Copertina – Bashar Masri con Leocadia Zak, direttrice dell’United States Trade Development Agency, dopo aver firmato un accordo a Rawabi, marzo 2010. Haytham Othman MaanImages
Archivio Invictapalestina: Ali Abunimah, settembre 2012
Il comitato nazionale palestinese per il boicottaggio disinvestimento sanzioni, il gruppo direttivo della campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) hanno rilasciato oggi la seguente dichiarazione che condanna le attività di “normalizzazione” del magnate palestinese-americano Bashar Masri accusato di promuovere “interessi personali e profitto a spese dei diritti dei palestinesi”.
Masri è noto come il costruttore di “Rawabi”, un quartiere residenziale di lusso finanziato dal Qatar, costruito in Cisgiordania su terra confiscata a tre villaggi palestinesi dall’Autorità Palestinese e consegnata alla società privata di Masri. Electronic Intifada aveva già riferito su alcune delle attività di Masri in relazione a Rawabi.
La società civile palestinese denuncia la normalizzazione di Bashar Masri con Israele come una minaccia alla lotta per i diritti dei palestinesi.
Palestina Occupata, 10 settembre 2012 – Il Comitato nazionale palestinese per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BNC), la più grande coalizione nella società civile palestinese che include partiti politici, sindacati, ONG e organizzazioni di base palestinesi e che guida il movimento globale BDS, condanna fermamente la partecipazione di un uomo d’affari palestinese, Bashar Masri, alla conferenza annuale israeliana High Tech Industry Association (HTIA) che si è tenuta tra il 10 e il 12 settembre a Haifa e Gerusalemme.
Tra gli altri relatori della conferenza figurano il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e Nir Barakat, il sindaco israeliano di Gerusalemme occupata. Masri parlerà ad un panel con un uomo d’affari israeliano in una conferenza sostenuta tra gli altri organi dello stato israeliano, dal Ministero degli Affari Esteri. La partecipazione di Masri a questa conferenza costituisce un atto di normalizzazione con Israele che aiuta a mascherare la sua occupazione, colonizzazione e apartheid in corso contro il popolo palestinese e che mina la lotta palestinese per la libertà, la giustizia e l’autodeterminazione.
Le istituzioni e gli individui alla guida di questa conferenza propagandistica, che mira a promuovere Israele nel mondo come ‘paradiso high-tech’, partecipano attivamente all’oppressione dei palestinesi e sono ostinati trasgressori del diritto internazionale. L’industria high-tech israeliana è uno dei principali partner del complesso di sicurezza militare israeliano e fa affidamento su di esso per la sua crescita e il suo successo. Le esportazioni dell’industria high-tech israeliana aiutano a sostenere il budget militare. Non sorprende quindi che la conferenza goda del pieno sostegno dell’élite al potere in Israele, con l’industria dell’alta tecnologia che rappresenta un terzo del PIL di Israele e che costituisce un pilastro fondamentale per l’egemonia di Israele nella regione.
La relazione simbiotica tra l’industria high-tech di Israele e il complesso militare è fondato in parte a spese dei palestinesi, da quando Israele usa la sua occupazione militare della Cisgiordania e della Striscia di Gaza per provare in combattimento, o testare sul campo, i suoi progressi tecnologici e farne un investimento per la promozione delle sue vendite militari internazionali. Per esempio, Amnesty International ha trovato prove di vittime che muoiono a causa di ferite atipiche riportate durante l’assalto israeliano del 2008/9 a Gaza in cui sono state usate nuove armi non specificate. Questa pratica fornisce l’esempio più crudele di come Israele trae direttamente profitto dalla vita dei palestinesi, che Israele non nasconde di considerare come un valore superfluo e di scarsa importanza. Tutto ciò ha portato BNC a chiedere un embargo militare completo su Israele, comprese le società high-tech che sono complici delle sue violazioni del diritto internazionale.
“Atto vergognoso di normalizzazione del peggior tipo”
Il sostegno di Masri a questa conferenza, nonostante la natura pubblica di questi fatti, costituisce un vergognoso atto di normalizzazione del peggior tipo che banalizza il sacrificio di quei palestinesi che quotidianamente lottano per difendere i loro diritti e la loro dignità. Questi includono i prigionieri palestinesi che rischiano la vita per lo sciopero della fame nelle carceri israeliane e i gerosolimitani che stanno affrontando una feroce e intensificata campagna israeliana di pulizia etnica portata avanti dall’apartheid della Municipalità di Gerusalemme di Nir Barakat.
A peggiorare le cose, la conferenza HTIA di quest’anno festeggerà il centenario della Technion University di Israele, un’istituzione che svolge un ruolo attivo nell’espropriazione dei palestinesi. Per citare solo un esempio tra i tanti, Technion è capofila nello sviluppo del bulldozer blindato D9 telecomandato costruito da Caterpillar usato dai militari israeliani per demolire le case palestinesi. Technion è l’obiettivo di un boicottaggio internazionale richiesto da accademici palestinesi e gruppi internazionali di solidarietà in Canada e negli Stati Uniti, tra gli altri paesi. E’ sconcertante vedere un palestinese rompere il boicottaggio, come sta deliberatamente facendo Masri, quando centinaia di accademici di tutto il mondo hanno aderito come un atto di solidarietà di principio e hanno addirittura messo in pericolo le proprie carriere per far fronte ai loro detrattori.
Azioni “in armonia” con la politica israeliana
L’impegno di Bashar Masri a questa conferenza non è in disaccordo con altri suoi rapporti con Israele nel sovvertimento della campagna BDS guidata dai palestinesi per isolare Israele, uno sforzo che ha avuto un successo senza precedenti in tutto il mondo e costituisce uno degli strumenti più efficaci per i palestinesi per ottenere responsabilità e giustizia di fronte alla crescente criminalità e impunità israeliana. Contrariamente alle affermazioni di Masri di lavorare per “costruire la Palestina” mediante i suoi rapporti d’affari, le sue azioni sono state in realtà più in armonia con la dichiarata politica israeliana di “pace economica” per la Cisgiordania, cioè l’emarginazione dei diritti fondamentali palestinesi, incluso il diritto all’autodeterminazione di tutti i palestinesi, a favore di guadagni economici per una minoranza d’élite, parte dell’approccio del bastone e della carota di Israele che premia l’obbedienza ai dettami israeliani. Il fallimento di questa politica, capeggiata da Netanyahu, si è manifestato nella povertà estrema, nella crescente malnutrizione e nella disoccupazione che hanno prevalso tra i palestinesi nel territorio palestinese occupato, in particolare nella Striscia di Gaza assediata e nella cosiddetta Area C della Cisgiordania controllata da Israele.
Bashar al-Masri è stato un attivo sostenitore e partecipante della Camera di Commercio israelo-palestinese (IPCC), un organismo istituito e controllato da Israele con sede a Tel Aviv, progettato per promuovere lo sfruttamento economico di palestinesi e risorse palestinesi sotto occupazione. Uno degli obiettivi dichiarati dell’IPCC è quello di fornire informazioni commerciali e facilitare gli affari per gli uomini d’affari israeliani nel mercato palestinese. L’organizzazione è guidata dal tenente colonnello israeliano Avi Nudelman, un funzionario militare israeliano che ha trascorso gran parte della sua carriera nell’apparato di intelligence o come comandante di alto livello per l’esercito israeliano. Masri ha partecipato al gala di apertura dell’IPCC e ha tenuto una conferenza davanti ai suoi membri [israeliani] almeno una volta sulle prospettive di investire nell’economia palestinese. Secondo lo stesso Masri, “uomini d’affari israeliani vengono da me in continuazione cercando aiuto per entrare nel mercato palestinese e nel mondo arabo”.
Rawabi
La BNC ha pubblicamente condannato questa palese normalizzazione economica, indotta in particolare dalla costruzione pianificata della città di Rawabi, a nord di Ramallah, quando si è saputo che aziende israeliane erano ‘invitate’ a fare offerte di appalto per i contratti. Più recentemente, Masri è stato citato per i caldi inviti fatti agli stessi israeliani perché “comprino appartamenti” a Rawabi. Infatti, nel 2009 c’è stata indignazione quando Bayti Real Estate, che Masri possiede in società con il gruppo Qatari Diar, aveva accettato una donazione di alberi per Rawabi dal Jewish National Fund (JNF), l’entità sionista ‘pioniera’ della pulizia etnica di palestinesi da prima della Nakba del 1948 e oggi coinvolta in uno sforzo per allontanare dal Naqab migliaia di cittadini palestinesi di Israele. Gli alberi sono rimasti sul posto per mesi dopo che Masri si era impegnato a sostituirli in risposta alla pressione dell’opinione pubblica.
Per progettare Rawabi, Masri ha voluto la partecipazione dell’architetto israeliano Moshe Safdie, che secondo quanto riferito avrebbe portato Masri a fare un tour nella città pianificata di Modi’in, uno dei suoi progetti. Parte del complesso di Modi’in è in realtà un insediamento in Cisgiordania,
Modi’in Illit, costruito illegalmente sulle terre del villaggio di Bil’in per il quale sono organizzate proteste settimanali al costo di una violenta repressione israeliana. Safdie, che è un importante architetto di un insediamento ebraico illegale nella città vecchia di Gerusalemme, è anche artefice del progetto per il Mall Mamilla nella parte orientale di Gerusalemme occupata e possiede una casa costruita su proprietà appartenenti ai palestinesi, come colono nella Città Vecchia.
Ha ingaggiato l’ex consulente di Ariel Sharon
Lo scorso anno Masri ha fatto notizia per avere avanzato un’offerta per il tormentato insediamento illegale israeliano di Nof Sion, costruito nel mezzo del quartiere palestinese di Jabal Mukabber, nella parte orientale della Gerusalemme occupata. Per entrambi questi sforzi, Rawabi e Nof Zion, Masri si è procurato i servizi della sua controparte, l’uomo d’affari Dov Weisglass, ex consulente di Ariel Sharon, diffusamente citato per la sua sintesi dell’assedio israeliano a Gaza. Weisglass ha dichiarato:
“L’idea è di mettere i palestinesi a dieta, ma non di farli morire di fame”.
Questa politica è stata poi confermata nella pratica attraverso una richiesta in cui Israele contava le calorie minime a cui ogni palestinese a Gaza aveva diritto. Che Masri si associ con qualcuno accusato di complicità in crimini di guerra contro il popolo palestinese per promuovere i suoi interessi commerciali è imperdonabile.
Più recentemente, Masri ha stretto una partnership con Maurice Levy, proprietario sionista francese della multinazionale pubblicitaria Publicis. Levy ha acquistato una partecipazione all’azienda di Masri – Zoom Advertising – e acquisito nello stesso tempo il gruppo BBR dell’agenzia pubblicitaria israeliana, unendo di fatto i due. Con questa mossa, Levy ha dichiarato la sua intenzione di costruire la pace “attraverso forti economie”.
Come è tipico nel discorso dei cosiddetti ‘sionisti liberali’, Levy non ha mai menzionato i diritti dei palestinesi o il ruolo di Israele nel negarli. Uno dei progetti di ‘pace’ di Levy include una collaborazione con il Peres Center for Peace per far sì che israeliani e palestinesi si donino sangue l’uno l’altro, presumibilmente per avvicinare entrambe le parti, un’idea particolarmente detestabile data la politica di apartheid israeliana e la portata quotidiana di uccisioni e ferimenti di palestinesi da parte di Israele.
Partecipazione alla “Presidential Conference” israeliana
Lo scorso giugno, Masri ha partecipato come relatore alla Conferenza presidenziale israeliana, un evento “ispirato alla visione del presidente dello Stato di Israele Shimon Peres”. Questa ‘visione’ potrebbe essere lo sviluppo del programma israeliano di armi nucleari per il quale Peres è accreditato o il massacro di Qana nel 1996 in cui furono uccisi 102 civili libanesi che cercavano rifugio in un edificio delle Nazioni Unite. Peres è uno dei profeti di Israele della ‘minaccia demografica’, avvertimento che mette in guardia contro la minaccia dei bebè palestinesi al carattere ebraico di Israele. Nonostante ciò, Masri è noto per mantenere aperti rapporti di cordialità non solo con numerosi uomini d’affari israeliani, ma con lo stesso Peres.
Altre iniziative di normalizzazione condotte attraverso gli auspici delle iniziative imprenditoriali multimiliardarie di Masri comprendono gli sforzi per portare gli agricoltori palestinesi ad imparare dalle ‘tecniche agricole del deserto’ degli israeliani. Con Israele che si appropria del quasi 90% dell’acqua della Cisgiordania, queste iniziative potrebbero essere viste come insegnare ai palestinesi ad adattarsi all’occupazione israeliana invece di sfidare queste misure illegali.
Aumentare gli utili a scapito dei diritti palestinesi
Questi sono solo alcuni dei rapporti di Masri con l’élite politica e imprenditoriale israeliana come mezzo per far avanzare interessi personali e profitti a scapito dei diritti palestinesi. I risultati e la continua crescita del movimento BDS guidato dai palestinesi a livello mondiale per alzare il prezzo dell’occupazione, colonizzazione e apartheid di Israele e rifocalizzarsi sui diritti completi e sanciti dall’ONU di tutti i palestinesi, inclusi quelli dei milioni di profughi a cui è negato il diritto al ritorno, hanno reso necessario un onesto impegno per i principi della causa palestinese su cui si è costruito un consenso nazionale. Il fatto che i palestinesi stiano ora scendendo in piazza per protestare contro le politiche economiche testimonia il fallito modello avanzato da Masri e promosso da Israele.
La richiesta è chiara: Bashar Masri e le sue società devono mettere fine a tutte le attività di normalizzazione con Israele e istituzioni sue complici, oltre alla nuda necessità che tutti gli affari palestinesi nel territorio occupato debbano tenerne conto. La società civile palestinese è sempre rimasta, quasi all’unanimità, dietro al boicottaggio della normalizzazione di imprese e istituzioni. Chiediamo misure per una responsabilità civile, pacifica, moralmente coerente nei confronti delle imprese di Masri, in particolare di Rawabi, e di tutte le altre imprese palestinesi che hanno dimostrato di essere coinvolte nel minare la nostra lotta per i nostri diritti inalienabili.
Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org