Quarta parte – BDS: come un controverso movimento non violento ha trasformato il dibattito israelo-palestinese

Fare affidamento sugli Stati perché si comportassero moralmente, era una causa persa, sosteneva; occorreva metterli sotto pressione dal basso

 

Nathan Thrall – 14 agosto 2018

 

A Gaza, a gennaio, ho incontrato Haidar Eid, professore di letteratura all’Università di Al-Azhar e cofondatore del movimento BDS a Gaza. Ha circa 50 anni, è robusto, con una barba grigia e corta e capelli corti e ricci, e una passione per i maglioni a collo alto. Eid disse di non aver mai visto tanta violenza sul popolo di Gaza. Erano mesi prima che i Gazawi lanciassero la Grande Marcia di Ritorno, le proteste settimanali lungo la barriera di confine di Gaza durante le quali i cecchini israeliani hanno ucciso più di 100 manifestanti disarmati e ne hanno feriti diverse migliaia.

Come a decine di migliaia di altri impiegati pubblici, lo stipendio di Eid all’università era stato tagliato di oltre la metà e lui stava cercando un secondo lavoro. Oltre il 40% degli abitanti di Gaza, compresa la maggior parte dei giovani, sono disoccupati. Eid programma gran parte della sua vita in base alle ore in cui l’ascensore del suo appartamento al decimo piano funziona, dal momento che Gaza ha  solo da sei a otto ore di elettricità al giorno. La mancanza di energia impedisce il trattamento completo delle acque reflue, decine di milioni di litri scaricati ogni giorno, grezzi, in stagni fetidi e nel mare.

Come più dei due terzi della popolazione di Gaza, Eid e la sua famiglia sono rifugiati provenienti da un villaggio nell’attuale Israele. Si oppose all’accordo di Oslo perché ignorava i rifugiati palestinesi. “Oslo”, ha detto, “ha ridotto il popolo palestinese ai soli residenti della Cisgiordania e di Gaza”. Ma sono stati i Rifugiati a fondare il movimento nazionale palestinese e a rappresentare la maggioranza dei Palestinesi nel mondo. Ha detto: “La questione palestinese è una cosa sola: il diritto al ritorno”.

Marcia BDS a Los Angeles nel 2016. Fotografia: Robyn Beck / AFP / Getty Images

Il villaggio di Eid, Zarnuqa, è stato svuotato dai suoi abitanti palestinesi e non esiste più. In tutto Israele, la terra da cui i Rifugiati furono scacciati rimane in gran parte vuota o scarsamente popolata, cosicché ricercatori di spicco, come lo storico palestinese Salman Abu Sitta, stimano che la maggior parte di essa potrebbe tornare ai legittimi proprietari senza soppiantare gli Israeliani. Eid ha osservato che la soluzione dei due Stati significa impedire alla maggior parte dei Rifugiati di tornare, dal momento che Israele rifiuta ogni possibile minaccia demografica alla sua maggioranza ebraica. (C’è un mito diffuso da alcuni sostenitori di Israele secondo il quale i Palestinesi sarebbero le uniche persone che trasmettono lo status di rifugiati ai propri figli. Su questa base, l’amministrazione Trump e i suoi alleati al Congresso hanno cercato di tagliare l’assistenza delle Nazioni Unite a milioni di rifugiati palestinesi nati dopo la guerra del 1948. In effetti, la concessione dello status di rifugiato ai discendenti apolidi è una pratica normale in tutto il mondo. La maggior parte dei rifugiati afghani registrati, ad esempio, è di seconda e terza generazione, nati fuori dal Paese, come la maggior parte di coloro che sono ritornati in Afghanistan negli ultimi anni).

Eid ha trascorso sei anni a Johannesburg, dove ha conseguito il dottorato, e il suo inglese mantiene le tracce dell’accento sudafricano. Ha paragonato Gaza e i campi profughi palestinesi al di fuori dei confini israeliani ai Bantustan in cui i neri sudafricani erano confinati sotto l’apartheid; era sua opinione che la soluzione dei due stati non ponesse fine all’apartheid, ma piuttosto la consolidasse, creando uno stato West Bank–Gaza indebolito e discontinuo con una dubbia rivendicazione di indipendenza.

Per Eid, la soluzione dei due stati era una proposta essenzialmente razzista, perché era progettata per preservare una maggioranza etnica ebraica, con discriminazioni legalmente autorizzate contro i non Ebrei. Preferiva uno stato unico, democratico, non razziale, non religioso, un “enorme compromesso per i Palestinesi”secondo lui, perché avrebbe significato “cittadinanza e perdono per i coloni e per gli occupanti”. Eid si oppose alle insincere minacce dell’OLP di perseguire un tale risultato, che ha interpretato come un maldestro tentativo di spaventare gli Israeliani per far loro accettare la partizione etnica: “Voglio dire, l’uguaglianza non è spaventosa! Se sei contrario all’uguaglianza e alla giustizia, sei contrario ai diritti umani “.

Fare affidamento sugli Stati perché si comportassero moralmente, era una causa persa, sosteneva; occorreva metterli sotto pressione dal basso, attraverso la propria gente e con l’attivismo BDS della società civile. Ha ricordato che ci sono voluti più di trent’anni perché la comunità internazionale prestasse attenzione agli appelli per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni contro l’apartheid in Sud Africa, la cui violenta reazione alla resistenza indigena era stata il principale motore della solidarietà internazionale. Proprio come i boicottaggi contro il Sud Africa erano stati alimentati dalle uccisioni di manifestanti da parte del regime di apartheid  “la crescita del BDS è stata lastricata dal sangue di Gaza. Ogni massacro a Gaza mi convince sempre  più che l’unica speranza che abbiamo è la resistenza popolare e il BDS “.

Sebbene il BDS non abbia avuto finora, rispetto alla decennale campagna in Sud Africa, un impatto economico importante su Israele, la sua ascesa è stata alquanto vertiginosa. Investitori istituzionali come il fondo pensionistico olandese PGGM e la United Methodist Church si sono ritirati dalle banche israeliane. La Chiesa presbiteriana, la Chiesa unificata di Cristo e il più grande fondo pensionistico privato norvegese hanno disinvestito dalle società che traggono profitto dall’occupazione israeliana. Importanti aziende come Veolia, Orange, G4S e CRH hanno completamente o in parte disinvestito da Israele in seguito alle campagne di boicottaggio. Decine di gruppi studenteschi e numerose associazioni accademiche hanno sostenuto iniziative di boicottaggio e disinvestimento. Molti musicisti e artisti hanno cancellato spettacoli o promesso di boicottare il Paese.

Non meno importante, il movimento BDS ha effettivamente vinto in Palestina: considerando che Abu Mazen aveva dichiarato, nel 2013, che l’OLP sosteneva il boicottaggio degli insediamenti, ma “non appoggiamo il boicottaggio di Israele” perché “abbiamo relazioni e reciproco riconoscimento con Israele”, nel 2018 l’OLP ha adottato, almeno retoricamente, il BDS. Anche le organizzazioni internazionali sono state influenzate dal movimento BDS per passare, se pure lentamente, da condanne inefficaci a richieste di misure pratiche con molto più mordente. L’estate scorsa, Amnesty International chiese l’embargo  mondiale sui prodotti provenienti dagli insediamenti e sulle armi destinate ai gruppi armati israeliani e palestinesi. Human Rights Watch ha invitato gli investitori istituzionali nelle banche israeliane ad accertarsi che non stiano contribuendo o beneficiando degli insediamenti e di altre violazioni del diritto internazionale. E l’ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha stilato un elenco di oltre 200 compagnie – la maggioranza con sede in Israele o nei Territori Occupati, ventidue con sede negli Stati Uniti – che sono collegate alla creazione, all’espansione o al mantenimento degli insediamenti israeliani. In quello che in tredici anni dalla sua esistenza dovrebbe essere lo sviluppo più significativo della campagna BDS, l’ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite prevede di pubblicare i nomi di queste società entro la fine dell’anno.

Quasi tutti i disinvestimenti condotti dalle aziende e dagli studenti sono stati selettivi: non hanno preso di mira Israele nel suo insieme, ma solo gli insediamenti e l’occupazione. Alcuni di loro avevano poco a che fare con il movimento BDS stesso. Ma sia il governo israeliano che il movimento BDS hanno tendenzialmente oscurato questo fatto. Ciò ha aiutato il movimento BDS ad accumulare vittorie, e ha aiutato il governo israeliano a screditare prudenti iniziative burocratiche di adesione al diritto internazionale, demonizzandole e tacciandole di sforzi folli da parte dei radicali del BDS.

Associare il boicottaggio degli insediamenti all’opposizione all’esistenza di Israele fu un elemento centrale della politica del governo, riflettendo il desiderio non solo di proteggere gli insediamenti, ma di arginare l’ondata di boicottaggi selettivi che avrebbero potuto diffondersi a Israele nel suo complesso. “Stiamo dicendo che non c’è differenza tra il boicottaggio degli insediamenti e il boicottaggio di Israele”, ha detto Yossi Kuperwasser. “Se vuoi promuovere il boicottaggio di Israele, qualsiasi parte di Israele, non sei un amico di Israele. Sei in realtà un nemico di Israele. Quindi dobbiamo occuparci di te.”

Il governo ha approvato una legge che impedisce l’ingresso agli stranieri che hanno sostenuto pubblicamente il boicottaggio di Israele “o un’area sotto il suo controllo”. Il ministro degli affari strategici ha chiesto l’imposizione di pene pecuniarie alle organizzazioni israeliane, alle società e in alcuni casi alle persone che sostengono il boicottaggio di Israele o degli insediamenti. Dopo che Hagai El-Ad, il capo dell’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem, si rivolse al Consiglio di sicurezza dell’Onu e lo invitò ad agire contro l’occupazione israeliana, il presidente della coalizione di governo propose di revocare la sua cittadinanza e di creare un disegno di legge che avrebbe fatto lo stesso con qualsiasi Israeliano che avesse invitato gli organismi internazionali ad agire contro Israele.

Israele e i suoi alleati hanno perseguito la stessa strategia all’estero. Nel 2014, Netanyahu convocò i principali ministri per discutere possibili misure contro il BDS, tra cui, secondo il quotidiano israeliano Haaretz, “cause legali nei tribunali europei e nordamericani contro organizzazioni [BDS]”, “azioni legali contro istituzioni finanziarie che boicottano gli insediamenti “, e ” attivazione della lobby pro – Israele negli Stati Uniti, in particolare Aipac, al fine di promuovere una legge specifica al Congresso “. Da allora, le principali banche di tutto il mondo hanno chiuso i conti dei gruppi pro-BDS. In ventiquattro stati degli Stati Uniti, sono state approvate leggi e ordinanze che soffocano la libertà di parola scoraggiando, penalizzando o limitando il sostegno per il boicottaggio di Israele o degli insediamenti, leggi che fino ad ora sono state impugnate dall’ACLU (American Civil Liberties Union) in due Stati. Dopo l’uragano Harvey, la scorsa estate, la città di Dickinson, in Texas, richiese ai residenti che volevano ottenere un aiuto l’assicurazione che non stavano boicottando e che non avrebbero boicottato Israele, una richiesta che il direttore legale dell’ACLU in Texas, definì “una vergognosa violazione del primo emendamento, reminiscenza dei giuramenti di fedeltà alla McCarthy”. L’ACLU si oppose anche a una legge federale anti-boicottaggio sostenuta da Aipac, sostenendo che “i boicottaggi politici sono pienamente protetti dal primo emendamento”, indipendentemente dal fatto che riguardino Israele o i suoi insediamenti.

Questa deliberata elisione di Israele e degli insediamenti ha causato non poca costernazione tra i suoi sostenitori più liberali nella comunità ebraica americana. Per anni hanno cercato di proteggere Israele da sanzioni, sostenendo che solo il boicottaggio degli insediamenti è legittimo. Ora si sentivano attaccati non solo dal BDS, a sinistra, ma anche a destra, dal governo israeliano, disprezzando entrambe le parti la nozione di centro-sinistra di essere “pro – Israele e anti-occupazione”, e rifiutando entrambi la posizione che il vino prodotto negli insediamenti in Cisgiordania dovrebbe essere boicottato mentre il governo che ha creato, finanziato e mantenuto gli insediamenti, no.

La strategia di Israele è stata quella di forzare le società sottoposte a pressioni per ritirarsi o disinvestire a scegliere tra due opzioni: rimanere nel territorio controllato da Israele e ignorare la campagna di boicottaggio, o aderire alle sue richieste e affrontare potenziali cause legali e perdite molto più grandi nei mercati europei e statunitensi. Messi davanti a questa scelta, ha detto Kuperwasser, la maggior parte delle aziende sarà molto riluttante a ritirarsi da Israele o dagli insediamenti: “Ma se ciò accadrà, in tutto il mondo ci saranno leggi che danneggeranno queste aziende. Possiamo vendicarci e ottenere scelte a nostro favore. ”

Il Ministero degli affari strategici ha esternalizzato gran parte della sua attività anti-BDS in Paesi stranieri, contribuendo a stabilire e finanziare gruppi di facciata e organizzazioni partner, nel tentativo di ridurre al minimo la visibilità dell’interferenza israeliana nella politica interna dei suoi alleati in Europa e nel NOI. Kuper ha detto che i gruppi anti-BDS ora stanno “spuntando come funghi dopo la pioggia”. Lui e una serie di altri ex funzionari dell’intelligence e della sicurezza sono membri di uno di essi, Kella Shlomo, descritto come una “unità di comando del PR” che lavorerà con il Ministero degli Affari Strategici e ne sarà finanziato con decine di milioni di dollari. Nel 2016, l’ambasciata israeliana a Londra inviò un cablogramma a Gerusalemme lamentando che il ministero degli affari strategici stava mettendo in pericolo le organizzazioni ebraiche britanniche, la maggior parte delle quali erano registrate come enti di beneficenza e quindi impedite dal fare attività politica: “dirigere” organizzazioni ebraiche direttamente da Gerusalemme … potrebbe essere pericoloso ” e ” potrebbe incontrare l’opposizione delle organizzazioni stesse, dato il loro status legale; La Gran Bretagna non è gli Stati Uniti! “L’anno scorso, al-Jazeera trasmise le registrazioni di un funzionario israeliano in incognito che lavorava all’ambasciata di Londra, il quale aveva rivelato di essere stato invitato dal Ministero degli Affari Strategici a lavorare per il governo israeliano e in collegamento con gruppi filo-israeliani come Aipac.

Per i liberali israeliani, la minaccia più grave da parte del BDS è che ha innescato nel loro governo una reazione così spericolata ed eccessiva che assomiglia a una sorta di malattia autoimmune, in cui la battaglia contro il BDS danneggia anche i diritti dei cittadini e delle istituzioni democratiche. Il ministero degli affari strategici israeliano ha utilizzato i servizi d’intelligence per sorvegliare e attaccare chi delegittima Israele. Ha chiesto di stilare una lista nera delle organizzazioni e dei cittadini israeliani che sostengono la campagna di boicottaggio non violenta, ha creato una “unità di denigrazione” per offuscare la reputazione dei sostenitori del boicottaggio e ha inserito articoli a pagamento nella stampa israeliana. Gli Ebrei israeliani di sinistra sono stati convocati per interrogatori o fermati al confine da agenti dello Shin Bet, l’agenzia di sicurezza interna israeliana, che si sono presentati come agenti che lavorano contro la delegittimazione. Israele ha vietato l’ingresso di venti organizzazioni per le loro opinioni politiche, tra cui l’American Friends Service Committee, un gruppo quacchero che ha vinto il premio Nobel per la pace per aver aiutato i profughi dell’Olocausto e che ora sostiene l’autodeterminazione per gli Israeliani e i Palestinesi, nonché il BDS.

L’anno scorso, il ministro israeliano dell’intelligence, Yisrael Katz, chiese pubblicamente “assassinii mirati ” di attivisti come il co-fondatore del BDS Omar Barghouti, residente in Israele. Barghouti è stato anche minacciato dal ministro israeliano per la sicurezza pubblica e gli affari strategici: “Presto qualsiasi attivista che usi la propria influenza per delegittimare l’unico Stato ebraico al mondo saprà che pagherà un prezzo per questo … Presto sentiremo parlare del nostro amico Barghouti. ” Non molto tempo dopo, a Barghouti fu impedito di uscire dal Paese, e lo scorso anno le autorità israeliane hanno perquisito la sua casa e l’hanno arrestato per evasione fiscale.

 

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù”

Invictapalestina.org

Fonte: https://www.theguardian.com/news/2018/aug/14/bds-boycott-divestment-sanctions-movement-transformed-israeli-palestinian-debate

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