di Zeev Sternhell – storico, membro dell’Accademia israeliana delle scienze e delle lettere, professore all’Università Ebraica di Gerusalemme, specialista di storia del fascismo
19 febbraio 2018
In un editoriale su “Monde” lo storico esperto di fascismo, davanti alla deriva del nazionalismo israeliano, si lancia in un confronto tra il destino degli ebrei sotto i nazisti prima della seconda guerra mondiale e quello dei palestinesi in Israele oggi.
[L’annuncio è tanto simbolico quanto contestato a livello mondiale: il 6 dicembre 2017, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di riconoscere Gerusalemme come capitale d’Israele. L’Ambasciata degli Stati Uniti, attualmente con sede a Tel-Aviv, aprirà prima della fine del 2019. L’iniziativa è stata subito salutata dal Primo Ministro israeliano Benyamin Netanyahu. Da allora, alla Knesset – il Parlamento – la destra ha condotto un’offensiva su più fronti. Il 2 gennaio, i deputati hanno votato un emendamento alla legge fondamentale, cioè costituzionale, che rende impossibile cedere parte di Gerusalemme senza un voto a maggioranza di due terzi. Diversi parlamentari hanno anche avanzato proposte di legge per ridefinire il perimetro della città, respingendo interi quartieri arabi che si trovano oltre il muro di separazione, oppure integrando vaste colonie. Per lo storico Zeev Sternhell, queste decisioni mirano a costringere i palestinesi ad accettare senza resistenza l’egemonia ebraica sul territorio, condannandoli per sempre allo status di popolazione occupata.]
THOMAS COEX / AFP
Editoriale – A volte cerco di immaginare come proverà a spiegare il nostro tempo lo storico che vivrà tra cinquanta o cento anni. Certamente si chiederà quando si è iniziato in Israele a capire che questo paese – diventato uno Stato costituito durante la Guerra d’indipendenza del 1948, fondato sulle rovine dell’ebraismo europeo e al prezzo del sangue dell’1% della sua popolazione, incluse migliaia di combattenti sopravvissuti alla Shoah – era diventato un mostro per i non ebrei sotto il suo dominio? Quando, esattamente, gli israeliani, o almeno una parte, hanno compreso che la loro crudeltà verso i non ebrei sotto il loro dominio nei territori occupati, la loro determinazione a spezzare le speranze di libertà e d’indipendenza dei palestinesi o il loro rifiuto a concedere asilo ai rifugiati africani stava cominciando a minare la legittimità morale della loro esistenza nazionale?
La risposta, forse lo storico potrebbe dire, è in microcosmo nelle idee e attività di due importanti membri della maggioranza, Miki Zohar (Likud) e Bezalel Smotrich (La casa ebraica), fedeli rappresentanti della politica del governo, recentemente venuta alla ribalta. Ma ciò che è ancora più importante è il fatto che questa stessa ideologia è alla base delle cosiddette leggi “fondamentali”, cioè costituzionali, che la Ministra della Giustizia, Ayelet Shaked, con lo zelante assenso del Primo Ministro Benyamin Netanyahu, si propone di far rapidamente adottare dalla Knesset.
Shaked, numero due del partito della destra religiosa nazionalista, oltre al suo nazionalismo estremo, rappresenta perfettamente un’ideologia politica per la quale una vittoria elettorale giustifica l’egemonia su tutti gli organi dello Stato e della vita sociale, dall’amministrazione alla giustizia, passando per la cultura. Nello spirito di questo diritto, la democrazia liberale non è altro che un infantilismo. È facile comprendere il significato di un tale approccio per un paese di tradizione britannica che non ha una Costituzione scritta, solo regole di comportamento e un’armatura legislativa che una maggioranza semplice è sufficiente a cambiare.
L’elemento più importante di questa nuova giurisprudenza è una cosiddetta “legge dello stato-nazione”: è un duro atto costituzionale nazionalista, che il nazionalismo integralista maarassiano del passato non avrebbe rinnegato, che Madame Le Pen oggi non oserebbe proporre, e che il nazionalismo autoritario e xenofobo polacco e ungherese accoglierà con soddisfazione. Ecco dunque gli ebrei che dimenticano che il loro destino, dalla Rivoluzione francese, è legato a quello del liberalismo e dei diritti umani e che a loro volta producono un nazionalismo in cui si riconoscono facilmente i più duri degli sciovinisti in Europa.
L’impotenza della sinistra
Infatti, questa legge ha l’obiettivo apertamente dichiarato di sottomettere i valori universali dell’Illuminismo, del liberalismo e dei diritti umani ai valori particolaristici del nazionalismo ebraico. Obbligherà la Corte Suprema – di cui Shaked si sta occupando per ridurne le prerogative e spezzarne il carattere liberale tradizionale (sostituendo il più possibile tutti i giudici che vanno in pensione con avvocati che le sono vicini) – a rendere verdetti sempre conformi alla lettera e allo spirito della nuova legislazione. Ma la ministra va ancora oltre: ha appena dichiarato che i diritti umani dovranno piegarsi alla necessità di assicurare una maggioranza ebraica. Ma dal momento che non c’è nessun pericolo per questa maggioranza in Israele, dove l’80% della popolazione è ebrea, si tratta di preparare l’opinione pubblica alla nuova situazione, che si presenterà in caso di annessione dei territori palestinesi occupati desiderati dal partito del ministro: la popolazione non ebrea rimarrà senza diritto di voto.
Grazie all’impotenza della sinistra, questa legislazione servirà come primo chiodo per la bara dell’antico Israele, quello di cui non rimarrà che la dichiarazione di indipendenza, come un pezzo da museo che ricorderà alle generazioni future quello che il nostro paese avrebbe potuto essere se la nostra società non si fosse degradata moralmente in mezzo secolo di occupazione, colonizzazione e apartheid nei territori conquistati nel 1967 e ormai occupati da circa 300.000 coloni. Oggi la sinistra non è più in grado di far fronte a un nazionalismo che, nella sua versione europea, molto più estrema della nostra, era quasi riuscito ad annientare gli ebrei d’Europa. Ecco perché è consigliabile far leggere ovunque in Israele e nel mondo ebraico le due interviste fatte da Ravit Hecht per Haaretz (3 dicembre 2016 e 28 ottobre 2017) a Smotrich e Zohar. Mostrano come cresce sotto i nostri occhi, non un semplice fascismo locale, ma un razzismo vicino al nazismo ai suoi esordi.
Come tutte le ideologie, anche il razzismo tedesco si era evoluto e, in origine, aveva solo attaccato i diritti umani e quelli dei cittadini ebrei. È possibile che senza la seconda guerra mondiale, il “problema ebraico” si sarebbe risolto in un’emigrazione “volontaria” di ebrei dai territori controllati dai tedeschi. Dopo tutto, praticamente tutti gli ebrei di Germania e Austria sono stati in grado di andarsene in tempo. Non è escluso che per alcuni a destra, la stessa sorte potrebbe essere riservata ai palestinesi. Dovrebbe solo presentarsene l’occasione, una buona guerra per esempio, accompagnata da una rivoluzione in Giordania, che permetterebbe di respingere verso est la maggior parte degli abitanti della Cisgiordania occupata.
Lo spettro dell’apartheid
I vari Smotrich e Zohar, sia chiaro, non intendono attaccare fisicamente i palestinesi, a condizione, naturalmente, che questi ultimi accettino senza resistenza l’egemonia ebraica. Rifiutano semplicemente di riconoscere i loro diritti umani, il loro diritto alla libertà e all’indipendenza. Allo stesso modo, fin da ora, in caso di annessione ufficiale dei territori occupati, loro e i loro partiti politici annunciano senza complessi che rifiuteranno ai palestinesi la cittadinanza israeliana incluso, ovviamente, il diritto di voto. Per quanto riguarda la maggioranza al potere, i palestinesi sono condannati per sempre allo status di popolazione occupata.
La ragione è semplice e chiaramente enunciata: gli arabi non sono ebrei, motivo per cui non hanno il diritto di rivendicare la proprietà di una qualsiasi parte della terra promessa al popolo ebraico. Per Smotrich, Shaked e Zohar, un ebreo di Brooklyn che potrebbe non aver mai messo piede su questa terra, ne è il legittimo proprietario, ma l’arabo che è nato lì, come i suoi antenati prima di lui, è uno straniero la cui presenza è accettata solo grazie alla buona volontà degli ebrei e alla loro umanità. Il palestinese, ci dice Zohar, “non ha il diritto all’autodeterminazione perché non è il proprietario del suolo. Lo voglio come residente e questo grazie alla mia onestà, è nato qui, vive qui, non gli dirò di andarsene. Mi dispiace dirlo ma [i palestinesi] soffrono di una grave lacuna: non sono nati ebrei”.
Ciò significa che anche se i palestinesi decidessero di convertirsi, cominciassero a farsi crescere i riccioli e a studiare la Torah e il Talmud, non servirebbe loro a niente. Non più che ai sudanesi, agli eritrei e ai loro figli, che sono israeliani sotto ogni aspetto: lingua, cultura, socializzazione. Era lo stesso con i nazisti. Poi viene l’apartheid che, secondo la maggior parte dei “pensatori” di destra, potrebbe, a certe condizioni, applicarsi anche agli arabi cittadini israeliani sin dalla fondazione dello stato. Per nostra sfortuna molti israeliani, che si vergognano di tanti dei loro deputati e che biasimano le loro idee, per una qualsiasi ragione, continuano a votare per la destra.
Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina
Il quotidiano israeliano di sinistra Haaretz ha pubblicato un editoriale dello stesso autore su questo argomento
Articolo tradotto da Elena Bellini su Nena News: http://nena-news.it/opinione-sternhell-in-israele-fascismo-in-crescita-e-razzismo-come-agli-esordi/