Copertina: Debutta in anteprima ad Annecy ‘The Tower’ di Grorud
Emilio Mayorga, 10 giugno 2018
ANNECY, Francia – “The Tower”, l’esordio del norvegese Mats Grorud, è fuori concorso nella importante vetrina di Annecy. Prodotto da Tenk TV (con sede a Bærum, Norvegia), Les Contes Modernes (Bourg-Lès-Valence, Francia) e Cinenic Film con sede a Goteborg, il film animato ruota intorno alla diaspora palestinese dalla creazione di Israele nel 1948, vista con gli occhi di Wardi, una bambina palestinese di 11 anni che vive con la sua famiglia nel campo profughi in cui è nata.
Grorud ha lavorato come insegnante di animazione nel campo profughi di Bourj el-Barajneh, istituito dalla The League of Red Cross Societies per ospitare profughi palestinesi provenienti dal nord di Israele. Sulla base della sua esperienza e ricerche lì, ha creato la storia di “The Tower”. I bambini che vivono a Bourj el-Barajneh rappresentano circa il 43% della popolazione totale del campo, che si avvicina a 21.000 persone (oltre a 20.000 profughi siriani recenti), tutti vivono all’interno di un chilometro quadrato. Le vendite internazionali di “The Tower” sono affidate a Jour2Fête, con sede a Parigi.
Perché hai scelto il punto di vista di una ragazzina palestinese di undici anni per dipingere un conflitto così lungo e doloroso?
Vivendo in un campo ho assistito a una riunione in cui un gruppo di anziani raccontava ai giovani cosa era accaduto loro nel 1948. Piangevano insieme. Sono rimasto molto toccato. I traumi e le ferite del 1948 rimangono e ci saranno finché le persone saranno bloccate nei campi. Ho scelto il punto di vista di un’undicenne, perché volevo sollevare la questione di come e se è possibile trovare speranza nella situazione in cui i palestinesi si trovano. E se così fosse, queste domande potrebbero essere illuminate solo da un giovane all’inizio della vita, quando tutti abbiamo sogni e speranze intatte.
E perché hai scelto di realizzare un film d’animazione?
Abbiamo lavorato con il linguaggio che pensavamo appropriato. L’animazione può essere un modo per distanziarsi da qualcosa e nello stesso tempo offrire una presa originale su di essa. L’animazione è stato un modo per ricreare spazi che sono stati cancellati in conseguenza dell’espulsione dei palestinesi dalle loro terre. Un modo diverso di guardare. L’animazione non è solo per bambini. Può aggiungere lirismo.
Sei nato in Norvegia. Qual è stato il tuo legame personale con il Libano, perché “The Tower” sembra un film fatto col cuore.
Mia madre ha lavorato come infermiera in Libano negli anni ’80. Andava e veniva e io e i miei fratelli vedevamo le foto dei campi. Durante la prima Intifada nel 1989 abbiamo vissuto per un anno al Cairo e siamo andati a Gaza e a Gerusalemme. Avevo allora 12 anni, quindi vedere bambini della mia età ad ogni angolo della strada che facevano segni a “V” mi ha lasciato un’impressione indelebile. Più tardi, io stesso sono andato a vivere in Libano nel campo di Bourj el-Barajneh, e mi è venuta l’idea del film, che semplicemente raccontava le storie dei miei amici del campo e delle loro famiglie. Condividere la saggezza, l’umorismo e il calore che sentivo nelle persone. Così come la bruttezza di questo destino, sempre bloccati nei campi.
Hai mescolato diverse tecniche: 2D, pupazzi animati, fotografie reali. Quali sono stati i criteri per la scelta di ognuna e le sfide per costruire un insieme coerente?
Per me, la tattilità e la struttura dei pupazzi e dei set rendono perfetto rappresentare il mondo reale di Wardi oggi. Inoltre, nell’animazione dei pupazzi siamo abituati a usare tutto ciò che abbiamo a portata di mano, e questo è esattamente ciò che le persone costruiscono le loro torri nel campo, era un parallelo troppo bello per non essere preso in considerazione. I flashback del film si collocano in molti ambienti diversi e hanno una folla di persone. Abbiamo anche perseguito la possibilità di ottenere immagini surreali, drammatizzando le esperienze vissute dalle persone nel loro passato. Il 2D è stata una scelta sia pratica che artistica. Le immagini sono entrate nel film nello stesso modo in cui sono entrate nella mia vita da bambino. Ho usato le foto di mia madre dai campi, così come dagli album privati dei miei amici. La nostra principale preoccupazione nel combinare le tre tecniche è stata quella di trovare l’equilibrio tra loro.
Qual’è il prossimo?
Continua la mia collaborazione con l’art director mozambicano Rui Tenreiro. Sarà una versione moderna del genere pirati, in cui i giovani militanti combattono per le risorse contro i giganti del petrolio internazionali. Una storia di giovane eroismo e resistenza ambientata nelle paludi di mangrovie del Delta. L’idea è nella fase iniziale di sviluppo.
Traduzione: Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org