Perversamente, il vetriolo di Trump ha contribuito a farle vincere le primarie del Michigan aprendo la porta a narrative opposte, scrive Hussein Ibish
Hussein Ibish, 11 agosto 2018
FOTO – La democratica Rashida Tlaib all’esterno dell’edificio del Campidoglio del Michigan, la prima donna musulmana palestinese-americana a entrare nel Congresso degli Stati Uniti. Al Goldis/AP
La vittoria di Rashida Tlaib nelle primarie del Partito Democratico per il 13° distretto congressuale del Michigan è stata ampiamente acclamata come storica. Ma il suo vero significato è in gran parte frainteso.
A novembre, Rashida Tlaib non affronterà un avversario repubblicano perché il suo distretto è così fortemente democratico che il GOP (Grand Old Party, Republican Party) non si è preso la briga di presentare un candidato. Ciò significa che è quasi certa di diventare la prima donna musulmana americana membro del Congresso.
Questo è molto importante. Ma la svolta più grande è più complessa e, per molti versi, molto più inverosimile.
Rashida Tlaib non sarà il primo arabo-americano nella Camera dei Rappresentanti. Almeno una ventina di arabo-americani, molti dei quali donne, l’hanno preceduta.
Non sarà neanche il primo palestinese-americano. Justin Amash rappresenta già un distretto conservatore del Michigan. Ci sono stati almeno due americani palestinesi al Senato: John Sununu e suo figlio, anche lui col nome di John Sununu, hanno rappresentato entrambi il New Hampshire al Senato.
Non sarà neanche la prima musulmana americana al Congresso: Keith Ellison del Minnesota e Andre Carson dell’Indiana vi si trovano stanno già.
È vero, sarà la prima donna musulmana al Congresso, ma non è proprio questo il punto centrale.
Il significato storico della straordinaria vittoria di Tlaib è che sarà il membro arabo-americano del Congresso interamente prodotto e del tutto rappresentativo della sua comunità.
Per tutti i suoi predecessori al Congresso, siano essi arabo-americani o musulmani, queste identità erano, al massimo, accessorie rispetto alla loro identità politica e al loro successo. Alcuni le hanno sminuite, altri abbracciate con discrezione, ma nessuno ha messo in luce e persino fatto una campagna sulla propria identità, come ha fatto con tanto orgoglio Tlaib.
Lo stesso vale per Ellison e Carson, i legislatori musulmani. Entrambi sono afroamericani convertiti all’Islam. Non hanno nomi particolarmente islamici ed è molto probabile che siano in gran parte considerati dai loro elettori dei politici degni di fiducia a cui, casualmente, capita di essere musulmani. Non si sono allontanati dalla loro fede religiosa, ma non ne hanno nemmeno fatto una campagna.
Tlaib non è sicuramente un prodotto soltanto della comunità arabo-americana. Molto più significativamente, l’avvocata, la maggiore di 14 figli di immigrati palestinesi, è il primo membro a pieno titolo nel quadro degli attivisti arabo-americani a irrompere così profondamente nel contesto politico.
Ha lavorato con una serie di importanti organizzazioni arabo-americane nel Michigan e a livello nazionale.
Tlaib sostituisce l’89enne John Conyers, che ha ricoperto il seggio per più di cinquant’anni prima di dimettersi a dicembre in seguito a una serie di accuse di molestie sessuali da parte di diverse donne, molestie che ha negato.
Rashida Tlaib ha combattuto la sua personale battaglia contro le molestie sessuali nel 2012, quando accusò Imad Hamad, il direttore del Michigan della Commissione anti-discriminazione americano-araba (ADC), di averla perseguitata 13 anni prima. In una lettera aperta al quartier generale dell’ADC a Washington, Tlaib si è dichiarata pubblicamente vittima di Hamad. Anche se non ha ricevuto il sostegno del consiglio direttivo, più donne si sono fatte avanti e il signor Hamad andò in pensione lo stesso anno.
Fino ad ora tutti gli arabo-americani al Congresso sono stati cristiani, il che è significativo. Tutti i musulmani americani precedenti erano afro-americani, e anche questo è significativo.
Quelli di noi che hanno seguito le vicende politiche della comunità arabo-americana hanno capito che non è stato un caso che, mentre c’erano arabi e musulmani al Congresso, non c’erano arabi-americani musulmani.
Ciò è dovuto in parte al fatto che la comunità arabo-americana era molto più fortemente cristiana e la parte cristiana della comunità è stata meglio assimilata e si è ben consolidata. Lo stesso vale per i musulmani afroamericani.
Ma in parte è anche perché nell’ambiente post 11 settembre, ce la si potrebbe più o meno cavare con l’essere un arabo o un musulmano, ma non entrambi.
Questo è il reale muro di vetro che Tlaib ha infranto. Certamente è significativo che sarà la prima donna musulmana al Congresso. Ma questa non è la svolta più grande.
Infatti, Tlaib ha corso, apertamente e orgogliosamente, su una tripletta di identità politicamente stigmatizzate ed emarginate: araba, palestinese e musulmana. Che lo abbia fatto come donna e vinto è tanto più rimarchevole.
Ovviamente non è un caso che sia stata eletta nel Michigan, sede della più grande comunità arabo-americana degli Stati Uniti e che, prendendo il posto di Conyers, rappresenterà gran parte di Detroit.
Ma è anche perversamente scontato che sia stata eletta nell’era di Donald Trump. La politica americana tende a oscillare selvaggiamente tra poli opposti. Il freddo, distaccato e cerebrale professore afroamericano di diritto Barack Obama ha lasciato il posto al furioso, nazionalista bianco, star della reality TV, Trump.
La dominazione di Trump sulla politica americana sta inavvertitamente aprendo la porta a molti progressi altrimenti impossibili, compresa la straordinaria vittoria di Tlaib. Il suo vetriolo sta dando forza ad alcune idee e identità in una reazione uguale e contraria.
E’ molto americano che, con il divieto di viaggiare in vigore che colpisce i paesi a maggioranza musulmana, una donna musulmana palestinese-americana avrà un posto nel prossimo Congresso.
Rappresenta tutto ciò a cui l’attuale presidente si oppone: è una socialista democratica a favore di un’assistenza sanitaria per tutti, una palestinese, una musulmana e la figlia di immigrati provenienti da un luogo molto diverso dalla Norvegia.
In effetti, la campagna per il Congresso di Tlaib è iniziata essenzialmente quando è stata arrestata per avere contestato Trump nel 2016. Non c’è da stupirsi che abbia vinto.
Hussein Ibish è uno specializzando anziano presso l’Arab Gulf States Institute di Washington e in precedenza ha lavorato presso la sede nazionale dell’ADC dal 1998 al 2004
Traduzione: Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org
Fonte: https://www.thenational.ae/opinion/comment/rashida-tlaib-s-real-victory-is-that-she-ran-her-campaign-as-a-muslim-palestinian-woman-and-won-1.758875