Il mio problema non è l’appropriazione culturale dell’hummus, il mio problema è che il film continua con una narrazione non vera e, purtroppo, ampiamente accettata nelle società occidentali. Una narrativa che ritrae Israele come un faro della democrazia in Medio Oriente.
Ahmed Abdelmageed – 31 ottobre 2018
I ceci lasciati a bagno durante la notte, l’aglio, il succo di limone, l’olio d’oliva e il sale mescolati e preparati nel modo giusto danno vita a un piatto delizioso conosciuto in tutto il mondo come humus. (Ai miei amici americani, si noti che la polpa di zucca non fa in alcun modo parte degli ingredienti!).
L’hummus, un piatto di base in quasi tutte le famiglie del Medio Oriente, è stato rivendicato da molte nazioni come “il loro” piatto. Le persone ti diranno, con un largo sorriso, che il “loro” delizioso piatto di humus viene preparato usando ricette tramandate da generazioni. Loro ne rivendicheranno la ricetta originale mentre ne condividono un piatto con te, ma non condivideranno mai il loro ingrediente segreto (di nuovo, mai polpa di zucca). Questa faida per lo più amichevole sulla proprietà di un alimento che in realtà non è proprietà di nessuno è diventata una scherzosa battuta nelle “guerre del cibo”.
Come ad esempio in questo video trailer di “Hummus! Il film.”
Ecco la descrizione del film pubblicata su YouTube dall’ Israel Film Festival a Singapore:
“In Hummus! Il film” ci vengono presentati tre personaggi principali: una donna musulmana che lavora sodo, un ebreo sempre sorridente e un giovane arabo cristiano. Nonostante le loro differenze storiche e culturali, queste persone hanno una cosa in comune … un amore appassionato per l’Hummus! ”
Sembra divertente e giocoso? Una boccata d’aria fresca in questo “conflitto” arabo-israeliano.
Ma questa faida attorno a un piatto,apparentemente innocua e amichevole, non è poi così innocente. Mentre alcuni possono irritarsi per l’appropriazione culturale da parte di altri di qualcosa che sentono giustamente loro, la maggior parte non coglie l’effetto insidioso di tali atti di propaganda.
Il video è calcolato e molto ben realizzato per dare l’impressione allo spettatore, con il pretesto di una faida culturale / religiosa apparentemente innocua, che Israele sia una società pluralistica e democratica. Sta dicendo:
“Guardate come ebrei, cristiani e musulmani vivono fianco a fianco e hanno una disputa divertente e amichevole sul cibo”. Intanto ogni 30 secondi passa questa immagine:
Una mappa con la parola “Israele” scritta in grassetto e su una regione che si estende ben oltre i confini dell’attuale Israele (le vere aspirazioni di Israele sono oggetto di un altro articolo).
Nel video, la menzione dei Palestinesi è incidentale e insignificante (il signore che dice di essere israeliano, ma che le sue radici sono palestinesi) e vengono in ogni caso definiti solo Arabi. L’Arabo poi è un brusio sullo sfondo, e la donna araba musulmana parla in Ebraico.
Il mio problema non è l’appropriazione culturale dell’hummus, il mio problema è che il film continua con una narrazione non vera e, purtroppo, ampiamente accettata nelle società occidentali. Una narrativa che ritrae Israele come un faro della democrazia in Medio Oriente. Nel frattempo i bulldozer israeliani stanno radendo al suolo le case palestinesi per fare spazio agli insediamenti e le forze israeliane, sostenute da un aiuto annuale di 3,9 miliardi di dollari dagli Stati Uniti, stanno sparando a manifestanti pacifici che chiedono semplicemente la libertà.
Tale hasbara (una forma di propaganda rivolta principalmente, ma non esclusivamente, a un pubblico internazionale nei paesi occidentali e che ha lo scopo di influenzare le opinioni ritraendo positivamente le mosse e le politiche israeliane, comprese le azioni intraprese da Israele nel passato. Spesso, gli sforzi di Hasbara includono un ritratto negativo degli Arabi e in particolare dei Palestinesi) non è limitata al mondo del cibo. Ultimamente Israele sta cavalcando il successo di varie attività e iniziative interreligiose per promuovere ulteriormente la sua immagine fittizia di tolleranza e convivenza.
Prendiamo ad esempio l’ultimo evento che ha fatto il giro degli Stati Uniti. Un presunto “programma multiculturale di empowerment delle donne “in cui 12 donne israeliane (notate, Israeliane) Ebree, Musulmane e Cristiane condividono il modo in cui, vivendo nella Galilea occidentale, “hanno scoperto di avere molte più cose in comune di quello che pensavano”.
Questo è un altro tentativo di distogliere l’attenzione dalla realtà delle atrocità di Israele. Un governo che sottopone milioni di Palestinesi, abitanti originari della terra, alla quotidiana umiliazione dei checkpoint militari e dei coprifuochi casuali. Lo stesso governo che spesso impedisce ai fedeli di partecipare alla preghiera settimanale del venerdì nella moschea di Al-Aqsa. Lo stesso governo che ha ucciso migliaia di persone e ne ha ferite molte di più.
Questa strumentalizzazione della fede ai fini del “whitewashing” ha lo scopo di ingannarci nel farci credere in una convivenza interreligiosa su quella stessa terra da cui il governo israeliano ha cacciato i suoi abitanti originari, quelli si che convivevano pacificamente. Un piano elaborato del quale sfortunatamente molti musulmani sono caduti preda.(L’evento che si è svolto nella mia città è stato per esempio sponsorizzato da un’organizzazione musulmana locale).
L’occupazione della mente da parte di Israele è molto più pericolosa della sua usurpazione della terra. La loro voluta confusione tra ebraismo e sionismo e il loro costante, instancabile utilizzo di una narrazione distorta non è altro che uno stratagemma per coprire e cercare di lavare tutto il sangue che per causa sua è stato versato e che continua a essere versare da 70 anni a questa parte. Israele è un governo di apartheid, colonialista, espansionista che è aiutato e incoraggiato dal costante sostegno monetario, militare e diplomatico del nostro governo degli Stati Uniti. Questa tentativo intenzionale di mascherare l’occupazione ha ulteriormente vittimizzato le sue vittime e non possiamo, non dobbiamo rimanere in silenzio di fronte a tali ingiustizie.
Questo post è stato originariamente pubblicato sul blog di Ahmed Abdelmageed il 30 ottobre 2018.
Dr. Ahmed Abdelmageed è Assistant Dean of Experiential Education and Community Engagement presso il Manchester University College of Pharmacy, Natural and Health Sciences . Abdelmageed è membro del consiglio di amministrazione dell’Indiana Centre for Middle East Peace, Muslim Alliance of Indiana e United Way of Allen County.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” Invictapalestina.org
Fonte:https://mondoweiss.net/2018/10/hummus-whitewashing-occupation/?fbclid=IwAR0AcgK93fzRUjJfWCzEN-zSFRsswXcqGkxhSXl8-dnkPW3ESRXH4D_Ajqc