I miei figli e io dovremmo poter coltivare la nostra terra come faceva mio padre. Invece, su quella terra i coloni israeliani gestiscono un bed and breakfast.
Ziad Alwan – 27 Marzo 2019
Foto di copertina: coloni israeliani nell’insediamento di Ofra, a est della città palestinese di Ramallah, nel 2006. Baz Ratner / AP
A dicembre, un gruppo di coloni israeliani ha citato Airbnb in un tribunale degli Stati Uniti denunciando una discriminazione ai sensi del Fair Housing Act, perché la società ha deciso di non elencare più le proprietà situate negli insediamenti edificati in Cisgiordania sulla terra palestinese occupata. Una di queste proprietà è su un terreno che appartiene a mio padre e che è ancora registrato a suo nome, ma a cui io e la mia famiglia non possiamo accedere.
È una terra che i miei figli e io dovremmo poter godere e coltivare come faceva mio padre. Invece, degli estranei vi gestiscono un bed and breakfast. Che questi coloni affermino che sono loro a subire una discriminazione – quando vivono in una terra rubata alla mia famiglia – è il culmine dell’ipocrisia. Ecco perché questa settimana, insieme a molti altri Palestinesi, li abbiamo a nostra volta citati in giudizio.
Quando Airbnb alla fine dello scorso anno annunciò che non avrebbe più pubblicato le proprietà situate negli insediamenti israeliani in Cisgiordania, la decisione fu accolta con soddisfazione dai Palestinesi e dalle organizzazioni per i diritti umani, che per anni avevano invitato aziende come Airbnb a smettere di operare negli insediamenti, denunciando la violazione del diritto internazionale e l’imposizione di tremende sofferenze ai Palestinesi.
Com’era prevedibile, il governo israeliano e i suoi sostenitori risposero attaccando Airbnb, incluso attraverso questa oltraggiosa causa intentata avvalendosi del Fair Housing Act ( una legge sui diritti civili intesa a combattere la discriminazione negli alloggi), per la decisione di Airbnb di non elencare più un bed and breakfast in un insediamento ebraico costruito su un terreno che è stato rubato a mio padre. Questo mese, gli avvocati del Centro per i Diritti Costituzionali che rappresentano me e altri Palestinesi, inclusi due villaggi, hanno presentato una mozione per intervenire nella causa dei coloni. Stiamo discutendo con la Corte per dimostrare che l’esito di questo contenzioso riguarda anche noi, perché è la nostra terra che i coloni stanno occupando. Stiamo anche citando in giudizio i coloni per la loro responsabilità in crimini di guerra.
Vengo da una famiglia di agricoltori. Per innumerevoli generazioni, i miei antenati hanno coltivato olive e grano a Ein Yabrud, riuscendo a provvedere alle loro famiglie con la generosità dei raccolti. Poco dopo la guerra del 1967, quando l’esercito israeliano prese il controllo della Cisgiordania, Ein Yabrud fu occupato da coloni ebrei, molti dei quali estremisti religiosi messianici, che nel 1975 fondarono l’insediamento di Ofra su un terreno appartenente al nostro villaggio. Io era ancora giovane, ma ricordo quando accadde.
Ofra ha devastato la mia famiglia e la mia comunità. Molti Palestinesi del mio villaggio sono stati costretti a smettere di coltivare le loro terre perché l’esercito israeliano li ha dichiarati in una “zona militare chiusa”. Abbiamo un altro pezzo di terra a tre miglia da Ofra, ma negli ultimi 20 anni siamo stati in grado di accedervi per raccogliere le nostre olive solo quattro o cinque giorni all’anno, con un permesso dell’esercito. Non potendo prenderci cura degli alberi, produciamo meno olio.
Il bed and breakfast del colono è su una delle tante terre di mio padre che furono sequestrate dai coloni di Ofra. Mio padre non ha mai smesso di sperare che un giorno potesse riprendersi la sua terra. Ed è la sua eredità che sto reclamando andando in tribunale. Come vive un contadino senza la sua terra?
Oggi, Ofra è uno dei più antichi insediamenti in Cisgiordania, costruito per lo più su proprietà private palestinesi, come quella di mio padre. I coloni di Ofra sono spesso violenti, soprattutto nei confronti dei contadini, per dissuaderli dal continuare a curare i loro raccolti. A volte i coloni vengono a rompere i finestrini e i parabrezza delle auto nel nostro villaggio. A volte sparano nell’aria per spaventarci e allontanarci dalle nostre terre. Lo fanno mentre i soldati israeliani stanno a guardare e li proteggono.
Come molti Palestinesi prima di noi, senza le nostre terre io e molti dei miei fratelli abbiamo preso la difficile decisione di lasciare la nostra casa per trovare una vita migliore per le nostre famiglie negli Stati Uniti. Oggi lavoro come autista di camion e trascorro lunghe ore sulla strada per provvedere a mia moglie e ai miei cinque figli, due dei quali al college.
Quando ho giurato come cittadino statunitense, il giudice mi disse di non dimenticare mai da dove veniamo. Insegno ai miei figli che siamo Americani orgogliosi , ma siamo anche Palestinesi orgogliosi. Due dei miei figli sono nati a Ein Yabrud, dove mia madre vive ancora insieme al mio fratello più giovane e alla sua famiglia, e tutti i miei figli hanno visitato il villaggio. Ho raccontato ai miei figli della nostra terra e della sua storia. Torniamo il più spesso possibile, come una famiglia. Per me è importante che vedano le condizioni in cui i Palestinesi devono sopravvivere sotto il dominio militare di Israele. Voglio che vedano i soldati ai posti di blocco, gli insediamenti che deturpano il paesaggio e tutte le altre realtà dell’occupazione israeliana.
Sono ancora incredulo nel vedere le immagini delle terre di mio padre pubblicate su Internet in un elenco di lussuosi bed and breakfast gestiti da coloni. A prescindere dai tentativi di Israele di cancellarci e di sostituirci con Ebrei israeliani, noi rifiutiamo di rinunciare ai nostri diritti o alla nostra terra. Questo è il motivo per cui stiamo intraprendendo un’azione legale contro questi coloni e in supporto alla decisione di principio di Airbnb di rimuovere le proprietà negli insediamenti in Cisgiordania.
Invitiamo inoltre Airbnb a portare avanti il suo impegno di rispettare la legge internazionale sui diritti umani e chiediamo alle altre società che traggono profitto dal furto di Israele della nostra terra e da altri abusi dei nostri diritti di seguire il suo esempio. Come Palestinese, so che non posso ottenere giustizia in Israele. Ma credo che ci sia giustizia negli Stati Uniti, e spero che il giudice affermerà questa mia convinzione.
Ziad Alwan è un palestinese-americano che vive a Chicago e proviene da Ein Yabrud, in Palestina. È uno di coloro che hanno intentato causa legale nel caso Silber v. Airbnb.
Trad Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” – Invictapalestina.org