È vero che questo conflitto non è speciale per quanto gravi siano le violazioni. Ciò che è speciale è quanto l’Occidente liberale supporti e continui a supportare attivamente Israele.
- Quinta parte – BDS: come un controverso movimento non violento ha trasformato il dibattito israelo-palestinese
- Quarta parte – BDS: come un controverso movimento non violento ha trasformato il dibattito israelo-palestinese
- Terza parte – BDS: come un controverso movimento non violento ha trasformato il dibattito israelo-palestinese
- Seconda parte – BDS: come un controverso movimento non violento ha trasformato il dibattito israelo-palestinese
- Prima parte – BDS: come un controverso movimento non violento ha trasformato il dibattito israelo-palestinese
Nathan Thrall (*) – 14 agosto 2018
Forse lo strumento più potente di Israele nella campagna contro la delegittimazione è stato quello di accusare chi lo critica di antisemitismo. Ciò ha richiesto la modifica della definizione ufficiale del termine. Questo sforzo è iniziato durante gli ultimi anni della seconda intifada, nel 2003 e nel 2004, quando la chiamata pre-BDS a boicottare e disinvestire da Israele stava prendendo piede. A quel tempo, un gruppo di commissioni e di esperti, tra cui Dina Porat, una studiosa dell’Università di Tel Aviv che era stata membro della delegazione del Ministero degli Esteri israeliano alla conferenza mondiale dell’ONU del 2001 contro il razzismo a Durban, in Sud Africa, propose di creare una nuova definizione di antisemitismo che avrebbe equiparato le critiche a Israele con l’odio per gli Ebrei.
Questi esperti, lavorando con l’American Jewish Committee e altri gruppi di difesa israeliani, formularono una nuova “definizione operativa” di antisemitismo, incluso un elenco di esempi, che fu pubblicato nel 2005 (e successivamente scartato) da un organismo dell’UE per combattere il razzismo . Questa definizione operativa fu adattata nel 2016 dall’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) e fu utilizzata, approvata o raccomandata, con alcune piccole modifiche, da un certo numero di altre organizzazioni – incluso il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, che, dal 2008, definisce l’antisemitismo come una delle tre categorie di critiche a Israele, note come le “tre D”: delegittimazione di Israele, demonizzazione di Israele e doppi standard per Israele. (Più di recente, la definizione operativa dell’IHRA è stata al centro della controversia sull’antisemitismo nel partito laburista, che ha adottato una versione modificata degli esempi che accompagnano la definizione).
Secondo la definizione del dipartimento di stato, la delegittimazione include “Negare al popolo ebraico il diritto all’autodeterminazione e negare a Israele il diritto di esistere”. Quindi l’anti-sionismo – compresa l’opinione che Israele dovrebbe essere uno Stato di tutti i suoi cittadini, con uguali diritti per Ebrei e non Ebrei – è una forma di delegittimazione e quindi antisemita. Secondo questa definizione, praticamente tutti i Palestinesi (e una grande percentuale di Ebrei ultra-ortodossi in Israele, che si oppongono al sionismo per motivi religiosi) sono colpevoli di antisemitismo perché vogliono che Ebrei e Palestinesi continuino a vivere in Palestina, ma non in uno Stato ebraico. Kuperwasser, per esempio, sostiene l’accusa: “L’antisionismo e l’antisemitismo sono la stessa signora con un cappotto diverso”..
La seconda D, demonizzazione, include ” Paragonare la politica israeliana contemporanea a quella dei nazisti” – come ha fatto il vice capo dello staff dell’esercito israeliano durante il discorso in occasione del Giorno della Memoria nel 2016, paragonando “ la disgustosa tendenza in Europa e in Germania negli anni ’30 e ’40 alle tendenze visibili oggi in Israele”. L’ultima delle tre D, applicare due pesi e due misure, ritiene che scegliere di criticare Israele sia “il nuovo antisemitismo”. Eppure praticamente tutte le precedenti iniziative di disinvestimento e di boicottaggio in tutto il mondo potevano essere accusate di doppio standard, compresa la campagna contro l’apartheid in Sud Africa, i cui sostenitori, o la maggior parte di essi, ignoravano altre e più gravi violazioni che accadevano altrove, come i concomitanti genocidi in Cambogia, nel Kurdistan iracheno e a Timor Est.
Negli Stati Uniti la nuova definizione di antisemitismo è stata spesso utilizzata contro i critici di Israele, in particolare nei campus universitari. I gruppi di difesa israeliani hanno esortato diverse università ad adottare la definizione del dipartimento di Stato. Alla Northeastern University di Boston e all’Università di Toledo, nell’Ohio, gli studenti pro – Israele e i gruppi di difesa hanno tentato di ostacolare anche la discussione sul boicottaggio e il disinvestimento, sostenendo che avrebbe creato un clima antisemita nel campus. Nel 2012, la California ha approvato una risoluzione per regolamentare il dibattito all’interno dei campus; ha citato esempi di antisemitismo che includevano non solo la delegittimazione e la demonizzazione di Israele, ma anche le “campagne di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele sponsorizzate da studenti e da facoltà “.
Nel 2015, un sito web anonimo, Canary Mission, iniziò a pubblicare elenchi di studenti pro-palestinesi che sostenevano il disinvestimento, spesso accusandoli di antisemitismo; il governo israeliano ha utilizzato e ancora utilizza i profili di Canary Mission per interrogare e negare l’ingresso ai cittadini statunitensi pro-BDS. In diversi campus, gruppi filo-israeliani intimidirono studenti e docenti pro-palestinesi copiando nomi dal sito web di Canary Mission su poster che affermavano: “I seguenti studenti e docenti … si sono alleati con i terroristi palestinesi per praticare il BDS e l’odio verso gli Ebrei in questo campus.”
Kuperwasser non si scusò per gli evidenti eccessi della campagna anti-BDS in patria e all’estero. Era fiducioso che Israele stesse utilizzando l’approccio giusto e che avrebbe avuto successo, com’era accaduto in passato: “Abbiamo vinto la guerra sul campo di battaglia convenzionale. All’inizio, le nostre possibilità erano molto scarse. Abbiamo vinto la guerra al terrorismo. Ancora una volta, non è stato facile. Ricordo quando affrontammo la grande battaglia – la seconda intifada – e molti generali in tutto il mondo mi dissero: “Ascolta, Kuper, stai perdendo il tuo tempo: nessuno ha mai vinto una guerra contro il terrorismo”, citando il Vietnam e altri casi . E io dissi: “No, vinceremo anche questa guerra. Siamo sufficientemente innovativi e determinati. E a differenza di molte altre battaglie, non abbiamo una seconda opzione, un’alternativa. Dobbiamo vincere. “Lo stesso vale qui. Vinceremo. ”
***
Per gli Ebrei sionisti della diaspora, sia che il loro sostegno a Israele sia critico o incrollabile, le richieste del movimento BDS non sono una novità. La maggior parte direbbe che certamente è tragico che l’80% dei residenti palestinesi all’interno di quelli che sarebbero diventati i confini di Israele furono costretti all’esilio durante la guerra del 1948, ma la lezione dell’Olocausto è che gli Ebrei devono avere il loro Stato, punto e basta. Sostengono il diritto dei Rifugiati palestinesi a tornare nello stato di Palestina, non in Israele. Questo è uno dei motivi principali per cui sono così preoccupati dalla prospettiva che non ci sarà mai uno stato Cisgiordania – Gaza: pochi contestano che i Rifugiati abbiano il diritto di tornare in patria – questo è, dopo tutto, l’idea fondante del Sionismo – ma senza uno Stato palestinese non esiste una risposta liberale su dove I Palestinesi dovrebbero tornare
Poiché il movimento BDS si oppone a uno Stato con discriminazioni legalmente stabilite contro i non Ebrei e quindi respinge l’idea di uno SStato ebraico, molti Ebrei della diaspora considerano la minaccia che esso pone come esistenziale. Grazie in gran parte al movimento BDS, il dibattito israelo-palestinese si sta trasformando da una questione su come porre fine all’occupazione, condizione che la maggior parte degli Ebrei liberali non appoggia, a un referendum sulla legittimità di Israele, che i liberali considerano un fatto compiuto che non dovrebbero dover avere necessità di difendere.
Dietro questa opposizione di principio, ci sono anche timori più viscerali. Alcune delle principali preoccupazioni dei Sionisti liberali riguardo al movimento BDS sono il tono che considerano troppo stridente e le posizioni intransigenti. La rabbina Jill Jacobs, il capo di T’ruah, un’organizzazione rabbinica per i diritti umani che lavora sia in Israele sia negli Stati Uniti, ha detto che “è a cavallo tra i gruppi progressisti per i quali sionista è una parolaccia e i gruppi pro – Israele per i quali la parolaccia è l’occupazione “. Ha detto di essersi sentita alienata dall’ostilità del movimento BDS, che a volte le è sembrato decisamente allegro quando pubblicizzava i misfatti di Israele. “Il BDS sta innescando 2.000 anni di trauma ebraico e 70 anni di trauma post-olocausto”, ha detto. David Shulman, noto indologo, professore dell’Università Ebraica e attivista di Ta’ayush (“coesistenza”), un gruppo israeliano-palestinese di sinistra che protegge i Palestinesi dagli attacchi dei coloni israeliani, ha affermato che il suo più grande problema con il BDS è stato “il suo tono virulento” . “Capisco che è un movimento eterogeneo. Ma gran parte di esso si basa sull’odio, che è una base terribile per l’azione politica “.
Molti Sionisti liberali si allontanano non solo dalla veemenza di alcuni attivisti del BDS, ma anche dalla loro occasionale confusione tra Israele e il popolo ebraico, che sentono come antisemitismo. Simone Zimmerman, un co-fondatore del gruppo anti-occupazione ebreo americano IfNotNow, ha detto che ha trovato il governo israeliano non meno colpevole di questa accusa: “Bibi Netanyahu va in giro per il mondo dicendo: “Sono qui per rappresentare il popolo ebraico, e l’IDF sta facendo quello che sta facendo in nome di tutti gli Ebrei del mondo.” E l’American Jewish Committee e Aipac dicono che stiamo facendo quello che stiamo facendo per tenere gli Ebrei al sicuro. Trovo difficile affermare che i nostri critici dovrebbero fare meno confusione quando la facciamo noi stessi. ”
Negli Stati Uniti e in Europa, gli Ebrei liberali si sentono alienati dal movimento anti-sionista BDS così come dai sostenitori illiberali delle politiche israeliane, che deplorano. Lo scorso autunno, la Zionist Organization of America, un’organizzazione di destra, ha festeggiato Steve Bannon, l’ex consigliere di Trump la cui ex moglie, in una dichiarazione giurata, aveva citato la sua denuncia secondo la quale la scuola delle loro figlie aveva troppi Ebrei. Bannon si era proclamato un “Sionista cristiano”. Il leader di “estrema destra” Richard Spencer, un organizzatore del raduno di Unite the Right a Charlottesville, in Virginia, in cui i suprematisti bianchi avevano cantato “Gli Ebrei non ci sostituiranno”, si era definito una sorta di Sionista, in quanto ispirato dall’esempio di Israele come Stato etnico di esclusione. L’anno scorso disse a un intervistatore televisivo israeliano: “Si potrebbe dire che sono un Sionista bianco, nel senso che m’interesso della mia gente. Voglio una patria sicura per noi e per noi stessi, proprio come tu vuoi una patria sicura in Israele “.
In Europa e negli Stati Uniti, il connubio tra gli alleati d’Israele e gli ultranazionalisti è diventato un tema centrale dei messaggi della campagna BDS. In questo senso, l’era di Trump è stata positiva per il movimento. Così il governo Netanyahu, i cui attacchi al BDS sono stati tra i più grandi driver di pubblicità e reclutamento per la campagna.
Jacobs dice che all’interno degli spazi progressisti è diventato sempre più difficile essere pro – Israele e anti-occupazione. “A sinistra, il supporto per il BDS è una cartina di tornasole: o lo sostieni o non hai spazio.” Dai progressisti, i gruppi pro – Israele di centro-sinistra sono sempre più visti come Aipac-lite, sostenitori della soluzione dei due Stati di nome, mentre in pratica proteggono Israele da qualsiasi tipo di pressione che potrebbe indurlo a porre fine a un’occupazione per lui molto comoda.
Sharon Brous, un’importante rabbina progressista statunitense, mi ha detto: “Non sono favorevole al BDS, ma penso che non l’abbiamo trattato correttamente. Il boicottaggio è uno strumento che usiamo spesso nella comunità ebraica. È nonviolento “. I progressisti americani hanno sostenuto un certo numero di boicottaggi nazionali negli ultimi anni, incluso uno contro lo stato della Carolina del Nord, su una controversa legge anti-LGBT. Mouin Rabbani, un membro anziano dell’Institute for Palestine Studies che non è attivo nel movimento BDS, mi ha detto: “Tutti questi anni abbiamo sentito Israele e i suoi sostenitori chiedere: “Dov’è il Gandhi palestinese?” E poi di fronte a una campagna di boicottaggio palestinese totalmente nonviolenta, dicono che non possono sostenerla “.
Simone Zimmerman, il co-fondatore di IfNotNow, ha dichiarato: “Se per strada chiedi a un Ebreo americano qualsiasi: ” Credi che le persone nella loro società non dovrebbero discriminare in base all’appartenenza etnica, e che tutte le persone in America dovrebbero avere accesso a tutti i diritti di base?”, probabilmente direbbe di sì. E poi arriva in Israele e loro dicono: “Uguaglianza per tutte le persone? Stai cercando di cancellare Israele dalle mappe! ‘”
***
A Jaffa, un sabato pomeriggio, ho incontrato Lobi Sito, un matematico che lavora presso il Weizman Institute of Science a Rehovot ed è un membro di Boycott from Within, un gruppo di Israeliani pro-BDS, molti dei quali Ebrei. Snitz è un attivista veterano che dalla seconda intifada ha partecipato con i Palestinesi alle dimostrazioni in Cisgiordania. È stato arrestato numerose volte e ha trascorso molti anni a protestare insieme alla famiglia di Ahed Tamimi, diventata un simbolo di resistenza nonviolenta dopo il suo arresto lo scorso dicembre, all’età di 16 anni, per aver schiaffeggiato un soldato israeliano che era entrato nella sua proprietà poco dopo che l’esercito aveva sparato alla testa a distanza ravvicinata a un suo cugino quindicenne. Kobi ha detto che le proteste nel villaggio di Tamimi, Nabi Saleh, si sono ridotte nel corso degli anni, così come la resistenza nonviolenta in generale in Cisgiordania. “È incredibile quanto sia durata”, ha detto. ” A Nabi Saleh sono stati uccisi in quattro, centinaia sono rimasti feriti e circa un terzo degli abitanti del villaggio è stato detenuto o imprigionato. Per un villaggio di 500 persone opporre da solo quel tipo di resistenza per così lungo tempo è stato straordinario. Ma sì, alla fine anche la resistenza si attenua e diminuisce. L’oppressione funziona. Il terrore funziona. ”
Snitz mi ha accompagnato, in una vecchia berlina malconcia, a un pranzo a base di lenticchie sudanesi a Neve Sha’anan, il quartiere povero di Tel Aviv sud che ospita molti richiedenti asilo africani. Eravamo gli unici non-africani nel ristorante e per strada. In fondo, spiegava, il boicottaggio era una tattica pacifica di resistenza a una repressione immorale; il rifiuto di cooperare con un’evidente ingiustizia, sosteneva, era il minimo dovuto per una persona di coscienza. Mentre tornavamo a Jaffa, passando accanto alla prigione in cui Snitz era stato detenuto, ha parafrasato le parole pronunciate dal co-fondatore del BDS, Omar Barghouti. “Omar disse: “ Guarda, non voglio che l’Occidente venga e ci salvi. Non sto chiedendo che l’Occidente venga a invadere Israele. Sto solo chiedendo di smettere di sostenere la nostra oppressione. “ Snitz ha aggiunto: ” È vero che questo conflitto non è speciale per quanto gravi siano le violazioni. Ciò che è speciale è quanto l’Occidente liberale supporti e continui a supportare attivamente Israele.”
(*) Nathan Thrall è uno scrittore e analista senior del Programma per il Medio Oriente e il Nord Africa dell’International Crisis Group
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù”
Invictapalestina.org
Fonte: https://www.theguardian.com/news/2018/aug/14/bds-boycott-divestment-sanctions-movement-transformed-israeli-palestinian-debate