Territori palestinesi occupati. Retata dell’esercito a Nabi Saleh. Arrestato anche il cugino della giovane icona della lotta palestinese Ahed Tamimi, gravemente ferito alla testa e in condizioni precarie. Prosegue a Gerusalemme la protesta delle Chiese contro le tasse di Israele
GERUSALEMME
«Mi hanno tenuto in una cella fredda, ammanettato dietro la schiena per ore…mi hanno accusato di aver lanciato pietre ai soldati durante le manifestazioni a Nabi Saleh, ma io alle proteste (contro l’occupazione) non vado, sono molto debole». Mohammed Tamimi, 15 anni, con l’aiuto della zia Manal ci ha fatto conoscere i particolari del suo arresto, assieme ad altri nove membri della famiglia Tamini, avvenuto ieri prima dell’alba. Dieci ore trascorse in detenzione nonostante le sue condizioni molto precarie. Mohammed lo scorso 15 dicembre è colpito alla testa da un proiettile di gomma sparato da un soldato israeliano durante una manifestazione palestinese. Sua cugina, Ahed Tamimi, 17 anni, sotto processo per «aggressione aggravata», ha spiegato più volte che il motivo principale che la spinse a schiaffeggiare due soldati israeliani fu proprio il ferimento grave di Mohammed. Una motivazione ritenuta irrilevante dai giudici militari israeliani. Ahed resterà in carcere per tutta la durata del processo che riprenderà la prossima settimana.
Un lato della testa di Mohammed Tamimi appare schiacciato, come mostrano le sue foto che hanno fatto il giro del mondo. Gli manca una sezione del cranio, quella colpita dal proiettile. I chirurghi l’hanno rimossa per ricostruirla e contano di riposizionarla nella sua sede con una nuova operazione. Di sicuro in queste condizioni Mohammad non può certo rappresentare una minaccia per le forze armate israeliane. I soldati invece l’hanno portato via in manette, incuranti delle suppliche del padre. Solo nel pomeriggio e dopo un interrogatorio il ragazzo è finalmente tornato in libertà. «Mohammed è giunto a Nabi Saleh esausto, molto provato fisicamente e moralmente, non si può arrestare un ragazzo in quelle condizioni», ci diceva la zia Manal. Eppure un medico militare, scriveva ieri il quotidiano israeliano Haaretz, lo ha giudicato idoneo all’interrogatorio.
Non hanno fatto ritorno a casa Abd al Hafiz, 60 anni, Soheib, 14, Ahmad, 19, Moayyad, 17, Amjad, 28, Omar, 29, Islam, 21, e We’am, 17. Tutti membri della famiglia Tamimi protagonista della lotta popolare di Nabi Saleh contro l’occupazione e la costruzione del Muro israeliano. Al villaggio dicono che Abdel Hafiz Tamimi e suo figlio Amjad sono stati detenuti per costringere un altro figlio, Ezzedin, non in casa al momento del raid, a consegnarsi all’esercito. Questi ultimi arresti sarebbero legati a quelli del mese scorso di tre giovani poi portati al centro dei servizi di sicurezza israeliani a Petach Tikva. Un raid è avvenuto anche nel villaggio di Deir Nitham ed è stata rinnovata per altri quattro mesi la detenzione “amministrativa” (il carcere senza processo) per l’attivista dei diritti dei prigionieri politici, Salah Hamouri. Gli ultimi rastrellamenti in Cisgiordania sono avvenuti mentre Gaza è in lutto per l’uccisione due giorni fa di un giovane pescatore, Ismail Abu Reyala, 18 anni, e il ferimento di un altro, da parte della Marina israeliana. Un portavoce militare ha detto che l’imbarcazione palestinese aveva deviato dalla zona di pesca designata ma il sindacato dei pescatori di Gaza nega questa versione e afferma che la barca di Abu Reyala è stata presa di mira mentre ormai stava tornando a riva.
Nel frattempo a Gerusalemme, continua la protesta contro le tasse sulle proprietà delle Chiese cristiane decise dal comune israeliano di Gerusalemme. Anche ieri il Santo Sepolcro, meta di fedeli che giungono da ogni parte del mondo, è rimasto chiuso. Al momento – spiegano il Patriarca greco ortodosso Teofilo III, quello armeno Nourhan Manougian e il Custode francescano di Terra Santa Francesco Patton – non si sa quando e come riaprirà il luogo santo. In appoggio all’iniziativa delle Chiese è intervenuto anche il movimento islamico Hamas: «L’imposizione di tasse da parte dell’occupazione israeliana sulle chiese di Gerusalemme – ha detto Fawzi Barhoum – è un mantenimento della guerra religiosa israeliana contro i palestinesi e i loro luoghi santi islamici e cristiani». Oggi pomeriggio nella città vecchia è previsto un nuovo raduno di palestinesi e personalità religiose cristiane.