Per evitare di essere trasferiti in una discarica di Gerusalemme Est, gli abitanti del villaggio di Khan al-Ahmar dovranno convincere altre tre comunità beduine a evacuare l’area. Dopo di ciò, potranno vivere vicino a un sito di acque reflue.
Hagai El-Ad – 16 Agosto 2018
FOTO Un bambino osserva i resti delle case demolite nel villaggio palestinese di Khan al-Ahmar, il 4 luglio 2018. (Yaniv Nadav / Flash90)
Dalla metà degli anni ’70, Israele si è dato da fare per espellere i Palestinesi dalla zona della Cisgiordania che si trova a est di Gerusalemme. Sforzi speciali sono stati investiti per svuotare dai Palestinesi la “bolla Ma’ale Adumim ” – la considerevole striscia di terra che si estende verso est, dalla periferia di Gerusalemme Est, a metà strada verso la Giordania – per poi essere chiusa, come pianificato, dal muro di separazione. Questi sforzi sono espliciti, violenti e ancora in corso.
Nondimeno, la sfacciata ammissione dello stato dinanzi all’Alta Corte di Giustizia riguardo alle sue intenzioni, come risposta a una nuova petizione contro la demolizione del villaggio di Khan al-Ahmar, ha fatto sì che si toccasse il fondo.
Per giustificare il trasferimento forzato dei Palestinesi dalle loro case, lo stato ha presentato alla corte argomenti formali basati sullo “stato del diritto”, e che il contesto sia dannato. I residenti di Khan al-Ahmar sono stati accusati di “costruire illegalmente”, come se nell’area C Israele lasciasse ai Palestinesi qualsiasi possibilità di costruire legalmente.
La loro colpa è di vivere troppo vicino alla Route 1, che collega Gerusalemme al Mar Morto, ignorando convenientemente il fatto che erano lì anni prima che la strada fosse costruita, e che sarebbero disposti a spostarsi 100 metri più a nord, lontano dalla strada , per placare lo Stato. Questi e altri assurdi legalismi sono stati utilizzati per evitare di enunciare davanti alla Corte la vera motivazione di cui sopra: svuotare “la bolla Ma’ale Adumim ” dai Palestinesi.
Eppure questa sottaciuta motivazione è diventata sempre più esplicita dal momento in cui lo stato, nella sua risposta alla nuova petizione, ha improvvisamente legato il futuro di Khan al-Ahmar ai suoi vicini. Naturalmente, non stiamo parlando dei coloni che vivono nelle vicinanze, ma piuttosto di altre tre comunità palestinesi che ora sono anch’esse in attesa di espulsione. Questa volta, lo stato non si è nemmeno preoccupato di trovare una scusa, ma ha semplicemente dichiarato che il piano di espulsione ora include non solo “le 30 e più famiglie di Khan al-Ahmar, ma anche la comunità di Jahalin Abu Dahuk, comprendente circa 80 famiglie”- cioè più di 400 persone in totale.
Il raddoppio del numero di persone da espellere è stato presentato come una precondizione per offrire a Khan al-Ahmar un’area di trasferimento alternativa, questa volta vicino a un centro di trattamento delle acque reflue: “Questo piano sarà promosso in conformità con tutte le disposizioni di legge, e sarà subordinato al fatto che tutte le famiglie che si trasferiscono firmino una dichiarazione giurata nella quale s’impegnano a evacuare l’area di Khan al-Ahmar autonomamente e senza violenza “.
In altre parole: lo stato è pronto, e lo è stato per più di due mesi, a trasferire le famiglie di Khan al-Ahmar direttamente al “sito permanente” inizialmente proposto, vicino alla discarica di Abu Dis. Ha altresì sottolineato che è già “nella fase finale della preparazione per l’adempimento degli ordini di demolizione definitiva per il vilaggio di Khan al-Ahmar.” Ma poiché una nuova petizione è stata presentata, perché non provare a sfruttarla per espellere ancora più Palestinesi dalla “bolla Ma’ale Adumim? ” Non importa che non abbiano nulla a che fare con la petizione. Non importa il cinismo sconvolgente di aspettarsi che una comunità palestinese persuada centinaia di altri Palestinesi a unirsi a loro abbandonando “consensualmente” le loro case, presumibilmente per il loro bene. Non importa quanto siano esplicite le vere intenzioni dello stato: espellere ed espellere quanti più Palestinesi possibile dall’area designata.
Nel corso degli anni, e attraverso dozzine e dozzine di petizioni da parte di varie comunità palestinesi, l’Alta Corte ha reso sempre più grave la violazione della giustizia con la sua incapacità di disciplinare fin dall’inizio l’espulsione dalle loro terre di persone protette. Questo fallimento è diventato una palese vergogna il 24 maggio di quest’anno, quando i giudici hanno dato l’assenso per il trasferimento forzato – un crimine di guerra – di Khan al-Ahmar. La nuova petizione, presentata da un gruppo di avvocati palestinesi, potrebbe essere l’ultima occasione della corte per guardare in faccia la realtà, per smettere di servire la politica dello stato accettando cavilli formali e impedire così che questo crimine abbia luogo
Sul terreno, le autorità stanno sottoponendo tutte le comunità palestinesi della zona, incluse Jabal al-Baba e Abu Nuwar, a incessanti e violente pressioni, principalmente attraverso la costante minaccia di demolizioni e la negazione delle infrastrutture di base. Il fine di Israele è di rimuovere tutte queste comunità e usare il muro di separazione per annettere di fatto la “bolla Ma’ale Adumim ” – svuotata dai Palestinesi. Certo, intende anche mantenere il controllo sulle aree oltre la barriera di separazione: le enclavi in cui permetterà gentilmente alle isole isolate dei Palestinesi di continuare con ciò che rimane delle loro vite.
Quanto è ripugnante questa politica? Dal punto di vista dello stato, i residenti di Khan al-Ahmar possono “scegliere” di vivere vicino alla discarica di Abu Dis, o vicino all’impianto di trattamento delle acque reflue, che a sua volta serve, tra gli altri, l’insediamento di Kfar Adumim: lo stesso insediamento i cui residenti hanno ripetutamente chiesto all’Alta Corte di cacciare i loro vicini palestinesi. Questo è il piano di Israele: i Palestinesi che erano i vicini di Kfar Adumim diventeranno o i vicini delle fognature di quella colonia, o i vicini della spazzatura di Gerusalemme. Poco importa – purché l’area sia svuotata dalla loro presenza.
Hagai El-Ad è direttore esecutivo di B’Tselem. Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta in ebraico in Local Call.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù”
Invictapalestina.org
Fonte: https://972mag.com/between-garbage-and-sewage-israels-future-plans-for-khan-al-ahmar/137299/