La Palestina e la crisi climatica.

L’urgenza della crisi climatica globale rende imperativo per qualsiasi movimento di giustizia sociale riconoscerla e affrontarla. Dopo tutto, non ci può essere giustizia sociale su di un pianeta morto.

David Klein – 4 febbraio   pubblicato su Middle East

Foto di copertina: Una  bambina palestinese si riposa mentre sta andando a prendere acqua potabile a Gaza, dove oltre il 90% dell’acqua disponibile è inquinata e inadatta al consumo umano. (Foto: Iyad El Baba / UNICEF-oPt)

I biologi riferiscono che la Terra è nel mezzo della sua sesta estinzione di massa (la precedente estinzione di massa, 65 milioni di anni fa, pose fine ai dinosauri). Il World Wildlife Fund riporta che dal 1970, solo mezzo secolo fa, il 60% della popolazione di vertebrati del mondo si è estinta. Le emissioni globali di carbonio hanno raggiunto il massimo storico nel 2018 e le concentrazioni cumulative di gas serra nell’atmosfera terrestre hanno stabilito un nuovo record e sono in aumento. Al ritmo attuale di emissioni globali, i modelli climatici prevedono dai 4°C ai 7°C di riscaldamento al di sopra delle medie globali pre-industriali entro il 2100, un periodo di tempo che comprende la vita dei giovani di oggi.

Gli aumenti di temperatura nella fascia bassa di questo intervallo porterebbero alla fine della civiltà, come hanno avvertito Noam Chomsky ed eminenti scienziati del clima. La fascia alta di questo intervallo di temperature porterebbe probabilmente all’estinzione degli esseri umani, così come di molte altre specie, a causa di mortali ondate di calore e di altri eventi meteorologici estremi, dell’innalzamento del livello dei mari di diversi metri e del collasso del sistema alimentare globale .

Secondo un recente rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), anche un aumento molto più basso della temperatura media globale di soli 2°C, così come fissato dall’Accordo sul clima di Parigi, sarebbe catastrofico causando la morte, per esempio, di quasi tutte le barriere coralline in tutti gli oceani del mondo. L’IPCC stima un massimo di 12 anni entro i quali il mondo deve ridurre le emissioni globali del 45%, traguardo che poi entro il 2050 deve essere seguito da un’ulteriore diminuzione a zero emissioni nette in tutto il mondo.

Un camion della spazzatura  scarica vicino ai bacini delle acque reflue nella parte settentrionale della Striscia di Gaza, il 19 settembre 2013. (Foto: Ashraf Amra / Immagini APA)

La vulnerabilità del clima in Palestina

In nessun luogo l’impatto sull’ambiente è più legato all’ingiustizia e all’oppressione che in Palestina. Oltre all’occupazione militare e alle pratiche di apartheid, Israele persegue il suo programma di pulizia etnica attraverso lo sversamento di rifiuti tossici, la distruzione intenzionale dei depositi d’acqua e delle fognature e l’espropriazione delle sorgenti appartenenti alle comunità palestinesi, ad uso esclusivo dei coloni ebrei. Di conseguenza, il 97 percento delle acque sotterranee a Gaza non è più bevibile. Gli attacchi di Israele non sono solo crimini ambientali, sono parte integrante della colonizzazione israeliana e della pulizia etnica della Palestina. Friends of the Earth International ha giustamente descritto ciò che sta accadendo in Palestina come una Nakba Ambientale, e non c’è dubbio che il riscaldamento globale amplificherà il disastro che sta avvenendo.

Si prevede che gli effetti del riscaldamento globale saranno più estremi in Medio Oriente che nrl  pianeta nel suo complesso. Uno studio del MIT ha rilevato che, in base alle normali emissioni di carburante fossile, in Medio Oriente le ondate di calore estremo comporteranno, entro alcuni decenni, un aumento della temperatura e dell’umidità oltre i limiti della sopravvivenza umana. Secondo uno degli autori del rapporto,”I nostri risultati espongono uno specifico hotspot regionale in cui i cambiamenti climatici, in assenza di significativi tagli di emissioni di carbonio, in futuro avranno probabilmente un impatto grave sull’abitabilità umana.”

Un altro studio incentrato sul bacino del Mediterraneo, tra cui Israele / Palestina, ha riportato che “i tassi di cambiamento climatico osservati nel bacino del Mediterraneo superano le tendenze globali per la maggior parte delle variabili”. Le minacce ambientali includono la siccità, che si verifica contemporaneamente all’aumento del fabbisogno idrico per l’irrigazione a causa di tassi di evaporazione più elevati.

Gaza, in particolare, è esposta a rischi ambientali  provenienti non solo dal cambiamento delle condizioni atmosferiche, ma anche dall’acidificazione e deossigenazione degli oceani, che minacciano l’ecologia degli  stessi e quindi mettono in pericolo un’importante fonte di cibo per gli abitanti di Gaza. Inoltre, come previsto da James Hansen, uno dei più importanti esperti di clima, e dai  suoi colleghi ricercatori,  entro 50 anni il livello del mare aumenterà di alcuni metri. Questi cambiamenti climatici avranno effetti devastanti su Israele e su molti altri Paesi, ma dal momento che Gaza è essenzialmente una prigione a cielo aperto, i cui abitanti sono confinati lungo la costa, basterebbe un’unica grande tempesta per farla sparire.

Dal punto di vista ambientale la Palestina è già appesa a un filo, con la sopravvivenza messa  in pericolo dalla penuria di acqua pulita e dagli effetti di una serie di altri crimini ambientali compiuti da Israele. Anche solo un moderato riscaldamento globale intensificherà questi problemi. Si può facilmente immaginare uno scenario in cui il cambiamento climatico potrà essere considerato come la fase definitiva nel programma di pulizia etnica di Israele, permettendo al governo israeliano di rivendicare, nel prossimo futuro, che la causa della scomparsa del popolo palestinese sia ascrivibile a” cause naturali”, una situazione già verificatasi per risolvere il “problema demografico” di Israele.

Cosa si può fare?

La strategia  sionista di mantenere la società palestinese in una condizione di mera sopravvivenza è un chiaro ostacolo alla possibilità dei Palestinesi di poter sviluppare  strumenti di adattamento ai cambiamenti climatici, all’innalzamento del livello del mare e alle relative minacce ambientali. La pressione internazionale potrebbe contribuire a mitigare ciò, ma fondamentalmente la crisi climatica è una crisi globale e quindi le soluzioni alla crisi devono essere necessariamente globali. Ciò che deve essere fatto per ridurre al minimo  i danni da cambiamenti climatici in Palestina è lo stesso di ciò che deve essere fatto per ridurli a livello globale.

La causa principale della crisi climatica, e più in generale della crisi ambientale globale, è il sistema capitalista globale. Questo perché la crescita perpetua su un pianeta finito è impossibile e, per sua stessa natura, il capitalismo richiede una crescita economica perpetua. Al fine di evitare la disoccupazione di massa e la miseria economica, il capitalismo richiede una produzione sempre crescente di materie prime, l’estrazione di risorse, dumping di rifiuti anche tossici, e in particolare la produzione di energia. Una società che non può promettere la crescita è una società che presto non sarà più operativa. Il capitalismo, con il suo imperativo di crescere o morire,  incoraggia e sostiene le crescenti emissioni di gas serra e la devastazione ambientale del mondo. Un movimento di giustizia sociale che cerca solo di ricavarsi uno spazio all’interno del capitalismo è condannato a fallire, e il non impegnarsi per un cambiamento  aiuta a distruggere il pianeta.

Le azioni individuali possono svolgere solo un ruolo molto limitato, ma c’è una scelta importante che gli individui possono fare per sostenere un pianeta vivibile: smettere di volare. Nel film apocalittico britannico, The Age of Stupid, uno dei personaggi afferma , “oltre a dare fuoco a una foresta, volare è l’unica cosa peggiore che un individuo normale possa fare per causare il cambiamento climatico”.

I viaggi aerei contribuiscono in modo sproporzionato al riscaldamento globale. Secondo lo scienziato del clima della NASA Peter Kalmus, “Ora per ora, non c’è modo migliore per riscaldare il pianeta che volare su un aereo. Se viaggi in autobus da Los Angeles a Parigi e ritorno, emetti appena  3 tonnellate di CO2 nell’atmosfera, 10 volte quello che un keniano medio emette in un anno intero … tuttavia, l’impatto climatico totale degli aerei è probabilmente due o tre volte maggiore dell’impatto delle sole emissioni di CO2 “. I viaggi aerei contribuiscono in modo sproporzionato al riscaldamento globale, non solo a causa delle emissioni di gas serra e di CO2 ma anche per gli effetti delle scie sulla composizione chimica dell’atmosfera e sulla formazione dei cirri. Gli attivisti e gli accademici dovrebbero valutare attentamente i vantaggi di utilizzare l’aereo per andare  a tenere un discorso a sostegno della giustizia sociale a fronte  del grave danno che il volo causa non solo alla Palestina, ma al mondo.

Più in generale, come primo passo è essenziale che gli attivisti statunitensi sostengano un “Green New Deal” senza compromessi verso iniziative più complete, tra cui:

1) Nazionalizzare l’industria dei combustibili fossili e le industrie che dipendono dai combustibili fossili per eliminarle gradualmente.

2) Avviare un programma di emergenza per attivare rapidamente l’energia rinnovabile, il trasporto di massa elettrificato e l’agricoltura sostenibile.

3) Istituire un programma di lavori pubblici federali, simile ai programmi post  depressione degli anni ’30 di FDR, per assumere lavoratori da industrie dipendenti da combustibili fossili per costruire una nuova economia nazionale sostenibile.

La crisi climatica è la più grande minaccia che l’umanità abbia mai affrontato. Può causare la distruzione della civiltà, le estinzioni di massa e, negli scenari peggiori, la fine della nostra e di tutte le altre specie. Il momento di agire è ora.

 

David Klein è un membro del Collettivo Organizzativo della Campagna statunitense per il Boicottaggio accademico e culturale di Israele (USACBI) ed è direttore del Climate Science Program presso la California State University Northridge. È anche membro di System Change not Climate Change ed è autore di “Capitalism and Climate Change: The Science and Politics of Global Warming”.

 

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –  Invictapalestina.org

Fonte: https://mondoweiss.net/2019/02/palestine-climate-crisis

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