Facebook etichetta il giornalismo palestinese come “incitamento all’odio”

FOTO – Mark Zuckerberg, CEO di Facebook, incontra il personale militare del Naval War College di Rhode Island, nel maggio 2017. Il gigante dei social media si è dimostrato desideroso di rispettare gli ordini di censura da parte di governi potenti, in particolare Stati Uniti e Israele. (US Naval War College)

di Ali Abunimah, 27 marzo 2018

Facebook difende la sua decisione di chiudere la pagina di un’importante agenzia stampa palestinese, descrivendo l’azione come una mossa contro “l’incitamento all’odio”.

Sabato, il gigante dei social media ha chiuso senza preavviso la pagina dell’agenzia stampa palestinese Safa, con 1,3 milioni di follower, così come l’account di Safa sul sito di condivisione di foto Instagram.

Martedì la Palestinian Media Association ha condannato l’aumento di assalti di Facebook alla libertà di espressione dei giornalisti palestinesi, definendoli una “chiara sottomissione alle politiche e ai dettami dell’occupazione israeliana che sta perseguendo attivisti palestinesi sulla base delle loro opinioni politiche, posizioni intellettuali e condanne penali contro di loro”.

Ma Facebook giustifica la rimozione dell’account di Safa. “Questa pagina è stata rimossa correttamente per violazione dei nostri standard comunitari”, ha scritto in una email, inviata lunedì sera a The Electronic Intifada, un portavoce della società. “Non c’è spazio per l’incitamento all’odio o l’incitamento alla violenza sulla nostra piattaforma”.

Il portavoce non ha fornito alcuna prova a sostegno delle accuse della società contro Safa, ma ha affermato: “Ci preoccupiamo per le voci, l’opinione e i diritti di tutte le diverse comunità su Facebook; tuttavia, mantenere la nostra comunità al sicuro è la nostra priorità.”

Riferendosi a “espressioni di odio” e “incitamento” come giustificazioni per zittire i giornalisti, Facebook ha adottato l’impianto di Israele, che usa abitualmente termini così ampi e mal definiti per descrivere praticamente ogni critica alla sua violenta occupazione militare sui palestinesi o alla sua ideologia di stato, il sionismo.

La compagnia non ha risposto a una domanda sul fatto di avere intrapreso un’azione contro Safa in base a una richiesta da parte di Israele.

“Smania”

Glenn Greenwald di Intercept ha già scritto e parlato della collusione di Facebook con Israele e Stati Uniti per mettere a tacere voci non gradite.

“Facebook ha ripetutamente dimostrato la sua volontà, che a volte sfocia in smania, di ingraziarsi governi potenti cancellando contenuti che non gradiscono”, ha dichiarato martedì Greenwald a The Electronic Intifada.

“Uno dei paesi verso cui Facebook si è dimostrato più asservito è il governo israeliano, e come risultato, si è impegnato in una folle censura che va avanti da un anno contro palestinesi il cui crimine è quello di esprimere opinioni e impegnarsi in un attivismo che i funzionari israeliani non amano“.

Secondo il giornale israeliano Haaretz, l’ultima repressione di Facebook sui giornalisti e gli attivisti palestinesi è iniziata alcune settimane fa, dopo che le forze di occupazione israeliane avevano giustiziato in modo extragiudiziale Ahmad Nasser Jarrar, un uomo che Israele sosteneva essere coinvolto nell’uccisione di un colono israeliano avvenuta all’inizio di gennaio.

I legislatori israeliani hanno anche discusso su come sopprimere contenuti online, tra cui ottenere da Facebook di eliminare le immagini di Jarrar.

Dall’inizio dell’anno, dice Haaretz, citando un attivista palestinese anonimo che monitora la questione, circa 500 pagine Facebook di attivisti e giornalisti palestinesi sono state chiuse dalla società.

Copertura ampia

Secondo Haaretz, Safa opera da un decennio come controparte “affiliata ad Hamas” di Wafa, l’agenzia di stampa ufficiale palestinese controllata dall’Autorità palestinese e dalla fazione di Fatah guidata da Mahmoud Abbas.

Ma il sito web di Safa mostra che il suo giornalismo, piuttosto tipico di un’ampia gamma di agenzie di stampa palestinesi, copre la violenza contro i palestinesi delle forze di occupazione israeliane, la politica locale, regionale e internazionale e storie di interesse umano.

L’agenzia stampa riporta relazioni sulle attività di tutte le fazioni politiche. Martedì, ad esempio, una delle sue storie principali è stata un incontro di gabinetto guidato da Rami Hamdallah, il primo ministro dell’Ap, in cui Hamdallah ha affermato che il suo governo “non abbandonerà il nostro popolo a Gaza”.

Hamas e l’Autorità Palestinese rimangono aspri rivali su chi dovrebbe gestire Gaza.

L’articolo contiene anche le affermazioni dell’Autorità Palestinese sui risultati dei suoi sforzi a Gaza, come quello di riunire 55 paesi in una conferenza dei donatori la scorsa settimana per finanziare un impianto di desalinizzazione dell’acqua da 565 milioni di dollari nel territorio costiero sotto blocco israeliano.

Un altro articolo di martedì riporta una dichiarazione del portavoce ufficiale di Abbas che descrive le recenti decisioni statunitensi di tagliare gli aiuti all’Autorità Palestinese come “una guerra al nostro popolo”.

Obbedire alla censura

I palestinesi sono utenti accaniti di Facebook che è spesso una fonte primaria di informazioni su ciò che sta accadendo nelle loro comunità.

Ma i social media hanno reso difficile per i censori israeliani controllare l’informazione che fluisce da e verso i palestinesi sotto il loro dominio militare.

La scorsa settimana un tribunale militare israeliano in Cisgiordania ha condannato l’adolescente palestinese Ahed Tamimi a otto mesi di prigione per aver schiaffeggiato un soldato dell’occupazione pesantemente armato.

Ha anche condannato sua madre Nariman per aver filmato l’episodio e averlo trasmesso su Facebook.

La persecuzione israeliana della famiglia Tamimi per l’incidente è diventata un punto di raccolta internazionale per la solidarietà con la Palestina.

Ma per ora, Israele sembra aver risolto il suo problema con Facebook facendo leva sulla società per sottometterla ai suoi comandi.

Secondo Glenn Greenwald, “Facebook ha autorizzato funzionari israeliani a controllare i contenuti obbedendo ai loro ordini di censura in quasi tutti i casi”.

 

Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina

Fonte: https://electronicintifada.net/blogs/ali-abunimah/facebook-labels-palestinian-journalism-hate-speech

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