La biblioteca dei semi antichi palestinesi di Beit Sahour.

La ricerca  di Vivien Sansour per riscoprire i semi tradizionali della Palestina è iniziata con le  carote rosse palestinesi.

Aziza Nofal – febbraio 2019

Foto di copertina: Facebook / Palestine Museum.Vivien Sansour, fondatrice  della Palestine Heirloom Seed Library, con alcuni dei semi da lei recuperati (giugno 2018).

RAMALLAH, Cisgiordania  – Le carote rosse ripiene erano il piatto preferito della sua infanzia, negli anni ’80, quindi quando nel 2013 tornò dagli Stati Uniti in Palestina, andò al mercato locale per comprarne alcune. “Cercai in tutto il mercato di Beit Jala, ma mi  dissero che le carote rosse non  si trovavano più da nessuna parte. Alla fine mi imbattei in un venditore ambulante di verdure, il quale  mi disse che  avrei dovuto ordinarle in anticipo in modo che lui potesse  prenderle da un altro venditore ambulante che le vendeva su richiesta “, ha detto ad Al-Monitor. “Alla fine,  tornai a casa con due solo carote, le uniche che avevano”.

Ha continuato:  “Avevo due opzioni:  o farcirle e cucinarle e gustare le mie carote preferite, un piatto di Gerusalemme molto popolare in Cisgiordania, o piantarle  per ottenere dei semi”.

Le due carote che teneva  in mano le dimostrarono, al di là delle statistiche, come alcune delle piante e dei semi della Palestina stavano scomparendo. “La loro perdita significherebbe la fine dei sapori e dei colori della mia cultura, la fine della mia stessa identità palestinese. L’agricoltura e le coltivazioni sono un tema centrale nella cultura palestinese. Così  decisi di proteggere quello  su cui potevo metter le mani”, ha detto.

Nel giro di un anno, Sansour fondò la Palestine Heirloom Seed Library che ,in collaborazione   con i contadini palestinesi,  mira a far sì che le verdure della sua infanzia raggiungano le generazioni future. La biblioteca, situata a Beit Sahour, a est di Betlemme,  vuole preservare i semi locali palestinesi che sono stati spinti sull’orlo dell’estinzione dopo che varie sementi ibride hanno  inondato i mercati palestinesi. Gli agricoltori di tutta la Cisgiordania possono entrare nella biblioteca del seme per prendere in prestito i semi e imparare, attraverso i laboratori, come farli crescere.

Nata e cresciuta nella città palestinese di Beit Jala, a ovest di Betlemme, Sansour è cresciuta giocando nei frutteti intorno a casa sua. Si è trasferì poi negli Stati Uniti per studiare antropologia, scienze politiche e teatro alla East Carolina University. Il suo lavoro come produttrice, scrittrice e fotografa l’ha portata in comunità agricole di tutto il mondo – in Honduras, in Uruguay e in Palestina. Dopo essere tornata nella sua terra, scrisse sulle vite degli agricoltori palestinesi per pubblicazioni internazionali. Cominciò anche a prendere contatto con gli agricoltori attraverso i suoi post su Facebook, quindi visitò la loro terra e acquisì alcune varietà di semi rari.

La strada di Sansour per creare una biblioteca di semi  antichi si rivelò accidentata. Non tutti intorno a lei capirono la sua ricerca, dal momento che aveva una buona e consolidata carriera come scrittrice di temi riguardanti l’agricoltura  e come  fotografa per la Canaan Palestinian Company..

Il suo piano era di dare vita a un’iniziativa collettiva con gli agricoltori che avrebbero “preso in prestito i semi” dalla biblioteca. Ricevette una donazione dalla Fondazione Qattan e attinse ai suoi risparmi. In breve tempo, agricoltori e coltivatori iniziarono a prendere in prestito dalla biblioteca semi da piantare per  produrre raccolti. Poi loro stessi donarono semi da tramandare alle generazioni future e incoraggiare la diversità locale.

Khader Shawky Khader, un contadino della città di Nisf Jubeil, a nord di Nablus, fu tra i primi a mettersi in contatto con Sansour. Da quando nel 2008  ha iniziato a lavorare in agricoltura, Khader ha fatto affidamento sull’agricoltura biologica. Con l’aiuto di Sansour, è passato ai semi antichi, come i cetrioli bianchi, che una volta crescevano in tutta la Palestina e che i contadini palestinesi avevano tramandato per molte generazioni.

Oggi, Khader ha ricavato una nicchia per i suoi prodotti biologici e tradizionali a Nablus. I suoi piani includono la vendita dei suoi prodotti in uno degli ospedali della città, prodotti da utilizzare in particolare per i pasti dei malati di cancro.

Khader ha detto ad Al-Monitor che ora coltiva molte verdure che non sapeva esistessero nel sud della West Bank. Sia lui che Sansour sono orgogliosi del fatto che i loro sforzi stiano pagando e che semi che erano ormai sull’orlo dell’estinzione siano tornati nei campi.

Sansour ha detto che questi prodotti sono più adatti dei semi importati al terreno locale. “Questi semi crescono nel nostro clima e  resistono anche a condizioni difficili, come la siccità e la mancanza di acqua”, ha spiegato Sansour.

All’estero, Sansour lavora anche alla creazione di partnership con aziende, organizzazioni e persone che desiderino proteggere le sementi locali. La sua biblioteca ha appena iniziato a collaborare con Experimental Farm Network, un gruppo americano non governativo che promuove l’innovazione nell’agricoltura sostenibile facilitando una collaborazione senza precedenti nella ricerca e nella libera condivisione delle risorse. Ha ottenuto da loro un campione di un grano antico che cresceva nella Striscia di Gaza – e ora vuole provare  a farlo crescere in Cisgiordania.

Sansour ha in programma nei prossimi mesi anche l’apertura di filiali locali della sua biblioteca. Il suo primo passo sarà il trasferimento della biblioteca da Beit Sahour a una sede permanente nella città agricola di Battir, a ovest di Beit Jala, a marzo.

 

Aziza Nofal è una giornalista di Nablus. Vive e lavora a Ramallah come reporter freelance per siti web arabi e regionali. Si è laureata nel 2000 presso il Dipartimento di Media e Giornalismo presso l’Università Nazionale Al-Najah e ha conseguito il master in studi israeliani nel 2014 presso l’Università Al-Quds. Ora lavora nel campo del giornalismo investigativo in Palestina e in collaborazione con Arab Reporters for Investigative Journalism (ARIJ), un’organizzazione con sede ad Amman, in Giordania.

 

Trad Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” – Invictapalestina.org

Fonte: https://www.al-monitor.com/pulse/originals/2019/02/palestine-rare-seeds-find-their-way-to-a-library.html?fbclid=IwAR3hwJkTCTTwTNQAaA31q4imesLrYf4yfq4puOpH5guGPvUGLqvkFfwOBG0#ixzz5fZiqjwlo

 

 

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