizzare significa non solo interrompere e smantellare il colonialismo da insediamento sul territorio, avviato nel 1948, continuato nel 1967, e ampiamente attivo oggi in Palestina, ma anche contrastare la sistematica azione che Pappe definisce di “memoricidio”, cioè la narrazione del progetto sionista nella società israeliana e nella comunità internazionale. Lo storico ne parla nei suoi libri, in particolare negli ultimi due pubblicati nel 2017: “Ten myths about Israel” (Dieci miti su Israele) e “The biggest prison on earth: a history of the occupied territories” (La più grande prigione al mondo: una storia dei territori occupati).
Nel primo, con una puntuale analisi storica, esamina le idee più contestate riguardo alle origini e all’identità di Israele. Spiega come la disinformazione storica, anche recente, promuova l’oppressione, l’ingiustizia e protegga un regime di colonizzazione. Uno dei miti affrontati, per esempio, è l’affermazione sionista secondo cui la Palestina era una terra vuota. I registri ottomani del 1878 parlano di una popolazione pari a quella odierna in Israele/Palestina di cui l’87% erano musulmani, il 10% cristiani e il 3% ebrei. E la Palestina non era un deserto, ma una fiorente società araba con una rete costiera di porti e città molto attive nei collegamenti commerciali con l’Europa, mentre le fertili pianure interne intrattenevano scambi commerciali con le regioni vicine dell’entroterra. Dunque quella “terra vuota” era parte di un ricco mondo del Mediterraneo orientale che nel XIX secolo si avviava verso processi di modernizzazione e nazionalizzazione.
Nel secondo libro, “The biggest prison on earth: a history of the occupied territories” Ilan Pappe invece racconta di insediamenti, posti di blocco e punizioni collettive assolutamente pianificate in quanto parte del progetto sionista di colonizzazione. Lo storico spiega con chiarezza il meccanismo creato per governare in maniera efficace milioni di palestinesi, che vivono in una prigione a cielo aperto da 50 anni. Questo libro è stato selezionato per il “Palestine Book Award 2017, e, come il primo, è stato pubblicato nel cinquantesimo anniversario della guerra del 1967, cioè a 50 anni dall’occupazione israeliana della Cisgiordania e di Gerusalemme Est. Entrambi non sono ancora tradotti in italiano.
Dunque in questo contesto, l’autonomia e la libertà del mondo accademico sono indispensabili per decolonizzare la Palestina, per contrastare quella narrazione fondata sulla disinformazione, per dare sostengo alla resistenza popolare dal basso che continua senza sosta, quella resistenza civile di chi ogni giorno protesta contro il muro dell’apartheid, contro l’esproprio delle terre, di chi fa lo sciopero della fame perché prigioniero politico. I media non ne danno notizia.
Spetta al mondo scientifico, della cultura, degli atenei, quindi, argomentare e instaurare un dibattito onesto in assoluta indipendenza.
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Ruba Salih e Ilan Pappe
RUBA SALIH è a Salerno per la prima volta, ospite di “Femminile palestinese”. Il suo ultimo libro “Musulmane rivelate: donne, islam, modernità” (Carocci Editore) parla della condizione della donna secondo l’Islam e nei paesi arabi attraverso storie di donne e attraverso la sua lettura di un mondo, quello arabo, di cui è profonda conoscitrice. Antropologa italo-palestinese, studia e scrive su questioni di genere e migrazione transnazionali in Europa, Medio Oriente e Nord Africa, sulla questione palestinese e sui rifugiati. Le sue riflessioni nel libro sono un’occasione per rivedere convinzioni e pregiudizi ormai consolidati e per interrogarsi sulle ragioni e le possibilità di una convivenza reciprocamente rispettosa anche nelle proprie città.
Ruba professore associato SOAS University of London, è eletta membro del Consiglio arabo per le scienze sociali ed è fondatrice del sottocomitato per la libertà accademica nella regione araba.
In un suo precedente saggio su femminismo e islamismo afferma che “mai come ora è necessario trovare delle concettualizzazioni del femminismo che si pongano in un’ottica di superamento nei confronti di quell’approccio etnocentrico con cui molta parte del pensiero femminista occidentale ha per lungo tempo guardato ad altre esperienze di emancipazione, soprattutto nel mondo islamico” nel tentativo di “superare un’unica epistemologia femminista per avviare una nuova concezione del femminismo che sia in grado di cogliere le specificità culturali all’interno delle quali una molteplicità di movimenti femminili in diverse società avanzano richieste di diritti e di riconoscimento”.
ILAN PAPPE è già stato ospite della rassegna “Femminile palestinese”, ritorna a Salerno per la terza volta. Uno dei più autorevoli storici israeliani, professore all’Università britannica di Exeter e autore di molti testi considerati tra le ricerche più importanti su Israele e questione palestinese. Il suo libro più famoso è “La pulizia etnica della Palestina” (Fazi editore) mentre gli ultimi due, entrambi pubblicati lo scorso anno, sono “Ten myths about Israel” e “The biggest prison on earth: a history of the occupied territories” selezionato per il “Palestine Book Award 2017.
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La rassegna
L’evento fa parte della quinta edizione di “Femminile Palestinese”, il cui programma si sviluppa soprattutto fra ottobre e novembre prossimi. Il 2018 fra l’altro vede la realizzazione di un progetto in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Napoli: “Palestina-Israele. Oltre la narrazione” che coinvolge 15 designer della comunicazione italiani per la creazione di poster con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso una narrazione diversa da quella dominante. I vari lavori poi saranno oggetto di una mostra, di un catalogo e di una tavola rotonda sul tema della comunicazione sociale e sull’importanza di coniugare l’arte all’impegno politico e sociale. In collaborazione con l’Università Orientale di Napoli poi è prevista la presenza della scrittrice palestinese Adania Shibli. Invece “Cinema, hummus e falafel” è il momento dedicato al cinema e al cibo palestinese: “Fra cielo e terra” di Sahera Dirbas, “Farid” di Ashraf Shakah, “The fading Valley” di Irit Gal saranno proiettati accompagnati da hummus e falafel. E poi reading, presentazioni di libri e spettacoli teatrali completeranno la programmazione.
“Femminile palestinese” parla di Palestina attraverso la sua cultura e la voce delle sue donne, o comunque tramite il contributo di studiose della cultura e della società palestinese. La rassegna è scandita dalla presenza di giornaliste, arabiste, registe, storiche, antropologhe, cuoche, scrittrici, artiste, musiciste, etc., di donne in grado di attivare percorsi culturali diversi che ridisegnano e mettono in discussione i confini e le narrazioni dominanti. Con la quinta edizione la rassegna si colloca fra le manifestazioni di rilievo a livello nazionale che promuovono la cultura araba e in particolare quella palestinese.
La rassegna è promossa e sostenuta dal Centro di Produzione Teatrale Casa del Contemporaneo e con il partenariato di Università di Salerno, Università di Napoli l’Orientale, Fondazione Salerno Contemporanea, Accademia di Belle Arti di Napoli, Comunità palestinese Campania, Nena News Agency. Il quotidiano Il Manifesto è media partner.
in particolare si ringraziano per la preziosa collaborazione le associazioni studentesche LINK e ASINU
Fonte: https://www.facebook.com/events/1326569644114037/