Sei mesi dopo l’insediamento del presidente Trump, la sua ambasciatrice di fresca nomina alle Nazioni Unite ed ex governatrice del Sud Carolina, Nikki Haley, terminò un tour in giro per Israele e la Cisgiordania occupata con un tweet di speranza, con foto di Haley e studentesse profughe dell’UNRWA. Aveva parlato con loro di “sogni e speranze”.
di Muhammad Shehada, 9 ottobre 2018
Questa mattina abbiamo visitato un campo per rifugiati dell’UNRWA e avuto l’opportunità di parlare con ragazze e donne delle loro vite, delle loro speranze e dei loro sogni.
Allora, il team di pace di Haley e Trump sembrava ai palestinesi interessante per quella parte che si era assegnata di team piuttosto serio alla ricerca di una soluzione al conflitto israelo-palestinese. Ma ogni speranza riposta da noi palestinesi in questo team è stata di durata molto breve.
Nel suo mandato di due anni, Haley ha parlato due volte all’AIPAC per dichiarare un sostegno cieco a Israele, che in pratica significa sostegno al governo guidato da Netanyahu. Ha ripetutamente promesso di difendere Israele da ogni critica, dando ulteriore forza al fanatico gabinetto di Netanyahu e lasciando senza controllo le sue pericolose ambizioni.
Nel dicembre del 2017, Haley si è levata sulla tribuna delle Nazioni Unite per difendere l’altamente controversa decisione di Trump di trasferire a Gerusalemme l’ambasciata degli Stati Uniti in Israele, riconoscendo Gerusalemme come la capitale eterna di Israele senza strappare alcun prezzo in cambio e cancellando definitivamente ogni possibilità di pace nel mandato della presidenza Trump.
Per la prima volta nella storia delle Nazioni Unite, Haley ha tentato di intimidire gli stati membri e minacciato dure conseguenze come tagliare gli aiuti e i fondi di programmi chiave se avessero votato contro lo spostamento dell’ambasciata – se avessero votato a favore, Haley prometteva ai rappresentanti inviti per il ricevimento dei festeggiamenti.
Quella non è stata l’unica volta in cui Haley ha smascherato l’egemonica struttura di potere che indebolisce la capacità delle Nazioni Unite di agire seriamente come istituzione di governance globale. Ma è stato allora che ha distrutto qualsiasi speranza fosse rimasta ai palestinesi di portare la loro lotta sulle piattaforme globali.
Alla vigilia del 15 maggio, un giorno dopo che oltre 63 palestinesi erano stati uccisi dal fuoco dell’IDF, Haley tacciò le critiche delle Nazioni Unite alle azioni di Israele come “unilaterali” e si precipitò fuori dall’aula non appena fu il turno del rappresentante palestinese di rivolgersi al consiglio.
Pochi giorni dopo, la nuova vittima a Gaza fu un’infermiera, Razan al-Najar. Quando il Consiglio di sicurezza si riunì ancora una volta sulla questione, Haley tornò a essere l’impegnato difensore di Israele, nonostante le vite innocenti perse. Pose il veto a una risoluzione che chiedeva di proteggere i manifestanti indifesi di Gaza e chiese invece un voto su una sua risoluzione che considerava i gazawi e Hamas i soli responsabili della loro morte e miseria.
I risultati furono terribilmente deludenti per Haley, che ottenne solo il proprio voto, ma nonostante tutto ha continuato a fungere da procuratore israeliano, imperterrita davanti al fallimento.
Poco dopo questa assemblea arrivò un altro annuncio di Haley, che ha passato più di un anno a cercare di tiranneggiare e intimidire l’Human Rights Council perché chiudesse un occhio sulle politiche di Netanyahu. Chi avrebbe potuto prevedere che Haley e l’amministrazione Trump sarebbero arrivati al punto di ritirarsi dall’Human Rights Council delle Nazioni Unite solo per poter proteggere Israele da ogni responsabilità?
È soprattutto Israele a soffrire di questa mossa spericolata che consente al gabinetto di estrema destra di Netanyahu di covare ambizioni di destra sempre più preoccupanti, recentemente incarnate dalla legge discriminatoria dello stato-nazione.
Eppure, Haley è sembrata più interessata a fare appello alla destra israeliana e alla comunità filo-israeliana di destra negli Stati Uniti che non alla sostenibilità di Israele e alla sopravvivenza della pace con la Palestina.
Il capo negoziatore dell’Autorità palestinese Saeb Erekat ha ripetutamente criticato Haley come “ambasciatrice d’odio” in un boicottaggio ufficiale del team di pace di Trump. Erekat ha affermato che l’unico modo perchè l’AP possa mostrare la propria disponibilità a trattare con Haley e il resto del team di Trump sarebbe se Netanyahu li nominasse squadra negoziale israeliana invece di permettere loro di proclamarsi un “imparziale mediatore”.
L’ambasciatrice Haley non è l’unico ambasciatore degli Stati Uniti presso l’ONU ad aver disperatamente lavorato per conto di Israele per raggiungere una maggiore autorità. Il defunto senatore Daniel Moynihan accumulò una fortuna politica negli anni ’70 come ambasciatore degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, schierandosi con forza con Israele contro il mondo intero a scapito dei palestinesi. Il suo discorso del 1975 fu descritto dal gruppo di lobby filo-israeliano “UNWatch” come “il più grande discorso mai tenuto all’ONU”.
L’ultima impronta dell’ambasciatrice Haley in carica è stata la mobilitazione per liquidare il sostegno all’United Nations Relief and Work Agency (UNRWA), che funziona come sistema di ventilazione meccanica dei palestinesi, a meno che quest’ultima non venga drasticamente riformata sconfessando e cancellando lo status di rifugiato di 6 milioni di profughi palestinesi.
Oggi che l’ambasciatrice Haley lascia il suo incarico, termina un incubo di due anni per i palestinesi e per coloro che sperano di raggiungere una soluzione pacifica nel conflitto israelo-palestinese. Tuttavia, con il presidente Trump ancora in carica, e il suo dichiarato favore per l’amministrazione di destra israeliana, non ci si può aspettare che il prossimo ambasciatore americano all’ONU non sia terribile se non peggio per la pace. La miseria dei palestinesi continua, senza sosta.
Muhammad Shehadaè uno scrittore e attivista della società civile della Striscia di Gaza. È stato funzionario di pubbliche relazioni presso il Monitor Euro-Med per i diritti umani a Gaza, ed è attualmente uno studente di studi di sviluppo presso la Lund University.
Traduzione: Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org
Fonte:https://forward.com/opinion/411707/nikki-haley-was-a-nightmare-for-us-palestinians/