Quando le Black Panthers di Israele trovarono una causa comune con i Palestinesi.

La storia delle Pantere Nere Mizrahi viene raccontata raramente, ma offre una visione affascinante delle tensioni e delle discriminazioni intra-ebraiche di Israele.

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Jaclynn Ashly  – The Electronic Intifada, 7 marzo 2019

Foto di copertina: Uno dei fondatori delle Black Panthers, Reuven Abergel, siede con un libro sulla cui pagina appare il motto: “Basta con la povertà!”

Gila  imparò a conoscere la Nakba molto prima che venisse inclusa nella sua personale storia con Israele.

“Sulla Nakba ho imparato più di quanto i liberali israeliani erano disposti a dirmi riguardo a ciò che gli Ebrei hanno fatto agli Ebrei “, ha detto la trentenne Ebrea mizrahi di origine iraniana.

Il termine Nakba,catastrofe in arabo,si riferisce a quando nel 1948 oltre 750.000 Palestinesi furono espulsi dal loro Paese a seguito della fondazione dello Stato di Israele.

Gila vive a Gerusalemme e ha chiesto di usare uno pseudonimo per proteggere la sua identità. Ha detto che ha iniziato a capire la storia dell’oppressione degli Ebrei ashkenaziti (ebrei dell’Europa centrale o orientale)  verso i Mizrahim (ebrei originari del Medio Oriente e del Nord Africa) solo dopo essere stata presentata agli ex membri di un movimento poco conosciuto, anche se molto influente: le Mizrahi Black Panthers.

La storia delle Pantere Nere Mizrahi viene raccontata raramente, ma offre una visione affascinante delle tensioni e delle discriminazioni intra-ebraiche di Israele.

Con le elezioni che si stanno avvicinando, e con molti Mizrahim  intenzionati a dare  il loro voto  a politici di destra,l’esistenza di un gruppo di giovani mizrahi illuminati e politicamente impegnati che tentarono di radicalizzare la loro comunità e sfidare l’ethos del Sionismo, sembra ora quasi inimmaginabile.

Formatisi nel 1971 nel quartiere di Musrara a Gerusalemme, i Panthers  comprendevano principalmente adolescenti e giovani mizrahi di seconda generazione che chiedevano pari diritti e la fine del razzismo diffuso e delle discriminazioni verso la loro comunità.

Per alcuni anni, il loro movimento si diffuse in tutto Israele e si sviluppò in un movimento anti-sionista  di vasta scala che si organizzò e collaborò con i Palestinesi.

“Iniziò tutto dal dolore”

“Nelle nostre scuole abbiamo imparato a conoscere solo la storia ebraica europea “, ha detto Gila a The Electronic Intifada. “Loro [le Pantere Nere] furono i primi a parlare con noi del rapimento di bambini mizrahi e di come Israele condusse esperimenti medici su di loro”.

Negli anni ’50, poco dopo la creazione di Israele, migliaia di bambini, in gran parte provenienti da famiglie yemenite ebree appena arrivate, scomparvero dagli ospedali, un mistero che non è stato ancora completamente spiegato.

Si ritiene che alcuni di loro siano morti durante esperimenti medici condotti negli ospedali israeliani senza il consenso delle famiglie. Si pensa che altri siano stati rapiti e dati in adozione alle famiglie ashkenazite.

“Non ci è mai stato permesso di aprire questo vaso di Pandora”, dice Gila. “Le informazione ci sono state tenute strategicamente nascoste.”

Ma i bambini scomparsi sono stati solo la punta dell’iceberg per una comunità che per lungo tempo ha subito in Israele discriminazioni sistematiche. Al momento della fondazione delle Pantere Nere, nel Paese  le comunità di Mizrahi avevano affrontato decenni di povertà diffusa, discriminazione e abbandono.

“Il movimento è nato da persone che stavano soffrendo. Tutto iniziò dal dolore “,  dice Reuven Abergel, un co-fondatore del gruppo, seduto con le gambe incrociate su una sedia nella sua modesta casa a Gerusalemme.

“La realtà era così difficile che non avemmo il tempo di sederci e di pianificare. Iniziammo a protestare come risposta alle difficoltà che  affrontavamo nella nostra vita di tutti i giorni “,  afferma l’attuale 76enne.

“Abbiamo riempito le celle delle prigioni”

A 28 anni, Abergel fu il fondatore più anziano del gruppo. Gli altri fondatori, Saadia Marciano, Charlie Biton e Kokhavi Shemesh, all’epoca avevano 20 anni o poco più..

La loro comunità  era vista dalla maggioranza degli Ashkenazim come “primitiva” e come un “problema etnico” per lo stato di Israele,  così come spiegato da Sami Chetrit, un poeta e studioso mizrhai che ha scritto un libro sull’esperienza mizrahi in Israele dal titolo “Conflitto intra-ebraico in Israele: ebrei bianchi, ebrei neri”.

Chetrit ha dichiarato a The Electronic Intifada che in Israele al momento della fondazione delle Black Panthers, almeno il 55% dei bambini mizrahi aveva abbandonato la scuola. L’80% delle famiglie assistite dal welfare erano Mizrahi, mentre una famiglia Ashkenazi guadagnava il 30% in più di una famiglia Mizrahi.

In quartieri come al-Musrara, che prima dell’espulsione forzata del 1948 era un quartiere palestinese benestante e in gran parte cristiano, che includeva anche Musulmani ed Ebrei – i numeri erano ancora più alti.

“I bambini  stavano per strada e a nessuno importava davvero”, ha detto Chetrit.

“Fin dal primo giorno in cui  arrivammo ​​in questo Paese, abbiamo riempito le celle delle prigioni”, dice Abergel, un Mizrahi di origine marocchina finito a Musrara. “Nel nostro quartiere, le persone vivevano nella paura dell’ordine costituito.Tenevano la testa bassa e non volevano creare problemi  per paura di essere picchiati dalla polizia, o arrestati “.

Una vecchia foto in bianco e nero mostra le giovani Pantere nella casa di Abergel a Musrara,  il quartiere  dove fu fondato il gruppo. La foto fa parte della collezione personale di Abergel. (Jaclynn Ashly)

La migrazione dei Mizrahi verso Israele  stravolse le famiglie e le comunità, ha scritto Chetrit.

“Non si ritrovarono solo in povertà;  furono anche privati ​​delle loro famiglie e della loro struttura. La struttura familiare e comunitaria, così forte nei loro Paesi di origine, crollò completamente”.

” Per molti anni le persone (Mizrahim) che provenivano da comunità molto stabili si ritrovarono  a vivere in baraccopoli. Tutto accadde davanti ai  nostri occhi, in quattro o cinque anni centinaia di migliaia di persone improvvisamente non erano più una comunità. La loro intera vita crollò”, ha scritto Chetrit.

Gli uomini, non potendo più provvedere adeguatamente alle loro famiglie, sperimentarono una disoccupazione diffusa e furono costretti a  cercare  lavoro nei cosiddetti “mercati del lavoro” in cui i Mizrahim venivano scelti e assunti come manovali, spesso per un solo giorno. I lavoratori Mizrahi chiamavano questi mercati “mercati degli schiavi”.

Le donne, che nei loro Paesi d’origine in genere non lavoravano,si adattarono  a pulire le case,  cucinare o a fare umili lavori domestici per le famiglie Ashkenazi.

A Gerusalemme, le diseguaglianze tra i quartieri Mizrahi e Ashkenazi erano ancora più nette che nel resto del Paese.

“Si poteva letteralmente camminare su per la collina, attraversare la strada, e trovare un ricco quartiere Ashkenazi, mentre loro, i giovani Mizrahi, erano costretti a vedere costruire nuove abitazioni per gli Ebrei russi che si stavano preparando a migrare negli anni ’70”, ha spiegato Chetrit a The Electronic Intifada.

“Dovevano convivere con queste disuguaglianze ogni giorno. Potevano vederle e toccarle. Per i membri delle Black Panthers questa situazione  era sconvolgente, ma fu anche motivo di incitamento. Potevano vedere che a nessuno importava davvero di loro,  che erano stati dimenticati. ”

Impedire il ritorno dei Palestinesi

I Mizrahim ei Sephardim (Ebrei originari della Spagna o della Penisola Iberica che sono spesso assimilati con i Mizrahim a causa delle loro storie condivise) costituiscono poco più della metà della popolazione ebraica israeliana.

Nei decenni successivi alla fondazione di Israele, circa 850.000 Mizrahim fuggirono o emigrarono nello Stato di recente costituzione da vari Paesi arabi e musulmani, tra cui Iran, Tunisia, Siria, Egitto, Iraq, Marocco e Yemen.

Il governo israeliano controllato dagli Ashkenazi sistemò molti di questi nuovi immigrati in quelle case palestinesi che erano rimaste libere dopo che i loro proprietari  erano stati espulsi dalle milizie sioniste durante la creazione di Israele.

” Secondo il piano del governo,  occupando le case volevano assicurarsi che nessun palestinese tornasse”, ha detto Chetrit.

Così molti Mizrahim si  trovarono ad abitare in case palestinesi a Ramla, Jaffa, Lydd e Haifa, ora città miste. E all’interno delle case confiscate  ai rifugiati palestinesi, il governo israeliano  costruì delle pareti per creare più stanze al fine di sistemare cinque o sei famiglie in una sola casa.

Il quartiere palestinese di Musrara, precedentemente ricco e dove fu fondato il movimento delle Pantere Nere, fu trasformato in uno slum di Mizrahi dopo che i residenti palestinesi ne furono espulsi.

Secondo Chetrit, nel Wadi Salib, un quartiere palestinese pre-1948 ad Haifa, i Mizrahim “vivevano ovunque, a volte sui tetti o sulle scale”.

Nel 1959 queste condizioni di vita portarono alle rivolte di Wadi Salib, quando gli Ebrei mizrahi parteciparono a diffuse proteste di piazza contro la discriminazione e si scontrarono con la polizia. Queste proteste furono considerate come precorritrici del movimento delle Pantere Nere.

Fu durante lo stesso decennio che migliaia di bambini mizrahi,in maggioranza provenienti dallo Yemen, scomparvero. Diversi comitati di inchiesta istituiti dal governo israeliano nel corso degli anni hanno sostenuto accuse di esperimenti medici e negligenze che causarono la morte di centinaia di bambini. L’entità di ciò che accadde tuttavia non è stata ancora pienamente stabilita.

Così, nel 1967, le condizioni per un malcontento diffuso erano ben radicate.

“Nulla da perdere”

Anche la guerra del 1967, quando Israele occupò la West Bank e la Striscia di Gaza (così come le alture del Golan e il deserto del Sinai), giocò un ruolo importante nella formazione delle Pantere Nere. In parte, ciò fu dovuto al boom economico successivo alla guerra, che esacerbò le disparità economiche tra Ashkenazi e Mizrahi.

La guerra “ebbe un ruolo centrale nell’accelerare il processo di delusione tra i Mizrahim, e segnò l’inizio di una crescente coscienza e cultura di classe, fino a portare a una crisi di fiducia che si manifestò soprattutto  nella crescente popolazione dei Mizrahim di seconda generazione, che nel frattempo erano stati gradualmente spinti ai margini politici “, scrive Chetrit nel suo libro “Il conflitto intra-ebraico in Israele”.

Un poster delle Black Panthers in bianco e nero degli anni ’70  che recita: “Fino a quando dieci persone dovranno vivere in una sola stanza? ” (Jaclynn Ashly)

Dopo la guerra le aree di confine,vicine cioè alla linea di armistizio del 1949 con la Giordania, dove molti Mizrahim originariamente erano stati sistemati in campi che alla fine divennero città o periferie,furono aperte. Per i Mizrahim significava che “non dividevamo la nostra vita quotidiana con i privilegiati Ebrei ashkenaziti che vivevano in bei quartieri”, dice Abergel, “ma con i Palestinesi che vivevano intorno a noi”.

La guerra del 1967  cambiò anche l’ordine sociale, ha sostenuto Chetrit. I Mizrahim furoni “spinti artificialmente più in alto sulla scala sociale, introducendo un nuovo status, quello dei Palestinesi dei territori di recente occupazione, inferiore persino a quello degli Arabi israeliani, cittadini palestinesi di Israele”.

Ma nonostante l’emergere di questo nuovo ordine sociale, molti Mizrahim continuarono a sviluppare il loro pensiero politico.

Secondo Chetrit, i giovani membri delle Pantere, che passavano la maggior parte del loro tempo in strada, furono influenzati dai membri del movimento Matzpen, un movimento rivoluzionario socialista e antisionista in Israele, fondato nel 1962 e composto principalmente da giovani ebrei ashkenaziti.

I membri di Matzpen andavano a Musrara dove i giovani attivisti ascoltavano insieme musica rock, leggevano testi rivoluzionari e fumavano hashish alla caffetteria Ta’amoun. I futuri fondatori del movimento delle Pantere, dopo aver abbandonato la scuola fin da piccoli, si sedettero ad ascoltare gli attivisti che condividevano storie su Che Guevara e sui rivoluzionari di tutto il mondo, “assorbendo tutto come delle spugne”, ha detto Chetrit.

Ma fu nelle Black Panthers e nelle lotte dei neri americani negli Stati Uniti che i giovani Mizrahim videro riflessa  la loro realtà.

Era una situazione da “nulla da perdere”, ha detto Chetrit. “C’era una povertà molto profonda, abbandoni, bambini per le strade. I padri spariti. La comunità stava collassando. Poi sentirono  tutte queste storie sui movimenti in tutto il mondo. Le Black Panthers fecero appello a loro “, ha detto.

L’Operazione latte

La loro prima dimostrazione fu pianificata nel marzo del 1971 e provocò un’ondata di arresti preventivi, con la detenzione di 17 attivisti dopo aver loro negato il permesso d’inscenare  le proteste. Una controprotesta, guidata da Abergel che non era stato arrestato e dalle famiglie degli arrestati, riuscì tuttavia a farli rilasciare.

“Era la prima volta  da quando avevo lasciato il Marocco che ci sentivamo trionfanti”,  dice Abergel a The Electronic Intifada.

I Panthers organizzarono quindi uno sciopero della fame al Muro del Pianto che ad aprile portò ad un incontro tra i membri delle Panthers, tra cui Abergel, con l’allora primo ministro israeliano Golda Meir, che dopo l’incontro definì i giovani attivisti “persone non belle”.

Il movimento e i suoi obiettivi si diffusero rapidamente nei quartieri dei Mizrahi in Israele, con numerosi gruppi istituiti in tutto il Paese. A Gerusalemme  le proteste continuarono, attirando migliaia di persone e a volte innescando violenti scontri con la polizia.

Nel giugno del 1971, il gruppo pubblicò il primo numero della sua rivista “Dvar HaPanterim HaSh’horim” (Words of the Black Panthers).

“La nostra organizzazione si è formata in uno scenario di amarezza,  accumulata da quando i primi coloni europei sono arrivati ​​nel Paese”, affermava un editoriale. “La nostra organizzazione è la prima manifestazione della resistenza degli Ebrei del Medio Oriente.”

La prima volta che le Pantere presero una chiara posizione contro il Sionismo, notò Chetrit, fu nel 1972,  quando protestarono per il Congresso sionista mondiale a Gerusalemme. Il movimento sionista era stato la causa delle loro condizioni socioeconomiche in Israele,  dissero le Pantere in vista delle proteste che  videro nuovi scontri con la polizia e diversi arresti preventivi  a danno dei leader del movimento.

In un volantino distribuito ai manifestanti gli organizzatori dichiaravano: “Se sei attaccato dalla polizia, usa tutti i mezzi a tua disposizione!” Altri  interruppero la riunione del Congresso sionista mondiale effettuando telefonate anonime e sostenendo che nell’edificio c’era una bomba.

A marzo di quell’anno, le Pantere realizzarono un’azione chiamata “Operazione latte” in cui gli attivisti, guidati da Charlie Biton,  presero le bottiglie di latte dalle soglie delle case nel ricco quartiere di Rehavia e le  distribuirono alle famiglie mizrahi povere.

Attaccate alle bottiglie c’erano volantini che recitavano: “Operazione Latte per i bambini dei quartieri poveri. Questi bambini non trovano ogni mattina, vicino alla porta, il latte di cui hanno bisogno. Invece i cani e i gatti dei quartieri ricchi ogni giorno hanno latte in abbondanza. ”

I membri rubarono  anche olio dai magazzini e lo distribuirono alle famiglie mizrahi povere.

“Sostenersi l’un l’altro”

Secondo Chetrit, per tutto il periodo in cui  la loro attività durò, ciò che nei leader israeliani suscitava la paura più grande era la connessione con i Palestinesi. Questo fu uno dei motivi principali per cui il movimento  venne preso di mira dalle autorità israeliane e infine eliminato.

Secondo Chetrit, David Ben-Gurion, il primo primo ministro israeliano, si  preoccupò dei possibili legami che si sarebbero potuti formare tra i Mizrahim e i Palestinesi, molti dei quali fin dai primi anni della creazione dello  Stato vivevano negli stessi quartieri.

Ben Gurion arrivò al punto di scrivere lettere agli insegnanti israeliani avvertendoli dei “giovani Mizrahi” e incoraggiandoli a “dividerli (dai Palestinesi), e a ricordare loro la loro ebraicità e che questa era ciò che li rendeva diversi “ha detto Chetrit.

Un poster dalle Black Panthers in bianco e nero dei primi anni ’70 con una caricatura del primo ministro israeliano Golda Meir. La didascalia dice: “Golda, Golda / Vola via / Ne abbiamo abbastanza di te”.(Jaclynn Ashly)

Le Pantere vedevano la loro lotta strettamente legata a quella dei Palestinesi. “Non era come se stessimo combattendo per i diritti dei Palestinesi, non nel modo in cui la sinistra (israeliana) privilegiata fa ora”, dice Abergel a The Electronic Intifada. “Ma avevamo capito che quando combattevamo per i diritti dei Palestinesi, stavamo lottando anche per i nostri diritti”.

Sin dal 1972 le Pantere svilupparono  relazioni con l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e la riconobbe  come “ leader legittimo del popolo palestinese”.

“Avemmo degli incontri e capimmo il loro bisogno di indipendenza e di libertà dall’occupazione e convenimmo che i problemi dei Mizrahim e degli Arabi si intrecciavano”, disse Kokhavi Shemesh, uno dei fondatori del movimento, così come riportato da Chetrit nel suo libro.

“Non ci sarà eguaglianza e nessuna possibilità per i Mizrahim finché ci sarà l’occupazione e una lotta nazionale, e d’altra parte, la lotta nazionale non sarà finita fintanto che i Mizrahim resteranno in fondo alla scala sociale, usati come una leva anti-araba “, aggiunse.

Secondo Chetrit, Charlie Biton e Kokhavi Shemesh furono i primi Israeliani in assoluto ad incontrare Yasser Arafat, allora a capo dell’OLP, e le Panthers svilupparono relazioni con vari membri del movimento Fatah nella Cisgiordania occupata.

“Se la polizia li perseguitava, correvano da loro e si nascondevano nelle case palestinesi”, ha detto Chetrit a The Electronic Intifada. “Si stavano davvero sostenendo a vicenda. Questo è stato un movimento molto radicale. ”

“Meno Arabo sei, più sei Israeliano “

Se la guerra del 1967 li aveva creati , la guerra del 1973  ” mise  fine ai Panthers così come li conoscevamo”, ha detto Chetrit. “A Gerusalemme non c’erano più manifestazioni di massa. Non c’erano più dimostrazioni di solidarietà. Era la fine  del periodo radicale. ”

Secondo Abergel, le autorità israeliane inondarono il movimento di informatori e persino gli amici dei membri delle Panthers  furono presi di mira  ed arrestati.

“La gente aveva paura di uscire con noi o di parlare con noi perché potevano essere arrestati dalla polizia”, ​​ dice  Abergel. “Loro (le autorità israeliane) lavoravano per isolarci dal resto della nostra comunità”.

Nonostante la repressione e la loro ostracizzazione, dopo l’incontro dei Panthers con Golda Meir fu istituito un comitato governativo per indagare sulla povertà. Di conseguenza, il bilancio statale israeliano del 1972 , soprannominato dal parlamento israeliano il “budget delle pantere nere” , fu triplicato in tutte le aree che riguardano l’istruzione, il welfare e l’assistenza sanitaria.

Le Pantere si dispersero. Alcune si unirono ai partiti di sinistra nel parlamento israeliano. Charlie Biton si unì ad Hadash, un partito comunista a guida palestinese in Israele. Abergel, nel frattempo, continua il suo lavoro nel campo della giustizia sociale,  organizzando tour in giro per Gerusalemme per spiegare le realtà storiche dei Mizrahim e dei Palestinesi.

Nonostante gli sforzi dei Panthers, i Mizrahim non si sono radicalizzati. Abergel  dice che alla fine Israele ha avuto successo nell’usare i Palestinesi come uno strumento per costringere i Mizrahim a identificarsi con le loro identità ebraiche  più che arabe.

“Loro (Israele)  hanno semplicemente zittito la lotta dei Mizrahi perché i Palestinesi  sono stati dipinti come una minaccia più grande, manipolando  i Mizrahi  così da farli unire agli Ashkenazim”, ha detto.

“Ecco perché i Sionisti non cambieranno mai le loro politiche e e non cesseranno mai le loro operazioni  contro il popolo palestinese, perché sanno che se mai si calmassero sulla questione palestinese, sarebbe allora che sorgerebbero  problemi interni (israeliani)”.

Certamente, persistono disparità educative tra le comunità Mizrahi e Ashkenazi. Nel 2015, poco meno del 29 percento degli immigrati mizrahi di seconda generazione aveva una laurea o  frequentava l’università, rispetto a circa il 50 percento di Ashkenazim. Il divario salariale tra i Mizrahi e gli operai ashkenaziti in Israele rimane anch’esso consistente.

C’è una formula chiara in Israele, Chetrit ha aggiunto: “Meno arabo sei, più sei Israeliano “.

“Quindi ogni mattina devi cancellare quell’immagine dallo specchio. E inizi a odiare te stesso. Le donne iniziano a tingersi  i capelli di biondo per  cancellare qualsiasi segno che le possa far ricondurre alle supposte caratteristiche arabe. Indossano un ciondolo con la Stella di David al collo e quando incontrano  un Arabo, lo insultano. Dopodichè ci si può davvero sentire Ebrei. ”

Tuttavia, Chetrit dice che Israele non ha avuto successo. C’è infatti una nuova ondata di giovani Mizrahim, che stanno tornando alla lingua araba e alla loro identità araba come poeti, artisti, registi, musicisti e persino accademici.

Gila ha detto che non avrebbe avuto la stessa identità o conoscenza che ha se non fosse stato per le Black Panthers.

“Per noi Mizrahim di sinistra, i Panthers sono stati quelli che hanno pagato il prezzo più alto”, ha detto. “Ci hanno dato la voce,  le parole e le infrastrutture. Ci hanno dato tutto ciò che facciamo e di cui scriviamo oggi. Per noi sono degli eroi. ”

 

Jaclynn Ashly è una giornalista con sede in Cisgiordania.

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org

Fonte: https://electronicintifada.net/content/when-israels-black-panthers-found-common-cause-palestinians/26821?fbclid=IwAR2PuLOBlS9DCwAtZTPEe1bJqLD3LG16NQ-kM3WmksykU_wf4nAXy-7Z9Pc

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