Anche i britannici che combattono per Israele devono essere chiamati a risponderne al loro ritorno nel Regno Unito

Copertina – Soldati israeliani lanciano gas lacrimogeni ai manifestanti palestinesi nella città di Hebron, in Cisgiordania, 16 novembre 2012 [Wisam Hashlamoun / Apaimages]

di Yvonne Ridley, 25 febbraio 2019

 

La spinosa questione dei soldati stranieri che prestano servizio nell’esercito israeliano è tornata sulle prime pagine, innescata dal dibattito sul futuro di Shamima Begum, la studentessa britannica che è scappata di casa per unirsi al gruppo terroristico Daesh in Siria. Migliaia di giovani uomini e donne di tutto il mondo, tra cui Gran Bretagna, Canada e America, si offrono volontari per combattere nelle Forze di Difesa israeliane (IDF) che sono messe regolarmente davanti ad accuse per aver commesso crimini di guerra, crimini contro l’umanità e violazioni dei diritti umani. Il trattamento dei palestinesi da parte dell’esercito israeliano è brutale, anche per un esercito di occupazione.

Una lettera scritta dal cancelliere ombra britannico, John McDonnell, nel 2014 all’allora Segretario di Stato Theresa May è appena ricomparsa. “Sono consapevole della politica del governo di detenere e perseguire quei cittadini britannici che si spostano per combattere negli attuali conflitti in Medio Oriente”, scriveva il parlamentare laburista. “Avvertirai i cittadini britannici che prendono in considerazione il reclutamento nell’IDF che, in linea con una pratica consolidata del governo britannico (ad esempio, la privazione della cittadinanza britannica di, ad oggi, almeno 40 titolari di passaporto del Regno Unito che sono stati coinvolti nella guerra civile siriana), tale reclutamento potrebbe mettere a repentaglio la loro cittadinanza britannica?”

McDonnell scriveva alla May data la gravità dell’offensiva militare israeliana contro i palestinesi a Gaza e l’apparente escalation degli attacchi israeliani. “La esorto a rispondere prontamente a queste domande in modo che ogni cittadino britannico che attualmente partecipa o pianifichi di partecipare a questi attacchi sia avvertito delle potenziali conseguenze e possa quindi essere scoraggiato dall’agire in tal modo.” Chiedeva che fosse intrapresa un’azione contro i possessori della doppia nazionalità britannica e israeliana, sottolineando che alcuni potevano addirittura essere implicati in crimini di guerra, all’apice del bombardamento aereo su Gaza in cui furono uccise centinaia di donne innocenti, uomini e i loro bambini.

Diversi anni dopo, e ora la baronessa Sayeeda Warsi, un tempo una delle donne musulmane più potenti del governo britannico, ha affermato che i cittadini britannici che fanno volontariato nell’esercito israeliano dovrebbero essere processati come tutti quelli che combattono per le forze straniere. L’ex ministro di Stato per gli Affari esteri e il Commonwealth affermava che le persone dovrebbero essere legalmente autorizzate a combattere esclusivamente per il paese in cui sono registrate come cittadini. Warsi lasciò il suo ruolo nel Foreign Office nel 2014 dopo aver definito “moralmente indifendibile” la guerra a Gaza. Da allora sembra sia stata cancellata dalla politica del Partito Conservatore.

L’attuale politica del governo britannico sulla questione è, suggerisce la baronessa Warsi, imperfetta e contiene scappatoie. “Se vai là fuori e combatti per qualsiasi gruppo,” ha spiegato, “quando sarai di ritorno verrai sottoposto a procedimento giudiziario. Se esci e combatti per [il presidente siriano Bashar] Assad, presumo che, secondo la nostra legge, vada bene. Non può essere giusto.” Ha affermato che l’unica ragione per cui permettiamo che la scappatoia esista è a causa dell’IDF. “Non siamo abbastanza coraggiosi da dire che se si detiene la cittadinanza britannica, si fa una scelta. Si combatte solo per il nostro stato”. La baronessa nata nello Yorkshire dice che questo messaggio deve uscire forte e chiaro. Ha fatto le sue osservazioni in un momento in cui i musulmani in Gran Bretagna continuano ad affrontare domande circa la loro lealtà.

“Noi non parliamo in relazione ad altre comunità”, ha aggiunto. “Accettiamo che altre comunità abbiano identità multiple. Chiudiamo con questa scappatoia. Se non si combatte per la Gran Bretagna, non si combatte.”

Mick Napier, cofondatore della Scottish Palestine Solidarity Campaign (SPSC), ha sottolineato che Amnesty International, Human Rights Watch e le Nazioni Unite ritengono tutti l’IDF colpevole dei più vergognosi crimini di guerra e crimini contro l’umanità. “Chiaramente tutti i cittadini britannici che servono in quell’esercito hanno domande a cui rispondere perché possono essere stati testimoni o essere coinvolti in crimini di guerra. Questo non va spazzato sotto il tappeto.”

In effetti, ha aggiunto, ci sono “prove ben documentate” di crimini di guerra commessi da Israele sulla popolazione palestinese e sui suoi bambini. “Coloro che sono coinvolti dovrebbero essere chiamati a risponderne in base al diritto internazionale. I soldati di Israele, a prescindere dalla nazionalità, come i personaggi fuorviati che hanno aderito a Daesh, devono essere ritenuti responsabili delle loro azioni“.

 

Yusuf Said Hussein al-Dayeh, 15 anni, deceduto per le ferite al petto che gli hanno inflitto le truppe israeliane a Gaza [Mohammed Asad / Middle East Monitor]

Le reclute dell’IDF non devono necessariamente essere nate in Israele o possedere una doppia cittadinanza. Chiunque può unirsi, grazie al cosiddetto programma “Mahal”, se soddisfa specifici requisiti di background e di età. Mentre cittadini britannici che combattono per alcune forze straniere hanno affrontato un procedimento giudiziario al loro ritorno in Gran Bretagna, a quelli che si uniscono temporaneamente alle IDF non è successo. Né i combattenti a fianco delle forze curde in Siria hanno dovuto affrontare procedimenti giudiziari, anche se la Turchia, alleata della Gran Bretagna nella NATO, considera molti gruppi di milizie curde come organizzazioni terroristiche.

L’iniziativa israeliana Mahal è per uomini sotto i 24 anni e donne sotto i 21 anni. I richiedenti non devono detenere la cittadinanza israeliana o essere addirittura ebrei praticanti. Se riescono a dimostrare di avere almeno un nonno ebreo, possono iscriversi per 18 mesi nell’IDF.

Tutta la questione della lealtà e della cittadinanza è stata molto sulle prime pagine negli ultimi giorni. Possono esserci serie implicazioni. La scorsa settimana, ad esempio, una Corte d’Appello americana ha stabilito che una causa da 1 miliardo di dollari intentata da palestinesi e americani palestinesi contro il magnate del casinò Sheldon Adelson e altri sostenitori di Israele per genocidio e altri crimini di guerra può andare avanti. La decisione unanime di un gruppo di tre giudici della Corte d’Appello del distretto giudiziario di DC ha annullato una sentenza del tribunale distrettuale che aveva archiviato il caso perché riteneva che un tribunale non potesse giudicare su questioni politiche e di politica estera.

La causa, ha riferito MEMO, sostiene una cospirazione da parte degli imputati filo-israeliani per espellere non ebrei dalla Cisgiordania e da Gerusalemme, e li ha accusati di aver commesso o favorito genocidio e altri crimini di guerra. Gli altri imputati nominati nella causa comprendono il miliardario di Oracle Larry Ellison, Bank Leumi e Bank Hapoalim, società di costruzione e supporto come Hewlett Packard e Volvo e 13 organizzazioni senza scopo di lucro. Il giudice Karen Le Craft Henderson ha detto che la corte può decidere se gli imputati nominati nella causa hanno cospirato per scacciare non ebrei dalla Cisgiordania o commesso crimini di guerra “senza toccare la questione della sovranità, se ha concluso che i coloni israeliani stanno commettendo un genocidio”.

Intanto questa settimana il governo britannico chiederà ai parlamentari di mettere fuori legge l’appartenenza o il sostegno a Hezbollah del Libano sotto qualsiasi forma; coloro che ignoreranno la nuova legge dovranno affrontare fino a 10 anni di carcere. Il piano per estendere il divieto già esistente per l’ala militare di Hezbollah a tutta l’organizzazione nel suo insieme, anche se i deputati di Hezbollah sono al governo a Beirut, sarà discusso venerdì.

Il governo britannico ha annunciato che il gruppo sarà “proscritto” da questo venerdì come organizzazione terrorista per i suoi “tentativi di destabilizzare la fragile situazione in Medio Oriente”. I ministri affermano di non poter più distinguere tra il partito politico Hezbollah e la sua ala militare già bandita.

Il ministro Sajid Javid, coinvolto nel trambusto della cittadinanza della sposa fuggitiva da Daesh, Shamima Begum, ha annunciato la mossa: “La mia priorità è proteggere il popolo britannico”, ha affermato. “Come parte di ciò, identifichiamo e bandiamo qualsiasi organizzazione terroristica che minacci la nostra sicurezza e le misure di sicurezza, qualunque siano le loro motivazioni o ideologie, ed è per questo che oggi sto prendendo provvedimenti contro diverse organizzazioni”.

Altri gruppi previsti per essere designati in Gran Bretagna come organizzazioni terroristiche includono Ansaroul Islam e JNIM, che operano nella regione del Sahel in Africa, il Fronte di Liberazione Popolare Rivoluzionario Marxista-Leninista Turco (DHKC), il Partito di Liberazione Popolare Rivoluzionario (DHKP) e il Fronte Rivoluzionario di Liberazione / Unità di Propaganda Armata (DHKC / SPB), che sono l’altro nome del Fronte di Liberazione del Popolo Rivoluzionario (Devrimci Halk Kurtulus Partisi-Cephesi) che è già stato bandito. Anche le organizzazioni che si ritengono essere altro nome di Daesh, tra cui Jaysh Khalid Bin Walid e Khalid Ibn Walid Army, saranno bandite dai britannici.

Sarà presa una posizione forte contro i cittadini britannici che si arruolano nelle Forze di Difesa Israeliane? È improbabile, date le forti inclinazioni sioniste dei ministri del governo e dei parlamentari in tutta la Camera dei Comuni. Non molto tempo fa, si ricorda, il governo britannico ha cambiato le procedure che regolano la giurisdizione universale per ospitare le visite di politici israeliani ritenuti responsabili di crimini di guerra.

Non si tratta di dire che quelli che combattono per Daesh sono gli stessi che indossano le uniformi dell’IDF. Si tratta di avere leggi e applicare la legge a tutti.

I membri dell’IDF l’hanno, letteralmente, fatta franca con l’omicidio per molti anni. Il governo britannico deve applicare gli stessi principi a tutti, in modo che i britannici che combattono per Israele siano tenuti a renderne conto al loro ritorno nel Regno Unito. Non è forse questo ciò che si intende per democrazia e stato di diritto?

 

 

Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org

Fonte:https://www.middleeastmonitor.com/20190225-britons-who-fight-for-israel-must-also-be-held-to-account-when-they-return-to-the-uk/?fbclid=IwAR3eqEfnRqyiktN9JZPg45DEn9vZpXHKB4-j-Gpa5A9FmmO8IDGMg5sSTYQ

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