Una serie complessa di fattori sta influenzando la posizione dei Palestinesi nei confronti della Siria.
Adnan Abu Amer – 20 ottobre 2018
Foto di copertina: Donne palestinesi con candele e con una bandiera dell’opposizione siriana durante una protesta contro il presidente Bashar al-Assad di fronte al quartier generale delle Nazioni Unite a Gaza City, 23 agosto 2013 [Suhaib Salem / Reuters]
Negli ultimi anni c’è stata una crescente tensione tra i sostenitori della causa palestinese e i sostenitori della rivoluzione e dell’opposizione siriana in Occidente. Questa tensione si è spesso trasformata in accese discussioni durante i dibattiti pubblici, sia nei media tradizionali che sui social. Mentre questi scontri retorici hanno spesso ridotto il dibattito su Siria e Palestina a una singola narrativa (sostenere la Palestina significa sostenere il regime di Assad), il modo in cui i Palestinesi vedono la situazione in Siria è molto più complesso.
Da quando nel 1946 ottenne l’indipendenza, la Siria ha sempre ricoperto un ruolo importante per i Palestinesi, sia per la sua vicinanza geografica che per il suo diretto confronto con lo Stato israeliano. I governi siriani che si sono succeduti dall’inizio dell’indipendenza all’era baathista, hanno sempre posto la questione palestinese tra le loro massime priorità.
Eppure il rapporto tra le varie forze politiche palestinesi e Damasco ha sempre avuto alti e bassi. Le rivolte arabe del 2011 hanno scosso l’intera regione e hanno inevitabilmente influito sulle relazioni tra la Siria e la Palestina. Hanno anche messo in fermento il popolo palestinese anch’esso interessato da una crescente alienazione e insoddisfazione nei confronti della loro élite politica.
È in questo contesto storico e contemporaneo che dovremmo vedere le relazioni e le posizioni del popolo palestinese e della sua leadership politica nei confronti della Siria e dei suoi vari attori politici.
La Siria e i gruppi politici palestinesi
Durante la lunga lotta contro il sionismo, le fazioni politiche palestinesi trovarono sostegno in Siria, spesso mantenendo il quartier generale sul proprio territorio. Tradizionalmente si trattava di movimenti di sinistra, nazionalisti e baathisti più vicini a Damasco, ma quando all’inizio degli anni ’90 Hamas e la Jihad islamica assunsero importanza e svilupparono strette relazioni con l’Iran, anch’essi iniziarono a ricevere il sostegno siriano. La Siria offriva ai gruppi palestinesi l’assistenza logistica, la formazione e il sostegno politico a un livello di nessun altro paese arabo.
Ma questi stretti legami tra il regime siriano e i vari gruppi politici palestinesi causarono tensioni nelle relazioni con la leadership ufficiale palestinese, specialmente durante il periodo di Yasser Arafat. La Siria si schierò contro il percorso politico da lui intrapreso e incoraggiò una serie di divisioni all’interno del suo movimento, Fatah. All’inizio degli anni ’90, una coalizione di forze palestinesi che si opponeva al processo di pace di cui Arafat faceva parte, si riunì in un gruppo e si stabilì a Damasco.
Ciò portò a una crisi nei rapporti tra le autorità palestinesi e il regime siriano che si concluse solo con la morte di Arafat e l’ascesa al potere di Mahmoud Abbas. Da allora, la Siria continuò a insistere per un riavvicinamento, temendo che l’Autorità Palestinese potesse avvicinarsi alla Giordania e all’Egitto, limitando la sua influenza sulla questione palestinese.
Le rivolte arabe del 2011 influenzarono inevitabilmente le relazioni tra la Siria ei gruppi palestinesi. I gruppi nazionalisti e di sinistra dell’élite politica palestinese mantennero il loro sostegno a Damasco – come il Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina (DFLP) e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP) – dichiarando che la rivoluzione siriana era una trama sionista. Fatah rimase in silenzio sugli eventi in Siria, anche se nel Paese ci furono numerose visite ufficiali da parte dei suoi membri.
Hamas assunse una posizione molto diversa. Dopo molte discussioni interne, scelse di lasciare la Siria come modo per dimostrare il suo rifiuto alla brutale repressione del regime siriano contro le proteste popolari. Si unì all’asse dell’opposizione siriana sostenuta dagli stati del Golfo, tagliando i suoi rapporti con il regime e facendo arrabbiare l’Iran.
Sebbene Hamas abbia mantenuto questa posizione per più di sette anni, sente crescente la pressione per modificarla; alcuni suoi membri si pentono della decisione di ritirarsi dalla Siria. Mentre l’asse USA-Israele-Arabia Saudita intensifica la sua campagna contro l’Iran, questi potrebbe cercare di riportare i gruppi armati palestinesi nel suo “asse di resistenza” con Hezbollah e altri alleati regionali. Ciò significherebbe che Hamas e Damasco dovrebbero riconciliarsi, il che potrebbe essere difficile da realizzare.
Il regime di Assad e il popolo palestinese
Fino al 2011, il popolo palestinese considerava il regime di Assad come il più impegnato nella sua causa rispetto alla maggior parte degli altri regimi arabi. I profughi palestinesi in Siria godevano di condizioni socioeconomiche molto migliori rispetto alle loro controparti in Libano ed Egitto.
Ma con lo scoppio della rivoluzione siriana, la situazione nei campi profughi palestinesi si deteriorò rapidamente. Il regime di Assad accusava i profughi palestinesi di aderire alle proteste e all’opposizione armata. Un certo numero di campi, specialmente Yarmouk, videro feroci combattimenti tra il regime e le forze di opposizione e furono quasi completamente distrutti.
Migliaia di Palestinesi furono uccisi in Siria a causa dei combattimenti o degli assedi debilitanti posti dal regime di Assad ai loro campi; più di mille furono detenuti nelle carceri di regime. Più di 100.000 rifugiati palestinesi sono sfollati in Paesi terzi, tra cui Libano, Giordania, Turchia, Egitto e un certo numero di Stati europei.
La primavera araba influenzò la posizione nei confronti del regime di Assad nella stessa Palestina. Quando i popoli arabi si ribellarono uno dopo l’altro, spinti da decenni di frustrazione verso le loro élite al potere, i Palestinesi si unirono alle proteste. Anche loro erano sempre più arrabbiati con la cattiva gestione e la corruzione dei loro leader politici.
Anche se nel 2011 in Cisgiordania e a Gaza il movimento di protesta palestinese fu di breve durata e rapidamente represso, il sostegno pubblico per le rivolte – anche per quelle siriane – rimase. Un sondaggio del settembre 2012 rilevò che quasi l’80% degli intervistati in Cisgiordania e Gaza sostenevano i manifestanti e l’opposizione siriana.
Ma nel corso degli anni, quando la rivolta siriana si trasformò in un sanguinoso conflitto settario, le posizioni iniziarono a cambiare. I rapporti su Israele che forniva sostegno ad alcuni gruppi di opposizione nel sud della Siria nonaiutarono; per quelli che già credevano che la rivoluzione fosse una cospirazione israeliana, quella era solo un’altra prova. Già nel 2016, circa il 40% degli intervistati in un sondaggio dichiarò di sostenere l’Esercito Siriano Libero, in quel momento uno dei principali gruppi moderati dell’opposizione; Il 18 per cento dichiarò di sostenere il regime di Assad.
I Palestinesi sono sempre più convinti che la loro causa in realtà non sia una delle priorità dell’opposizione siriana, o di nessuno dei movimenti e dei gruppi che hanno preso parte alle rivolte arabe. In Palestina cresce la preoccupazione che il resto del mondo arabo non abbia interesse ad alleviare le sue sofferenze e a combattere il progetto sionista.
Gli Stati arabi si sono concentrati sui loro problemi interni o si sono uniti al gruppo guidato dai Sauditi che cerca legami più stretti con Israele nel tentativo di creare un fronte unito contro l’Iran.
Per quanto riguarda il regime siriano, se e quando emergerà dall’attuale crisi, con ogni probabilità non sarà in grado di fornire ai gruppi politici palestinesi lo stesso sostegno del passato. La sua stessa sopravvivenza ora dipende in gran parte da attori esterni e il suo futuro sarà siglato in un accordo tra potenze straniere in cui è improbabile che possa dire molto.
Le opinioni espresse in questo articolo sono proprie dell’autore e non riflettono necessariamente la posizione editoriale di Al Jazeera.
Il dott. Adnan Abu Amer è a capo del Dipartimento di scienze politiche dell’Università di Umma a Gaza.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” Invictapalestina.org
Fonte: https://www.aljazeera.com/indepth/opinion/palestinians-syrian-war-181016192358526.html?fbclid=IwAR3CGL6nhbCZMYky1lCkJR4fHYB5rZ8OVf-aeVddbiEQLSGvGt88ysJeTa4